Chi controlla i controllori? Open e il Grande Bluff del fact-checking ‘indipendente’

Un sistema tutt’altro che indipendente che solleva seri dubbi sulla neutralità del fact-checking. Intanto in Europa si stringe la morsa della censura mascherata da lotta alla disinformazione

di Massimo Reina
Alla fine, la verità è venuta a galla. No, non quella con la V maiuscola che i censori a gettone spacciano per “verificata”. Ma quella vera. Quella che puzza di dollari, Dipartimenti di Stato, fondazioni “filantropiche” con i tentacoli ovunque e agenzie che sembrano uscite da un copione della CIA — ma, curiosamente, con la benedizione della democrazia occidentale.
Scopriamo così, senza troppo clamore (e ci mancherebbe), che Open, il fact-checker del giornalismo pulito, trasparente e soprattutto “super partes”, riceve soldi da Washington. Anzi, da quella costellazione di enti e fondazioni che orbitano attorno al potere statunitense come mosche sul miele: il Dipartimento di Stato, la NED (National Endowment for Democracy, quella che “fa all’aperto ciò che la CIA faceva al chiuso”, cit. New York Times) e la Open Society di George Soros, che non manca mai quando c’è da finanziare libertà ben indirizzate.
Lo scrivono candidamente sul sito del Poynter Institute, il Vaticano del fact-checking mondiale, che decide chi è affidabile e chi va marchiato come eretico digitale. Nessun complotto. Nessuna dietrologia. Solo la verità, nuda e cruda, che tanto piace a chi indossa i panni del difensore della verità… finanziata in dollari americani.Ora, proviamo a immaginare se al posto di “Open” ci fosse un certo “Close”, finanziato da Mosca o Teheran: apriti cielo, le urla dei pasdaran dell’informazione si sentirebbero da Bruxelles a Cupertino. Ma siccome i soldi arrivano da Washington, va tutto bene. È democrazia, bellezza. È “difesa contro la disinformazione”.
Eppure, sarebbe interessante chiedere al buon David Puente & Co., paladini del click etico, se tra quei finanziatori d’oltreoceano spunta anche USAID, l’agenzia che promuove “la democrazia” nel mondo con le stesse modalità con cui McDonald’s promuove la dieta mediterranea.
Chi controlla i controllori? Chi decide cosa possiamo leggere, condividere o anche solo pensare? Quelli che oggi ci dicono cosa è fake e cosa è vero, sono gli stessi che vengono stipendiati dai custodi geopolitici dell’Occidente. E a chi solleva un sopracciglio, rispondono con lo sdegno professionale di chi si è auto-eletto giudice supremo della realtà.
Europa: il Truman Show col bollino blu
E mentre negli Stati Uniti almeno si gioca a carte scoperte, in Europa ci avvolgiamo con amorevole incoscienza nel mantello del Digital Services Act. Altro che “libertà di espressione”: qui si cancella tutto ciò che non rientra nei “canoni del consentito”. Guai a chi osa dubitare, riflettere, o — peggio — linkare una fonte sgradita. Sotto il peso del paternalismo algoritmico, la libertà è diventata un optional con licenza governativa.
Telegram? Rischia la chiusura. I media alternativi? Mimetizzati nei sottoscala. E se dici che il re è nudo, vieni etichettato come no-vax, putiniano, complottista o “non conforme alle policy comunitarie”.Non serve Orwell. Basta un community manager.
Pavel Durov, fondatore di Telegram, ha detto che “nel 2025, i russi avranno più libertà dei cittadini europei”. E non è una provocazione. È una fotografia. Sbiadita, censurata, pixelata, ma maledettamente reale. Nessuno qui difende le fake newso vuole mettere in dubbio la buona fede di chi vuole combatterle, ma segnalare il rischio che qualcuno possa farlo eventualmente a corrente alternata o, per assurdo, generare a sua volta. Perché c’è una differenza sostanziale tra combattere la disinformazione e instaurare un Ministero della Verità digitale dove ogni parola è sorvegliata, ogni pensiero filtrato, ogni dubbio moderato o gestito a comando.
Il rischio non è la menzogna. Il rischio è chi decide cosa è vero.
Perché la verità, in mano ai potenti, è sempre una mezza bugia travestita da certezza. E noi, come Truman, applaudiamo la regia. Sperando di non svegliarci e scoprire che la cupola che ci protegge… è quella che ci imprigiona.

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