Salute, Cecchi (Aicarm): “Diagnosi cardiomiopatia ipertrofica momento difficile” ‘La buona notizia è che presto avremo in Italia trattamenti che permettono di ridurre i sintomi della malattia, tra cui palpitazioni e fatica nel salire le scale’

Roma, 17 nov. (Adnkronos Salute) – “Il primo problema che un paziente con cardiomiopatia ipertrofica deve affrontare è spesso la diagnosi. Quando arriva, scatena un momento di paura: è comprensibile, perché la persona cerca informazioni online e si imbatte subito nelle possibili complicanze della malattia. Inoltre, viene informata del fatto che la cardiomiopatia può avere una componente genetica familiare. Questo genera ulteriore preoccupazione, non solo per sé stessi ma anche per i propri figli”. Così all’Adnkronos Salute, Franco Cecchi, presidente dell’Aicarm Aps (Associazione italiana cardiomiopatie), intervenuto oggi a Roma alla conferenza stampa di annuncio dell’approvazione di Aifa alla rimborsabilità di mavacamten per il trattamento della cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva (Cmio) sintomatica (classe II-III secondo la classificazione NYHA) in pazienti adulti nei quali la terapia standard risulta insufficiente.”A condurre alla diagnosi, però, sono quasi sempre i sintomi. I più comuni – ricorda Cecchi – riguardano la difficoltà nello svolgere sforzi anche moderati: fare le scale, per esempio, diventa faticoso. Altri pazienti lamentano palpitazioni, che possono essere semplici extrasistole ma anche aritmie più serie, come la fibrillazione atriale. C’è poi chi avverte un dolore toracico diverso da quello tipico dell’ischemia: un dolore più oppressivo, che dura più a lungo e che può comparire in qualsiasi momento, persino a riposo”. Questi disturbi “compromettono la qualità della vita. La buona notizia – sottolinea Cecchi – è che oggi disponiamo di una gamma di farmaci consolidati, a cui si aggiungeranno presto nuove terapie innovative anche in Italia. Questi trattamenti, come quello approvato da Aifa, permettono di migliorare in modo significativo la sopravvivenza, la qualità della vita e di ridurre proprio quei sintomi che hanno portato alla diagnosi”.

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