L’Umbria è avvolta di sacro ed ha un grande patrimonio spirituale e culturale, avendo dato i natali a molte figure di santi e di sante che, con le loro storie e i loro insegnamenti,continuano anche a distanza di secoli ad ispirare i fedeli.
Tra le donne umbre sante, un posto particolare merita Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti, (Roccaporena, 1381 – Cascia, 22 maggio 1457), una santa cattolica particolarmente venerata, conosciuta per la sua fede, la sua capacità di affrontare le difficoltà con pazienza e coraggio e di saper perdonare, anche quando si tratta di chi le ha arrecato un grave dolore; “l’avvocata delle cause impossibili”, perché viene invocata nelle situazioni più difficili e come protettrice delle famiglie.
Molta parte della vita di Rita da Cascia risulta oscura dal punto di vista della documentazione storica. Tra le pochissime fonti si annovera il Codex miraculorum, una raccolta ufficiale di miracoli di Rita registrata dai notai su richiesta del Comune di Cascia subito dopo la sua morte. Sappiamo che Rita, prima di abbracciare la vita monastica, è stata moglie e madre. Presso il Santuario di Cascia a lei dedicato è infatti custodita la sua fede nuziale, un anello particolare e molto bello, formato da due mani che si stringono fra loro. Un anello con un grande valore simbolico, che ci ricorda che l’amore autentico richiede fedeltà.
Nella Cascia del 1300, Rita Lotti è una donna sposata e con due figli,
Giangiacomo Antonio e Paolo Maria. Prima perde i due anziani genitori, subito dopo il marito, Paolo Mancini, detto anche Paolo di Ferdinando, il quale viene ucciso in un’imboscata, e i suoi figli muoiono presto l’uno dopo l’altro, probabilmente di peste o a causa di qualche altra malattia.
Ai figli cercò di nascondere la morte violenta del padre e visse con il timore della loro perdita, perché aveva saputo che gli uccisori del marito erano decisi ad eliminare gli appartenenti al cognome Mancini. Al contempo, i suoi cognati avevano deciso di vendicare l’uccisione del marito e quindi anche i figli sarebbero stati coinvolti nella faida di vendette.
La leggenda narra che Rita, per sottrarli a questa sorte, abbia pregato Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di toglierli dal mondo, “Io te li dono. Fa’ di loro secondo la tua volontà”, disse. Un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono. Dopo la perdita dei figli, Rita sente di avere una missione: proseguire il suo percorso di pace che la porterà prima a farsi suora, poi a diventare santa. Trascorse quarant’anni della sua vita nel Monastero di Santa Maria Maddalena di Cascia, dedicandosi alla preghiera, alla penitenza e al servizio ai bisognosi.
E’ conosciuta per il miracolo della spina, per aver ricevuto uno stigma della spina della corona di Cristo crocifisso sulla fronte, che la segnò per tutta la vita. Oltre l’anello nuziale e la spina, le rose, il miracolo delle api e la vite sono legati al culto della santa. Alla fine dei suoi giorni, malata e costretta a letto, Rita chiede a una sua cugina venuta in visita da Roccaporena, di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna, che diede alle suore. Da allora, la rosa è diventata il simbolo dell’amore intramontabile di Rita che diffonde il suo profumo ovunque. La vite. Si racconta che durante il periodo del noviziato, la Madre Badessa, per provare l’umiltà di sorella Rita, le abbia comandato di piantare e innaffiare un arido legno. Rita obbedisce, e dopo un anno di cura, la vite fiorisce rigogliosa. Le api. Un miracolo che compì quand’era ancora neonata, ad appena cinque giorni dalla nascita. Alcune api avevano attorniato la culla, ma invece di pungerla depositarono del miele sulle sue piccole labbra. E, ancora un altro episodio, Rita bambina si trovava in un campo, vide un contadino che mentre falciava il grano si era ferito ad un braccio, attorniata da uno sciame di api, e la ferita guarì. Subito dopo la sua morte, Rita viene venerata come protettrice dalla peste, probabilmente per il fatto che in vita si era dedicata alla cura degli appestati, senza mai contrarre questa malattia. Da qui deriverebbe l’attribuzione di santa dei casi impossibili.
Ogni anno, nella settimana dal 18 al 24 maggio, Cascia si trasforma in un crocevia di fede, cultura e tradizione, accogliendo migliaia di pellegrini e visitatori da ogni parte del mondo. Il programma prevede momenti di preghiera, processioni, riconoscimenti speciali e iniziative culturali che rendono omaggio alla vita e all’eredità di santa Rita.
“Vincere il male con il bene. Con un bene più grande”, ha commentato nel suo messaggio di apertura la Madre Badessa del Monastero di Santa Rita suor Maria Grazia Cossu, soffermandosisull’importanza della pace, appello che unisce Rita a Leone XIV. “In un mondo lacerato dai conflitti – ha sottolineato – lei ci ricorda che la pace è una scelta quotidiana, fatta di perdono, ascolto e riconciliazione. Ecco perché, ispirati dal Pontefice, sentiamo il bisogno di rilanciare un appello accorato alla pace, soprattutto per l’Ucraina e la Terra Santa.
Tra gli appuntamenti più attesi, la consegna del Riconoscimento Internazionale “Donne di Rita”, la suggestiva Fiaccola della Pace e del Perdono, e la tradizionale Benedizione delle Rose. La rosa, come spiegano le monache agostiniane di Cascia, “racchiude il senso del messaggio che ci ha tramandato la santa, godere appieno dell’amore e della bellezza di Dio attraverso l’amore e la bellezza della vita, accettando le spine come parte di essa”.
L’omelia del cardinale Reina è stata un messaggio potente di speranza, perdono e profondità spirituale, che ha toccato i cuori dei fedeli con parole semplici e vere.
“Non lasciatevi vincere dal male, ma imparate a vincere il male con il bene… Rita avrebbe potuto vendicare l’assassinio del marito… ha preferito una strada diversa, una strada di Vangelo, ha preferito perdonare.” Ha detto il cardinale Reina, che ha sottolineato la necessità di un rapporto profondo e quotidiano con Dio:
“Rimanere in Dio per vivere nella gioia… Il segreto di Rita è stato proprio questo, è rimasta in Dio sempre. Nulla ha potuto scostarla da questa roccia eterna.”
E’ importante altresì soffermarsi sulla diffusione del culto, che è sempre frutto della tradizione orale e di una combinazione di fattori diversi. Rita, nella modernità, diventa la santa delle donne cittadine: le aiuta a trovare casa, a guarire, a salvare i figli dalla droga, ad affrontare tutte le difficoltà della vita moderna. Anche fuori d’Italia il suo culto è diffuso: a Parigi, nel quartiere della vita notturna di Pigalle, si trova una chiesa a lei dedicata, dove diventa la protettrice delle prostitute. Nel secolo scorso Rita incontra anche raffinati esponenti dell’arte contemporanea; divenne l’ispiratrice di uno degli artisti d’avanguardia più significativi e innovativi, Yves Klein. Il pittore francese, originario di Nizza, conobbe la santa attraverso la zia. L’artista si recò ben due volte a Cascia, e dedicò alla santa tutta la sua opera. Nel convento sono conservati una sua tela blu e un suo ex voto, una scatola in plexiglass che contiene pigmenti rosa, blu e polvere d’oro, nonché una lunga dedica manoscritta.
Negli stessi anni Sessanta uno scrittore e pittore come Dino Buzzati ha dedicato a Santa Rita, e in particolare ai suoi miracoli, una serie di tavole in bianco e nero, poi riprodotte nel libro “I miracoli di Val Morel”, del 1971. A Giaon sono stati dipinti alcuni murales raffiguranti i miracoli. Rita, con la sua vita santa, ci insegna a essere nel mondo il buon profumo di Gesù e ad accogliere le prove come dono d’amore a Gesù Crocifisso, per la salvezza del mondo intero.