Non semplicemente un intellettuale ma portatore di valori universali oltre le ideologie. La critica, invidiosa del suo carisma letterario, tentò di oscurarne il genio. Nel libro uscito nei giorni scorsi per Edizioni Solfanelli, Pierfranco Bruni penetra nei meandri dell’anima di Giuseppe Berto: un poeta-navigatore dell’esistenza tra amore, morte, solitudine. Dalla Laguna alle onde greche della Calabria anche in quella sceneggiatura di “Anonimo veneziano” scritta nel 1967 per Enrico Maria Salerno…
recensione a cura di Mimma Cucinotta
Pensatore libero, un chierico nel senso più profondo e puro del termine. Giuseppe Berto (Mogliano Veneto, 27 dicembre 1914 – Roma, 1º novembre 1978) scrittore, drammaturgo e sceneggiatore, non è stato semplicemente un intellettuale, ma un portavoce di valori universali che trascendono le mere valutazioni ideologiche. Come affermò Manlio Sgalambro, il chierico ha la vocazione di cercare e diffondere verità profonde, anche quando queste rimangono inafferrabili nella loro universalità. Le opere di Berto, spesso emarginate a causa di pregiudizi di natura ideologica, sono invece fari di luce in un panorama letterario che troppo spesso scarta ciò che non si conforma ai dettami del pensiero dominante.
La critica, invidiosa del suo carisma letterario, tentò di oscurarne il genio, ma i suoi libri, intrisi di emozione e introspezione, continuarono a segnare un’epoca. Tra questi spicca senza dubbio “Anonimo Veneziano”.
Un romanzo breve pubblicato nel 1976 la cui Genesi parte dal 1966, quando l’attore ed aspirante regista Enrico Maria Salerno si rivolse a Giuseppe Berto, con la richiesta di scrivere la sceneggiatura del film che sarebbe diventato Anonimo veneziano. Berto scrisse i dialoghi del film e li consegnò all’esordiente regista nel 1967. Dopo il grande successo del film, Berto affidò alle stampe un’azione teatrale che sostanzialmente comprendeva i dialoghi di cui era autore, con qualche didascalia. Sul lavoro e sull’autore non mancarono critiche ostili dovute alla coincidenza dell’uscita di Love Story, romanzo di Erich Segal, sebbene i dialoghi di Berto scritti per Anonimo veneziano precedessero di qualche anno il lavoro dell’autore americano.
Berto rappresenta la voce di una Venezia che respira colori e profumi calabresi, legando inestricabilmente la sua identità a quella di una terra che ama e rispetta profondamente.
È proprio in Calabria, sullo sfondo della splendida Costa di Capo Vaticano alla consueta rassegna 2025 “Estate a Casa Berto” che Pierfranco Bruni, esperto del pensiero alchemico dello scrittore, presenterà in anteprima il suo ultimo libro, “Giuseppe Berto. Tutto ha la sua ora” edito da Solfanelli. Questo volume rappresenta uno scavo profondo nell’esistenza di Berto, rivelando la complessità del suo pensiero e della sua scrittura.
Bruni penetra nei meandri dell’anima di Berto, descrivendolo come un poeta-navigatore dell’esistenza: l’amore, la morte, la solitudine, tutti temi ricorrenti che racchiudono un immenso desiderio di vivere. Nella sua narrazione, il tempo diventa una entità palpabile, mentre gli amori abbandonati lungo strade dimenticate si tramutano in appuntamenti falliti. In questo contesto, la Calabria riemerge come un luogo d’anima, dove la vita raccoglie le esperienze in un abbraccio che trascende le parole e le metafore.
Berto, pur essendo veneto, trova in Calabria il suo dialogo interiore, un mito vivente che ripercorre le radici di una civiltà antica. In una interessante comparazione con Cesare Pavese, Bruni anche in numerosi altri scritti, esplora l’umanesimo e la ricerca antropologica presente nelle opere di entrambi gli autori, i quali raccontano la Calabria non attraverso descrizioni superficiali, ma attraverso le metafore che permettono di coglierne l’essenza. Pavese, confinato a Brancaleone Calabro nel 1935, riscopre la classicità mediterranea, mentre Berto, dall’acqua della laguna veneta alle onde calabre, recupera archetipi e simboli che continuano a vibrarci accanto.
Nel romanzo “Il brigante” emerge una importante lettura antropologica che mette a fuoco l’umanesimo della ricerca. Berto, cercando, ha trovato una scrittura che attraversa l’intera sua opera, da una costa all’altra dell’Italia, dal mare di Calabria al deserto biblico. Attraverso il suo singolare percorso ne “La fantarca”, l’ironia si mescola a una profonda preveggenza, aprendo squarci su futuri possibili e reali. La Calabria, in questo contesto, non è solo un paesaggio, ma una fonte di ispirazione che alimenta l’immaginario collettivo e si intreccia con le vicende umane.
In “Il male oscuro”, Berto si confronta con la salvezza, ma suggerisce che la vera redenzione risieda in Giuda, un paradosso che riflette sulla pietà e la gloria nel cammino dell’esistenza umana. Qui, il viaggio si fa compiuto, un’impresa che viene messa alla prova dalla modernità e dalle sue macerie. La scrittura di Berto si mostra quindi come un faro in un mare di incertezze, dove la memoria del mondo si fonde con la mortalità e l’infinito.
Nel 1965, Berto scriveva delle sue ansie di misurarsi con l’eternità: «Hemingway diceva che uno scrittore, se è abbastanza buono, deve misurarsi ogni giorno con l’eternità, o con l’assenza di eternità». Questa tensione tra finito e infinito permea tutta la sua opera, rendendolo un autore ribelle e libero da schemi conformisti. Le sue parole danzano tra il reale e il metafisico, attaccando l’anima dei lettori in un turbine di emozioni e riflessioni.
Giuseppe Berto non è solo uno scrittore nel panorama della letteratura italiana, ma una figura che invita a riflettere su cosa significhi essere veramente liberi, sia nella scrittura che nella vita. In “Giuseppe Berto. Tutto ha la sua ora” Bruni richiama fortemente ad una eredità che ci riconnette alle radici del nostro essere, esprimendo la bellezza e il caos del mondo attraverso una penna, quella di Berto, che sa scrutare oltre l’apparente.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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