Ida Magli “Ecumenicamente appassionata di musica” la definisce Maria Luisa Agnese

Di Pierfranco Bruni e Marilena Cavallo

…dal pianoforte allo studio delle civiltà.

Diplomata in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia, applica metodi musicali allo studio delle culture, percependo in ogni modello culturale una “fuga bachiana” chiusa e significativa in sé stessa. Per Ida Magli la musica non è mera forma estetica, ma strumento di conoscenza dell’“antropos”, l’essere umano nella sua dimensione culturale.

In un’intervista a Radio2 del 1987 l’antropologa dichiara con consapevolezza che “analizzare noi stessi come altro”  è un “atto violento, che sconvolge, lo so” (…) Ma anche l’attacco della Nona di Beethoven mi ha sempre sconvolto, per la sua forza di ribaltare i criteri, di partire dalla fine e non dal principio”.

L’attacco della nona di Beethoven è la cifra con la quale Ida Magli, studiosa di musica e musicista essa stessa, si confronta con gli archetipi del mito tra le civiltà antropologizzate e le società.

Per lei la musica riversa empatia e rovescia archetipi.

La stessa Nona di Ludwig van Beethoven, incarna il tragico della tradizione greca tragica, la visione romantica, il gesto nichilista wagneriano e il profilo illuminista dei Lumi. Eppure lo spartito trascende le convenzioni dell’epoca classica, in particolare attraverso l’introduzione del coro nel finale, che recita il testo dell’ “Ode alla Gioia” di Friedrich Schiller.

Questa innovazione musicale segna una svolta epocale, inserendo per la prima volta in un contesto sinfonico la voce umana con un messaggio di fratellanza e di slancio vitale, in piena sintonia con la filosofia illuministica e la visione idealistica di Schiller. 

L’aggiunta del coro nella Nona diviene quasi paradigma della comunità: la voce collettiva traduce il singolo in popolo, l’individuo in civiltà.

Nella musica il Tempo è scandito da epoche di decadenze e da un vissuto tragico.

Lo stesso linguaggio appare come il suono che la musica vive in uno scenario in cui il senso del tempo non resta in una mera  griglia cronometrica e cronologica, ma registra la misura dello spazio come dimensione di un tempo nel tempo.

Da esperta di musica la Magli affronta la dimensione dell’antropos come modello di ricerca scientifica, con un modello empirico, in una rigorosa visione empatica.

La musica è empatia.

Il rivoluzionario “attacco dalla fine” di cui parlava Ida Magli – l’idea di partire dall’apice emotivo per poi ricostruire la narrazione – rappresenta un ribaltamento, una testimonianza storica e un manifesto programmatico di una nuova umanità.

Soprattutto nel coronamento di una cultura che abbandona gli stilemi romantici e si inserisce in un quadro in cui l’uomo occidentale è portatore non solo di tradizione, ma di identità.

La tradizione, quindi, è per la Magli il recupero di un pensiero drammatico che la cultura greca trasporta nella tragicità a incominciare con la musica.

Non c’è solo Beethoven nella sua scala musicale, si avvertono Mozart  e Chopin con i notturni non romantici, ma poetici e decadenti, e Wagner in una interpretazione nicciana.

È come se la musica entrasse nel legame tra antropologia e filosofia in una unione di emozioni della parola o della nota musicale tra gli alti e bassi dei toni. Ida Magli è in fondo la portatrice di quella ricercatrice del dubbio che trova nella musica la verità sostanziale del non detto, ma metaforizzato come principio portante tra l’uomo e i popoli.

I popoli sono la civiltà della umanizzazione in un processo completamente identitario umanisticamente tra Ficino e Vico, o meglio tra Beethoven e Nietzsche non escludendo il pianoforte di Mozart. Definisce la scrittura del linguaggio, appunto, nelle cromaticità delle note.

Antropologia e musica sono le definizione di una manifestazione assolutamente simbolica. Entra appunto nella parola con il linguaggio della musica che però non trova connotazioni con una purchessia metafisica.

Non essendoci metafisica dovrebbe esserci la ragione.

Si supera anche questa proprio attraverso i tempi dei toni e del ritmo.

Un approccio originale, unico e determinante.

Affronta la parola come un tuono.

Ecco la Nona di Beethoven.

Ma dopo il tuono roboante giunge il temporale.

Un’altra metafora per definire il delirio della contemporaneità.

L’uomo moderno crea il delirio, perché ha smarrito quel radicamento che lo legava alle pareti della identità. Venendo meno ciò si rischia di applicare ciò che Cecilia Gatto Trocchi definisce come “influsso crociano … nella tematica del De Martino”.

Ida Magli è distante sia da Croce che da De Martino. Anzi è l’opposizione a entrambi. O meglio la dinamica della storia è la faccia opposta dell’antropologia della Magli. Il suo anticrocianesimo la conduce a una estetica profonda dell’essenza della parola nel tempo pur in una indelebile “empietà”.

Questa visione nasce da un approccio lirico-musicale alle tradizioni: l’intermezzo tragico non è una pausa, ma una detonazione che rompe lo storicismo. La musica, con il suo incipit originario, diventa il titolo simbolico e archetipico di tutta la sua opera, trasformando il linguaggio antropologico in un ritmo capace di scandire tempi, voci e dissonanze culturali. Il suo linguaggio antropologico è un ritmo musicale.

“Suonava il pianoforte, nella sua piccola casa lindissima su una collina romana. E coltivava rose in terrazza”(G.B: Guerra)

Tra fiori e note, è così che vogliamo ricordarla!

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