“L’occhio ascolta più di quanto il pensiero comprenda.”
— Jean Epstein, 1921
C’è stato un tempo in cui l’animazione non era ancora confinata in canoni industriali, in target commerciali o in estetiche precostituite. Un tempo in cui il gesto del disegnare fotogramma dopo fotogramma era atto poetico, impegno politico, sperimentazione visiva. Quel tempo – lungo vent’anni, dal 1957 al 1977 – è oggi oggetto di una straordinaria riscoperta grazie alla mostra “A mano libera. Arte e cinema di animazione in Italia”, ospitata al Museo di Roma in Trastevere.
Un territorio vergine, tra arte e cinema
Nel cuore pulsante della capitale, la mostra riporta alla luce un capitolo dimenticato della cultura italiana del Novecento. Un capitolo in cui l’animazione si fece laboratorio libero, capace di assorbire stimoli dalle arti visive, dalla grafica editoriale, dalla musica d’avanguardia e dalla letteratura. Non esisteva ancora una vera industria dell’animazione nel Paese: e proprio in questa assenza di sistema, di regole e di aspettative, gli artisti trovarono uno spazio creativo straordinariamente fertile.
Erano tempi di sperimentazione e disobbedienza formale, in cui il disegno si liberava dalle necessità della narrazione lineare per diventare ritmo, suggestione, allegoria. Opere realizzate a budget minimo ma con un surplus di immaginazione. Film brevi, folgoranti, dove l’estetica non era mai subordinata alla tecnica, ma anzi si nutriva della sua imperfezione.
Gli artigiani dell’invisibile
La mostra documenta il lavoro di figure che oggi consideriamo seminali: Bruno Bozzetto, autore geniale capace di passare dalla satira politica all’astrazione visiva con una leggerezza invidiabile; Emanuele Luzzati, scenografo, illustratore e visionario, che insieme a Giulio Gianini ha firmato film d’animazione in stop motion che sono piccoli gioielli di artigianato visivo; e poi Manfredo Manfredi, Roberto Gavioli, Osvaldo Cavandoli, e altri ancora, meno noti ma essenziali per comprendere la ricchezza di quel periodo.
Questi autori non erano animatori nel senso classico del termine, ma piuttosto artisti che si avvicinavano al cinema come a una tela in movimento. Ogni opera era unica, irripetibile, spesso prodotta in solitudine, fuori dalle logiche di mercato. Filmati per la RAI, corti per festival internazionali, progetti didattici e persino pubblicità: tutto poteva essere terreno di sperimentazione.
Una mostra come archivio vivente
“A mano libera” non è solo una rassegna di opere, ma un percorso immersivo tra visioni e materiali d’epoca. Si attraversano sale in cui i bozzetti originali si alternano a proiezioni d’archivio, storyboard minuziosi, suoni dissonanti, manifesti illustrati. Ogni elemento contribuisce a raccontare una stagione di libertà e ingegno, in cui l’animazione non era ancora un genere, ma una possibilità espressiva.
La mostra è anche un invito a rivalutare il ruolo del corpo nell’arte visiva. L’animazione a mano libera – prima che l’informatica la rendesse digitale e prevedibile – è frutto di un gesto fisico, tangibile, faticoso. L’autore lascia una traccia reale, ripetuta migliaia di volte, per dare vita a qualcosa di effimero. In un mondo oggi dominato dalla velocità e dalla replicabilità, questo tipo di lavoro riacquista un valore quasi sacro.
Un’eredità viva
Sebbene il periodo si concluda simbolicamente nel 1977 – con l’arrivo di nuove tecnologie, di nuove produzioni seriali e di un’industria sempre più orientata alla televisione – l’eredità di quegli anni non è affatto morta. L’animazione d’autore italiana continua a vivere in festival, in scuole sperimentali, in progetti indipendenti. Ma per capirla davvero, occorre guardare a quella radice artigianale, libera e irriducibile.
Questa mostra è un atto di memoria e insieme un manifesto per il futuro: per un cinema d’animazione che non smetta di osare, di cercare, di sbagliare, di meravigliare.
Perché come ricordava Jean Epstein, il cinema è un linguaggio che parla con gli occhi e che solo attraverso la libertà del gesto può arrivare a toccare la profondità dell’ascolto. E quei pionieri italiani, con i loro film fragili e potenti, ci hanno insegnato a guardare diversamente. Forse, anche a pensare meglio.
per info:
https://www.museodiromaintrastevere.it/it/mostra-evento/mano-libera-arte-e-cinema-danimazione-1957-1977