Siamo andati alla Maddalena per vedere cosa resta del summit del 2009 mai celebrato: dopo 17 anni una grande struttura abbandonata e lo spreco di oltre 629 milioni di euro di denaro pubblico andati in fumo.
Alla Maddalena, tra mare cristallino e silenzio assoluto, c’è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.
Non in senso romantico, ma piuttosto in quella malinconia tutta italiana che sa di occasioni mancate. È qui che avrebbe dovuto svolgersi il G8 del 2009. È qui che, invece, si racconta una storia di promesse non mantenute, speranze tradite e cemento abbandonato.
Dal mare si vede il lungo il molo dell’ex Arsenale, riconvertito in centro congressi internazionale. Le strutture ci sono ancora, imponenti e silenziose. Scale mobili mai azionate, vetri impolverati, interni modernissimi chiusi a chiave. I cartelli “zona militare” non ci sono più, ma il senso di esclusione resta. Solo che ora non c’è più nulla da proteggere.
Torno indietro al 2007. Il governo decide: il G8 si farà alla Maddalena. Si stanziano centinaia di milioni di euro. Una grande occasione per l’isola, dicono. Arrivano ditte, ruspe, operai. Si lavora giorno e notte. Si costruisce in fretta, perché c’è urgenza, c’è prestigio, c’è tutto da dimostrare.
Poi, il terremoto dell’Aquila, nel 2009. Un dramma. E una decisione: il G8 si sposta lì, in Abruzzo, per dare visibilità e sostegno a chi ha perso tutto. Scelta giusta, forse. Ma alla Maddalena resta un’opera quasi finita e già senza scopo.
E da lì in poi… nulla. Nessun congresso. Nessuna riconversione. Solo silenzi e qualche notizia ogni tanto, su fondi che mancano o su nuovi piani mai attuati. E intanto il vento salmastro fa il suo lavoro. Il sale corrode, la pioggia filtra, la vegetazione cresce tra le mattonelle. Ogni tanto si parla di rilancio. Ogni tanto si girano fiction. Ma la sostanza non cambia: è un grande non-luogo.
I residenti la raccontano con rassegnazione. “Doveva essere il futuro della Maddalena”, dice qualcuno. “È diventato un monumento allo spreco”. I giovani ci passano davanti senza sapere bene cosa fosse. I più anziani si ricordano l’entusiasmo, i lavori, le promesse.
C’è qualcosa di profondamente italiano in tutto questo. Nell’idea che un evento basti da solo a giustificare un’infrastruttura titanica. Nel fatto che, una volta sparito l’evento, l’opera perda senso. E resti lì, come una valigia dimenticata da qualcuno che non tornerà più.
Alla Maddalena oggi si può fare il bagno a pochi metri dal centro congressi più costoso mai inutilizzato. Un contrasto che sa di beffa. Il mare è bellissimo, certo. Ma il resto è una ferita aperta.
Il G8 non si è mai tenuto. Ma la sua ombra è rimasta.
E ci ricorda ogni giorno quanto può costare, in termini umani e paesaggistici, costruire senza visione. Senza pensare davvero a chi quei luoghi li abita. E a chi, magari, avrebbe solo voluto un ospedale, una scuola, un porto funzionante. Non un sogno di vetro e acciaio abbandonato al maestrale.