Un soggiorno a Cipro è un’immersione nel passato più profondo. Spesso il viaggio si propone come attenzione a quanto ci ha preceduto; raramente si colgono i segni del presente e il visitatore è catturato più dall’ammirazione per quanto è stato che per quanto è. Cipro, fin dal suo nome, evoca un trascorso millenario. Siamo infatti sull’isola del rame, il “cuprum” latino, l’isola dei cipressi, l’isola di quel belletto, la cipria, pensato per aristocratici, rinascimentali visi femminili. Qui si evoca immediatamente una storia così ricca e lussureggiante da mettere in ombra un’attualità talvolta tutt’altro che entusiasmante ma che si impone anche con l’arroganza di costruzioni moderne di pessimo gusto o con la brutalità del filo spinato che divide in due la sua capitale: una Nicosia con check point degni della Berlino della guerra fredda. Ma Cipro sorprende.
Sede di una civiltà fiorente già nel IV millennio a.C. i cui manufatti sono visibili nei suoi numerosi musei (di grande interesse quelli di Nicosia e di Episkopi), ha visto susseguirsi lo stratificarsi di culture e poteri politici che ne fanno un “unicum” nel Mediterraneo. Risulterebbe noioso elencare i tanti posti e le tante particolarità dei luoghi visitabili. Ma si immagini di poter passare da affascinanti,
Cipro è anche tutto ciò. Ma questo dice solo in minima parte la ricchezza dell’isola. E’ ancora solo un elenco. Un elenco che non può tener conto di tanti, interessanti, sorprendenti particolari. Esiste, ad esempio, un’arte italocipriota, fiorita durante il Rinascimento. Così, nelle chiese ortodosse, è sbalorditivo vedere amalgamati stilemi
Cipro è come una sinossi della storia del “grande mare” e forse non è un caso che il folle geloso shakespeariano, il Moro di Venezia, Otello sia governatore dell’isola; ma la storia raramente è tenera con gli uomini: le civiltà che si sono susseguite hanno significato anche dolore, sfruttamento, violenza. E proprio mentre ci si faceva notare la bellezza della contaminazione artistica tra Bisanzio e l’Occidente, venivamo avvertiti anche che proprio la dominazione veneziana rappresentò uno dei momenti più duri per i ciprioti. Ma come dimenticare, d’altro canto, l’assedio di Famagosta e l’orrenda tortura del governatore veneziano, Marc’Antonio Bragadin, legato a un palo e spellato vivo dai turchi? La caduta dell’isola segnò l’inizio del contrattacco cristiano che porterà alla battaglia di Lepanto e le galee veneziane si getteranno contro i turchi al grido di “ricordatevi di Famagosta”.
Cipro, come ogni luogo dove la storia si è soffermata con brutalità, è anche questo. Ciò non toglie nulla al suo fascino; un fascino che promana dalla ricchezza di un
Ma al di là della possibile delusione ciò che conta è come, nuovamente, il passato e la capacità affabulatoria, mitopoietica umana di legare racconti, miti, leggende a precisi luoghi fisici evidenzino l’antichità e l’opulenza dei luoghi. Afrodite non è che una manifestazione di antichissime dee, le “grandi Madri”, di quel Vicino Oriente con cui Cipro fu in rapporto sin dalla notte dei tempi. Quei rapporti erano culturalmente e mitologicamente così forti che, secondo un autore greco del III sec. d.C., ancora ai suoi tempi Cipro era famosa per la prostituzione rituale collegata al culto di Afrodite. L’isola della guerra greco-turca del 1974 e dei Cavalieri Ospitalieri e Templari, della casata franca dei Lusignano e della Serenissima, del colonialismo britannico e delle icone bizantine, dei teatri ellenistico-romani e della dominazione ottomana è anche l’isola di antiche favole mitologiche di un possibile matriarcato mediterraneo. Non stupisce perciò che nel nord ovest, vicino al villaggio di Latsi, si trovino gli stupendi “bagni di Afrodite” dove, secondo leggende locali, si può riottenere, immergendosi nell’acqua purissima di una bella cascata utilizzata dalla dea e immersa nel verde, la propria perduta fertilità.
E così i fili si riannodano. Kupros (Cipro), l’isola dei