Di Franco Presicci
La Giunta del Comune di Martina Franca ha istituito un concorso fotografico dedicato a Benvenuto Messia. L’iniziativa ha lo scopo di rendere omaggio al decano dei fotografi, scomparso il 20 ottobre a 93 anni. La notizia è stata accolta con entusiasmo da tutta la città, che stimava e amava questo grande artista che aveva sempre un sorriso per chiunque lo avvicinasse. Con la sua morte – ha commentato lo speleologo ed editore Silvio Laddomada – a Martina si è chiusa un’epoca.
Benvenuto era legato alla sua culla come l’edera al tronco di un albero, con radici forti come quelle dell’ulivo. Con il suo obiettivo ha raccontato la storia della Valle d’Itria, bella, ariosa, baciata dal sole. Quando la scrittrice Carmela Maria Ricci aveva in cantiere il suo libro, “La nevicata del ‘56”, Benvenuto le dette alcune sue foto che testimoniavano le dimensioni del manto bianco che aveva quasi sepolto la città. Così il lettore, nel libro, ha due racconti: quello con le parole, icastiche e scorrevoli, e quello con le immagini, eloquenti.
Francesco Lenoci e Benvenuto Messia
Gli scatti di Benvenuto (Ben)sono magici e sarebbe gradita una mostra con questi “quadri”, suggestivi, significativi, storici, immortali, che ha dato lustro alla sua terra, tanto da stimolare Francesco Lenoci, “Patriae decus” della città dei trulli e del belcanto, a proporre lo stesso riconoscimento per il fotografo, attore, poeta, appassionato ciclista, uomo generoso.
Sono convinto che Messia pedala ancora tra le strade della sua deliziosa città: è presente con il suo spirito, con la sua anima. Non corre soltanto fra le nuvole, come si vede in un bel video apparso su facebook. La sua memoria non sarà mai cancellata, lui ha lasciato un segno indelebile. Gli volevo bene, credevo che non si sarebbe mai spento; che sarebbe rimasto come esempio, come figura illuminante. Quanti aggettivi occorrerebbero per illustrare la sua personalità! Ma sarebbero gettati al vento, perché in quella terra benedetta, che è Martina Franca, lo conoscevano tutti, e potrebbero aggiungerne altri. Tanti altri.
Tra i meriti di Ben c’era quello di non vantarsi mai di quello che faceva. Non c’era bisogno di vedere le foto che lo riprendono con nonno Libero di “Un medico in famiglia” sulla scena di un film girato a Martina; con Luisa Ranieri, Sabrina Ferilli e altri vip, per apprendere che aveva doti di mattatore, padrone del palcoscenico. Bastava ascoltarlo mentre declamava una sua poesia pregna di sana ironia, con quella sua gestualità naturale che faceva scoppiare l’applauso. Quante volte ho ascoltato i suoi versi, godendo o commuovendomi. Quei versi spontanei, acqua di fonte che faceva gioire o lacrimare. L’ho ascoltato su una pedana collocata in una piazza, sotto il sole d’agosto, e tra le viti di un comune amico sulla via per Locorotondo. Tante sue composizioni erano traduzione lirica della realtà.
Grande Ben! Lo rivedo camminare in un budello del centro storico, impegnato a descrivere la sua città, i personaggi più rappresentativi di un passato non tanto recente, davanti a una telecamera di “Martina Chanell”, con quella sua voce che ti entrava subito dentro e con quel suo passo caratteristico, con quella sua espressione da prete di campagna che dispensa la buona parola. No, Ben non se n’è andato: i talenti non se ne vanno, ma restano nel cuore di chi li ha amati e apprezzati. Tante cose imporranno il ricordo di Ben: la bicicletta che gli regalò il notaio Alfredo Aquaro, di “Villaggio in”, in un’edizione della passeggiata del plenilunio d’agosto, che mobilitava tutti gli innamorati della bici di Martina. Giunti a destinazione, di solito una masseria, Nico Blasi, di “Umanesimo della Pietra”, delineava la storia, le caratteristiche anche architettoniche, l’attività del luogo. Binomio tra cultura e sport.
Quante volte mi sono incontrato con Ben e quanta ricchezza mi ha trasmesso. Adoro il dialetto e il suo, con quei toni, quei suoni, quelle cadenze particolari mi affascinava. Lo ascoltavo inebriato. Ora lo rivedo in tante immagini: in piazza del Duomo a Milano con il professor Francesco Lenoci; nel salotto di Teresa Gentile, a Palazzo Recupero, a Martina, su un
Seguendo Francesco Lenoci, eccolo alla masseria “Il Cappotto”, di Gianpiero De Meo, a Laterza, in un pomeriggio in cui si glorificava il famoso pane di quel luogo. Gli chiesero di recitare una sua poesia e lui accontentò il pubblico con “Il capocollo”, suscitando allegria. A volte i versi li componeva all’impronta, per animare una compagnia, una serata, un incontro. Qualcuno su facebook ha postato un video in cui Ben alzava il calice per un brindisi. Ovunque ci fosse lui era una festa. Vestiva elegante, con il farfallino, e aveva modi gentili, da gran signore.
Ci telefonavamo spesso, io a Milano e lui a Martina. E se gli chiedevo una foto, dopo due secondi quella foto era su “whatsApp”. Ha avuto una vita intensa. Fu anche il primo fotografo del Festival della Valle d’Itria, ai tempi di Alessandro Caroli, puntando l’obiettivo su cantanti celebri, orchestrali, manager; e non se n’è mai vantato. Come non si è mai incensato per essere stato il primo fotografo della città, figlio di Eugenio, maestro dell’arte fotografica a sua volta. Le immagini di Ben sono apparse in quotidiani, riviste, libri, calendari, manifesti…
Non parlava mai di sé, se non nelle interviste che gli venivano proposte. Dai giornali e dalle televisioni. Luca Pastore, della Masseria Chiancone, ha postato i suoi calendari. Io ero presente alla presentazione di una di queste opere con foto di forni a legna, cestai, calzolai con il deschetto, calderai… vissuti in un altro mondo. La manifestazione fu organizzata a Palazzo Ducale dal solito Elio Greco, dinamico, volitivo e sempre attento ai valori della sua città. Non c’è più nemmeno lui e il suo scettro è passato alla figlia Cinzia, che tiene aperto il cantiere messo in piedi dal padre.
Penso a Ben e mi vengono in mente le figurine dei primi del ‘900; “il ciclista” di Mario Sironi; “Dinamismo di un ciclista” di Umberto Boccioni; “Famiglia in bicicletta” di Ernesto Treccani; la bici di Giovanni Guareschi e quella di don Camillo… La bicicletta era svago, mezzo di locomozione, libertà, velocità per Benvenuto Messia, che si accodava al Giro d’Italia quando passava da Martina Franca. Non lo faceva soltanto lui. Lui era un personaggio di spicco e si notava subito. E’ andato in sella quasi fino agli ultimi giorni della sua vita.
Un presentatore tivù ha fatto un servizio sullo stradone, nel punto in cui fino a poco tempo fa c’era una bancarella con palloncini, arachidi, nocelle, castagne del prete: un punto caro a Benvenuto, che aveva lo studio nella vicina via Ceglie, subito dopo la villa. Ha fatto quindi ascoltare ai concittadini fermi vicino al bar-tabacchi alcuni brani della vita di Ben. “Rinverdisco questi ricordi da qui, perché questo era un punto caro a Benvenuto, che aveva lo studio a un tiro di fionda, lì, di fronte”.
Una vita casa, bottega e società. Qualcuno ripercorrerà gli itinerari di Benvenuto, anche nel centro storico, nella sua pace, tra bassi e “’nchiostre”, fontanelle ancora attive, vecchietti seduti sull’uscio, piccole chiese, qualche negozietto, un banchetto con noci e limoni e prezzemolo in vendita davanti a casa, le voci dei bimbi. Quei vicoli Benvenuto li attraversava pedalando, qualche piccola sosta e qualche scatto a una finestra imbandierata di fiori, a una porta socchiusa che libera odori di cucina, a un terrazzo con i panni stesi, a un vicolo inclinato con il picchiettare dell’acqua nelle giornate di pioggia. Migliaia e migliaia sono le immagini nel suo archivio. Di questa Martina meravigliosa, descritta da Cesare Brandi, cantata da poeti delicati come lui; goduta da consacrati registi come Pier Luigi Pizzi che osservava Martina andando con il naso all’insù, come diceva, per vedere i balconi spanciati. Anche quelli ha ritratto Ben, con passione.