Festa papà: lo psichiatra, ‘cancellarla è dannoso anche per chi non ha padre’ Di Giannantonio, ‘celebrarla utile anche quando questa figura manca in famiglia’

Roma, 15 mar. (Adnkronos Salute) – Cancellare la festa del papà è “davvero una cattiva idea”. Celebrare la figura paterna “è utile anche a chi non ha un papà se, ovviamente, l’assenza non viene comunicata come discriminazione”. Questo ruolo, infatti, “al di là del nucleo familiare, è presente in molte situazioni della vita e queste occasioni permettono anche una formazione culturale ed emotiva sul tema”. Così all’Adnkronos Salute lo psichiatra Massimo di Giannantonio, past president della Società italiana di psichiatria (Sip), commentando il caso della scuola di Viareggio dove una dirigente scolastica ha annullato le iniziative per il 19 marzo. “Abolire la festa del papà perché in alcuni nuclei familiari, per ragioni diverse, non ci sono padri – continua – è un’assoluta esagerazione”. “Celebrare il papà non vuol dire discriminare chi un padre non ce l’ha. Una tale rinuncia chiesta alla maggioranza è una scelta che non condivido e non trovo corretta: si può parlare del ruolo del padre in modo sereno pur nella sua assenza. E’ una questione di come si comunica”. I ragazzi, o i bambini piccoli “non sono necessariamente feriti da questo. Il problema non è la presenza fisica ma la capacità di chi sta intorno al bambino a dare risposte complete”. L’accento, dunque, si può porre su “come la festa del papà viene proposta. Se lo si fa con l’idea che chi ha il papà è fortunato e chi non lo ha è una persona che ha un limite, evidentemente si tratterà di un’esperienza negativa. Ma celebrare la festa del papà in modo creativo, costruttivo e formativo, significa aiutare chi non ha il padre a comprendere la figura che non ha. E a confrontarsi. E’ utile anche per chi un padre non ce l’ha perché il ruolo paterno si ritrova poi in diverse esperienze della vita: essere stati educati solo all’assenza di questa figura e trovarsi poi a confrontarsi con figure paterne senza strumenti culturali ed emotivi è sicuramente peggio”, conclude.

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