Ucraina: la guerra dei santi e dei ladri

Quando la storia si ripete, la prima volta è tragedia, la seconda è farsa. Nel caso dell’Ucraina, siamo alla commedia nera

Si dice che quando la storia si ripete, la prima volta è tragedia, la seconda è farsa. Nel caso dell’Ucraina, siamo alla commedia nera con finale da operetta: quella in cui i “paladini della libertà” finiscono sotto inchiesta per corruzione, mentre i loro sponsor occidentali fingono stupore, come se scoprire tangenti a Kiev fosse come trovare vodka in Siberia.

Sì, perché l’ennesimo scandalo non riguarda un oscuro funzionario locale o un colonnello con il vizio del cashmere, ma un certo Timur Mindich, stretto collaboratore di Sua Santità Volodymyr Zelensky, l’uomo che il mondo libero ci aveva venduto come un incrocio tra Churchill e Che Guevara, ma che a conti fatti assomiglia più a un Berlusconi in mimetica.

Mindich, dicono i media ucraini, sarebbe il supervisore delle politiche energetiche del presidente: tradotto, quello che decide chi si arricchisce con il gas e chi si congela. La NABU, l’agenzia anti-corruzione (una specie di Mani Pulite con meno giudici e più Kalashnikov), ha aperto un’inchiesta fiume: mille ore di registrazioni accumulate in quindici mesi di lavoro. Mille ore in cui, chissà, magari ogni tanto si sente anche il comico diventato presidente – quello che, ironia della sorte, aveva promesso di “ripulire” il Paese. Solo che a forza di ripulire, pare si sia tenuto qualcosa in tasca.

La guerra (e la borsa)

Zelensky, ricordiamolo, aveva provato a mettere il bavaglio alla NABU ponendola sotto la sua giurisdizione. Un po’ come se un premier italiano decidesse di comandare la Guardia di Finanza: una barzelletta da export. Il tentativo, però, è fallito. E ora l’inchiesta rischia di far saltare il banco, o meglio il bunker.

Nel frattempo, il Wall Street Journal – non esattamente la Pravda – ci racconta che il sabotaggio del Nord Stream 2 non sarebbe stato un mistero degno di un romanzo di Le Carré, ma un’operazione su ordine diretto di Zelensky, eseguita da Valeriy Zaluzhny, all’epoca comandante dell’esercito. L’uomo che oggi, ironia del destino, Washington accarezza come possibile sostituto del presidente scomodo.

Insomma, pare che in Ucraina la vera guerra non sia contro i russi, ma tra chi deve prendersi la sedia più calda del potere. E che, in tutto questo, la Cia abbia detto “no” al sabotaggio mentre i suoi amici di Londra facevano “sì” con l’occhiolino.

Un cortocircuito perfetto tra la geopolitica e la farsa: da un lato i democratici americani che giurano di “difendere la libertà”, dall’altro gli stessi che foraggiano un regime che arresta i dissidenti, censura la stampa, mobilita uomini rapiti per strada e ruba più soldi di quanti ne arrivino dagli aiuti.

La resa dei conti

Nel frattempo, la realtà sul campo non la racconta CNN ma Ted Snider su Antiwar: Pokrovsk è quasi caduta, l’80% è in mano russa, e il resto è un cimitero a cielo aperto. Le “tenaglie” – che nei titoli dei nostri giornali sono sempre “in difficoltà” – si stanno chiudendo come la cerniera lampo di una bara.

Eppure, a leggere Repubblica, “la situazione è difficile ma sotto controllo”. Certo: come il Titanic dopo l’iceberg.
Mentre i russi avanzano, l’Ucraina diserta. Letteralmente.
Oltre 110.000 soldati fuggiti solo nel 2025, quasi il 20% delle forze armate, e in totale oltre 300.000 dall’inizio della guerra.
Uomini presi con la forza, trascinati al fronte e poi spariti nel nulla. E noi, da bravi alleati, continuiamo a mandar loro armi, mentre a casa nostra tagliamo la sanità e le pensioni.

Gli utili idioti del fronte occidentale

Il tutto mentre il “partito della guerra” – quello che da due anni ci racconta che la pace sarebbe una resa e la resa una bestemmia – continua a sabotare qualsiasi tentativo di negoziato. Lo stesso partito che ha ridotto l’Europa a un magazzino di rottami militari Usa, con l’entusiasmo servile di chi non capisce di essere lo zerbino della Casa Bianca.

L’America, in fondo, ha già vinto: ha dissanguato la Russia quel tanto che basta, ha reso la Ue una colonia economica, ha ingrassato l’apparato militare-industriale e adesso può pure permettersi di cambiare il burattino a Kiev. Quando l’affare è fatto, il pupo si butta via.

E Zelensky, che nel frattempo si credeva Napoleone con la tuta verde, rischia di finire come tutti i personaggi da palcoscenico: inghiottito dal buio appena le luci si spengono.

Fine atto unico

L’Ucraina sta perdendo la guerra non solo contro la Russia, ma contro se stessa. Le diserzioni non sono codardia: sono il segnale che un popolo ha capito di essere carne da macello per interessi altrui.

E mentre i nostri giornaloni continueranno a titolare che “la resistenza continua” e che “Putin è in difficoltà”, qualcuno dovrebbe ricordare che la verità non muore mai sul campo di battaglia: muore in redazione.

Finché l’Occidente non troverà il coraggio di guardarsi allo specchio – e vedere, dietro la bandiera gialla e blu, il riflesso della propria ipocrisia – questa guerra continuerà a produrre solo due cose: morti e menzogne. E di entrambe, francamente, ne abbiamo già abbastanza.

 

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