Incentivi fiscali agli stranieri per trasferirsi in Sicilia, ma la Regione Sicilia ignora i suoi giovani.
La Sicilia rischia di diventare quel vecchio cortile abbandonato che qualcuno decide di affittare agli stranieri perché — boh — “più pulito, più curato, più redditizio”. Ma i ragazzini che ci sono nati? Quelli no: continuano a bussare a porte chiuse.
Vogliamo davvero chiamarla «politica di rilancio» l’idea di offrire sconti Irpef fino a 100 mila euro a chi non ha mai visto un tramonto su Taormina — mentre un ragazzo di Catania o di Messina fatica a trovare lavoro stabile?
Gli elementi positivi della misura
Dare un pacchetto fiscale (sconto IRPEF) può invogliare famiglie, professionisti o pensionati stranieri a stabilirsi in Sicilia — con ricadute su mercato immobiliare, consumo, domanda di servizi; in un territorio che soffre da decenni la fuga di popolazione, questo può essere un piccolo toccasana demografico.
Può inoltre rivelarsi uno stimolo all’economia territoriale: nuovi residenti significano nuovi consumatori, potenziale implosione di domanda per abitazioni, lavori di ristrutturazione, commercio, turismo — insomma, una possibilità concreta di rialzo del tessuto economico locale. E poi la questione della valorizzazione di aree spopolate: se le agevolazioni sono più forti per chi si trasferisce in comuni sotto 5.000 abitanti — come previsto — possono contribuire al ripopolamento dei borghi, rallentando il declino demografico e sociale.
Già adesso, la situazione mostra qualche segnale di miglioramento: secondo dati recenti, la regione ha registrato un aumento del numero di occupati — +3,0 % all’inizio del 2025 rispetto al periodo precedente.
E il tasso di occupazione si colloca oggi intorno al 62,2% (per la fascia 15–64 anni). Questo suggerisce che certe politiche — se ben calibrate — possono avere un impatto.
I rischi e i limiti — il grande punto debole
Tuttavia non possiamo ignorare che la Sicilia parte da una situazione difficile e strutturale: la disoccupazione di lunga durata alta, al 8% — tra le peggiori in Europa, con quella giovanile altissima; molti giovani restano NEET, senza studio né lavoro, senza prospettive concrete.
Un mercato del lavoro che spesso premia lavori instabili, stagionali, precari — turismo, lavori a termine, freelance — nulla che dia certezza per chi vuole costruire una vita stabile qui.
Ecco il nodo: incentivare nuovi arrivi senza mussare il sistema che tiene in piedi la regione — lavoro, formazione, infrastrutture — rischia di generare una sorta di “società parallela”.
Famiglie e giovani siciliani restano in bilico, con contratti deboli, stipendi bassi, senza prospettive reali. I nuovi residenti magari avranno casa, un reddito (o pensione), e vivranno da consumatori. Ma non faranno nulla per invertire le cause profonde dello spopolamento e del declino economico.
Cosa servirebbe davvero?
Una politica che punti davvero al futuro della Sicilia dovrebbe incentivare i giovani locali e i precari storici – con lavoro stabile, formazione, contratti dignitosi. Stabilizzare precari over-50, garantire tutele, valorizzare competenze.
Creare infrastrutture, servizi pubblici, reti territoriali – rendere la Sicilia un luogo attrattivo per chi vuole restare: trasporti, sanità, servizi sociali, digitalizzazione.Inoltre sarebbe utile sostenere l’imprenditoria locale, artigianato, agricoltura, cultura, turismo sostenibile – non come intervento spot, ma come strategia sistemica, con crediti, agevolazioni, formazione.
Infine bisognerebbe combattere disuguaglianze e marginalità – offrire supporto alle famiglie in difficoltà, social housing, accesso alla casa, ai servizi, vero welfare, e solo in un secondo momento: attrarre nuovi residenti — ma integrandoli in una Sicilia che funziona, che offre opportunità a tutti.
La misura del governo siciliano — con i suoi incentivi ai nuovi residenti stranieri — può avere senso come complemento. Ma da sola rischia di essere una scelta estetica, un’operazione di facciata.
Se la Sicilia crede davvero nel proprio futuro, deve investire prima su chi l’ha resa ciò che è — la gente già qui. Solo dopo potrà chiedere a “nuovi arrivi” di contribuire.
Altrimenti, rischiamo di trasformare l’Isola in una cartolina turistica: bella da vedere, piena di case gratuite per pensionati stranieri, ma vuota di speranze, lavoro e dignità per chi la Sicilia la porta nelle vene.