Nella Striscia di Gaza, sacerdoti e suore restano accanto ai civili sotto assedio, mentre i Patriarcati cristiani denunciano l’offensiva israeliana richiamando le parole pronunciate da Papa Leone XIV il 23 agosto scorso. Cresce l’allarme umanitario
Gerusalemme, 11 set. 2025 – Nella Striscia di Gaza, quelle che il governo israeliano aveva definito le “Porte dell’Inferno” sembrano essere già state spalancate. In mezzo a questo scenario tragico, sacerdoti e suore continuano a rimanere nella città di Gaza, determinati a non abbandonare le comunità che assistono, nonostante il pericolo imminente.
È quanto si legge in una dichiarazione congiunta diffusa martedì 26 agosto dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, guidato dal Cardinale Pierbattista Pizzaballa, e dal Patriarcato Greco-Ortodosso, sotto la guida del Patriarca Teofilo III.
L’espressione “le porte dell’inferno si apriranno presto” era stata usata giorni fa dal ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, per annunciare l’inizio dell’operazione militare finalizzata al controllo totale di Gaza City, ancora abitata da centinaia di migliaia di civili.
Nella nota, i Patriarcati riferiscono che sono già stati emessi ordini di evacuazione per diversi quartieri, mentre continuano i bombardamenti e aumentano le vittime e le distruzioni. “Sembra che l’annuncio del governo israeliano – si legge – stia purtroppo prendendo forma concreta, e in modo tragico. L’esperienza delle passate operazioni, le intenzioni dichiarate e le notizie dal campo mostrano che non si tratta più di minacce, ma di fatti in corso”.
La dichiarazione sottolinea il ruolo dei complessi religiosi di Gaza: il monastero greco-ortodosso di San Porfirio e la parrocchia latina della Sacra Famiglia sono diventati rifugi per centinaia di civili, tra cui molti anziani, donne e bambini. La struttura latina ospita anche persone con disabilità, assistite da anni dalle Suore Missionarie della Carità.
“Anche i rifugiati che si trovano all’interno di questi complessi dovranno, come tutti, decidere secondo coscienza se restare o cercare di fuggire”, affermano i Patriarcati, precisando che molti di loro sono in condizioni precarie, debilitati e malnutriti. “Lasciare Gaza City, in questo contesto, potrebbe equivalere a una condanna a morte. Per questo motivo, sacerdoti e suore hanno scelto di restare, per continuare ad assistere chi non ha la forza di andare via”.
Il documento ribadisce che “non ci può essere futuro fondato sulla prigionia, sullo sfollamento forzato o sulla vendetta”. E richiama le parole pronunciate da Papa Leone XIV il 23 agosto scorso, rivolgendosi a un gruppo di rifugiati delle Isole Chagos: “Tutti i popoli, anche i più piccoli e i più deboli, devono essere rispettati nella loro identità e nei loro diritti, soprattutto nel diritto di vivere nella propria terra. Nessuno può essere costretto a un esilio forzato”.
L’offensiva di terra israeliana – evidenzia la dichiarazione – ha come obiettivo dichiarato quello di svuotare il nord della Striscia di Gaza per procedere alla sua occupazione e colonizzazione.
Un ulteriore drammatico episodio si è verificato avantieri con il bombardamento dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, unica struttura sanitaria pubblica rimasta attiva nel sud della Striscia. Secondo quanto ricostruito dal sito d’informazione Ambamed, l’attacco è avvenuto con la cosiddetta tecnica del “doppio colpo”: una prima ondata di bombe, seguita da una seconda mentre i soccorritori tentavano di salvare le vittime. Sono morte 20 persone, tra cui sei giornalisti, un medico, vari infermieri e volontari della protezione civile.
Nel pomeriggio, anche il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha espresso sgomento per quanto sta accadendo. Da Napoli, dove partecipava all’inaugurazione della 75ª Settimana Liturgica Nazionale, ha dichiarato: “Restiamo allibiti di fronte a quanto succede a Gaza. C’è una condanna unanime a livello mondiale, ma sembra non ci siano spiragli di soluzione. La situazione è sempre più complicata e sempre più precaria dal punto di vista umanitario, con tutte le conseguenze che vediamo quotidianamente”.