Con la nomina di Sébastien Lecornu, Macron evita il confronto elettorale ma conferma l’incapacità di offrire una risposta politica a una crisi ormai sistemica
Parigi, 11 settembre 2025 – La designazione di Sébastien Lecornu come nuovo Primo Ministro da parte del presidente Emmanuel Macron rappresenta una mossa di stabilizzazione tattica all’interno di un contesto politico altamente volatile. La nomina segue la caduta del governo guidato da François Bayrou, sfiduciato dall’Assemblea nazionale dopo appena pochi mesi dall’insediamento, ed è sintomatica di una crisi di governabilità che accompagna la seconda parte del secondo mandato macroniano.
Lecornu, 39 anni, è una figura già radicata nelle istituzioni: passato attraverso i governi Philippe, Castex, Borne e successivamente Bayrou, ha ricoperto incarichi ministeriali cruciali – fra cui quello alla Difesa – e si è distinto per un profilo tecnico-amministrativo, più che ideologico. Formatasi nel centro-destra gollista (Les Républicains), la sua adesione al macronismo nel 2017 è avvenuta all’interno della strategia di riassorbimento trasversale dei quadri politici perseguita da Macron fin dalla prima campagna presidenziale. La nomina si inserisce in un quadro di paralisi parlamentare, accentuato dall’assenza di una maggioranza assoluta all’Assemblée nationale sin dalle elezioni legislative del 2022. Questo ha costretto l’esecutivo a ricorrere ripetutamente all’articolo 49.3 della Costituzione – dispositivo che consente l’approvazione di leggi senza voto parlamentare – alimentando le critiche di autoritarismo e tecnocrazia rivolte all’Eliseo.Con Lecornu, Macron cerca un equilibrio fra continuità e discontinuità. Da un lato, riafferma il controllo personale sull’indirizzo dell’esecutivo, scegliendo un uomo di fiducia; dall’altro, tenta di ricomporre un tessuto politico lacerato, aprendo al dialogo con tutte le forze rappresentate in Parlamento, in particolare in vista dell’approvazione della prossima legge finanziaria. Parallelamente alla crisi istituzionale, il Paese è attraversato da una mobilitazione sociale di ampia portata. Il movimento “Bloquons Tout”, nato come reazione spontanea alle politiche di austerità e ai tagli alla spesa pubblica, ha rapidamente acquisito una struttura reticolare, con la partecipazione attiva di sindacati, collettivi studenteschi, funzionari pubblici e militanti ecologisti.
Le istanze del movimento – che spaziano dalla giustizia fiscale al rifiuto della riforma delle pensioni, fino alla richiesta di un nuovo patto democratico – pongono una sfida diretta non solo al governo, ma alla legittimità stessa delle istituzioni della V Repubblica, percepite da ampi settori dell’opinione pubblica come verticali e impermeabili.
Il Ministero dell’Interno ha annunciato la mobilitazione di oltre 80.000 agenti per prevenire episodi di disordine, mentre l’Eliseo insiste sulla necessità di “restaurare l’autorità dello Stato”. Lecornu, dal canto suo, ha evocato la necessità di una “nuova pedagogia politica”, riconoscendo implicitamente il fallimento della comunicazione istituzionale degli ultimi anni.
A livello sistemico, la nomina di Lecornu può essere letta come un’estensione della strategia centrista presidenziale, che da anni tenta di neutralizzare le opposizioni strutturali (destra-sinistra) in favore di un “blocco centrale” flessibile e tecnocratico. Tuttavia, i risultati degli ultimi mesi suggeriscono che tale strategia ha perso efficacia, non solo in termini parlamentari, ma anche in termini di consenso diffuso. Il fatto che la Francia abbia avuto cinque Primi Ministri in otto anni – di cui tre solo nel 2025 – è indicativo di un sistema politico iperpresidenzializzato ma fragilmente coalizionale, dove la forza dell’Eliseo non si traduce più in stabilità legislativa. In questo scenario, la nomina di Lecornu può apparire più come un gesto di contenimento che di rilancio. Le opposizioni – dalla sinistra radicale di La France Insoumise fino all’estrema destra del Rassemblement National – chiedono elezioni anticipate, appellandosi a una crisi di rappresentanza ormai conclamata. La sinistra denuncia il «governo dei non eletti», mentre Marine Le Pen accusa Macron di «trascinare la Francia nel caos istituzionale pur di non restituire la parola al popolo».
A livello geopolitico, la crisi francese ha ricadute potenzialmente rilevanti anche per l’Unione Europea. La Francia, tradizionalmente motore politico del processo d’integrazione, si trova ora indebolita sul piano interno, e ciò potrebbe condizionare le trattative su dossier strategici come la riforma del Patto di stabilità, la politica migratoria comune, il rafforzamento della difesa europea – in particolare in chiave post-NATO.
Lecornu, da ex ministro della Difesa, possiede competenze in materia strategica ed è considerato un interlocutore affidabile tanto a Bruxelles quanto a Washington. Tuttavia, la debolezza strutturale del governo francese potrebbe ridurre la capacità della Francia di agire da leader politico nel contesto europeo nei mesi a venire. La nomina di Sébastien Lecornu a Primo Ministro segna un nuovo tentativo del presidente Macron di mantenere il controllo del processo politico nazionale in una fase di disintegrazione delle tradizionali logiche di governo. Se questa scelta riuscirà a rilanciare un’agenda riformista e a ripristinare un minimo di coesione istituzionale, resta da verificare. Per ora, la sensazione dominante è che la Francia stia vivendo una transizione post-macroniana senza successione, in un sistema esausto privo di alternative politiche credibili e organizzate.
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