Uspi informa. Digital News Report Italia: TV in testa, soffre la carta stampata

La TV vince come media di riferimento, l’online fatica a trovare slancio e la carta stampata rimane all’ultimo posto. È questo il quadro che emerge dal Digital News Report Italia 2025.

L’analisi è stata condotta su un campione di 2008 utenti di varie età censo e provenienza. Lo studio nasce dalla stretta collaborazione tra il prof. Alessio Cornia (Dublin City University) e il Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università degli Studi di Torino. Va ad inserirsi nell’ambito del più ampio studio avviato dal Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford. In questa versione italiana si indagano le principali trasformazioni nell’accesso e nella fruizione dell’informazione nel nostro Paese.

Il “paradosso italiano”

Dal report si evince una particolarità: nonostante l’interesse per le notizie sia in calo drasticamente – dal 74% del 2016 si è passati al 39% nel 2025 – il 59% degli italiani le consulta spesso, anche più volte al giorno. Questo ha generato un vero e proprio “paradosso italiano”, per cui siamo ultimi per interesse ma secondi per frequenza di fruizione (dietro solo alla Finlandia).

L’analisi mette in luce una chiara contraddizione tra le motivazioni che ci spingono ad informaci (curiosità, voglia di partecipare al dibattito pubblico) e il modo in cui lo facciamo: frettolosamente, preferendo notizie frammentate e lasciando che sia l’algoritmo a guidarci.

Anche genere ed età fanno la differenza nel modo di informarsi: generalmente uomini e anziani mostrano più interesse per le notizie. Il 65% degli uomini – contro il 55% delle donne – tende ad accedere con più frequenza all’informazione. Allo stesso modo, la frequenza di fruizione delle notizie, sale al 66% per i più anziani, rispetto al 46% della fascia di età 25-34 anni. Influisce anche il livello di reddito, con valori maggiori per chi ha un reddito più alto.

Il quadro delle fonti: TV al primo posto, carta stampata fanalino di coda

È la TV a mantenere la leadership: il 51% degli intervistati la considera fonte primaria di informazione. Frenata per il web, dove i siti di quotidiani e le testate radiotelevisive faticano a crescere. Tra i media online i social sono la principale fonte, indicata dal 17%, mentre podcast e chatbot di Intelligenza Artificiale si stanno delineando come fonti aggiuntive, ma non principali (solo per l’1% degli intervistati). Campanello d’allarme per i quotidiani, con solamente il 2% degli utenti che li indica come fonte primaria per accedere all’informazione.

Rimane invece stabile l’interesse per la stampa di prossimità: l’81% degli italiani si dichiara interessato alle notizie locali. Gioca a loro vantaggio la possibilità di creare una forte connessione con la comunità territoriale di riferimento.

La disinformazione preoccupa, sfiducia anche nei giornalisti

La fiducia nelle notizie continua ad attestarsi su livelli complessivi bassi (36%), nonostante una lieve risalita rispetto allo scorso anno. Cresce invece la paura per la disinformazione, soprattutto online (+2 punti percentuali rispetto al 2024). La preoccupazione aumenta con reddito e istruzione.

Per gli italiani non c’è dubbio: influencer (42%) e politici nostrani (37%) sono le principali fonti di disinformazione online. Colpisce soprattutto come il 28% degli intervistati ritenga i giornalisti potenziali veicoli di fake-news, più della “gente comune” (21%).

La news avoidance

C’è anche chi le notizie le evita per scelta: circa un terzo degli intervistati ha dichiarato di aver interrotto il consumo di notizie volontariamente. La scelta è dovuta a diversi fattori, tra i principali ci sono le emozioni negative generate dalle notizie – soprattutto legate a guerre e conflitti – e la diffusa sfiducia nei media, giudicati inaffidabili o di parte.

Articolo di A.G.

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