Successo per la personale dello scultore Jago, per la prima volta a Palazzo Bonaparte. Curata da Maria Teresa Benedetti, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione di Jago Art Studio.
“Mi considero un uomo e uno scultore del mio tempo. Utilizzo il marmo come materiale nobile legato alla tradizione ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo. Guardo a ciò che mi circonda, gli do forma e lo condivido”- A dichiararlo è Jago, lo scultore che fa arte senza mediazioni, con l’intento di dialogare con il mondo. Tra tradizione e innovazione, l’artista fonde con abilità straordinarie l’antica arte di Michelangelo interpretandola in chiave contemporanea. Jago è conosciuto anche come the Social Artist, per la sua capacità di utilizzare i canali di comunicazione più moderni. Attraverso dirette streaming, foto e video, l’artista racconta la genesi e il processo produttivo di ogni sua opera, riscuotendo grande successo fra i suoi numerosissimi followers e contribuendo alla diffusione dell’amore per l’arte.
Il materiale più utilizzato da Jago è il marmo. La sua grande abilità è proprio questa: essere in grado di lavorare un materiale classico e complesso. Le sue opere prendono letteralmente vita grazie ai dettagli minuziosi che l’artista sa scolpire, soprattutto quando va a ricreare in modo straordinariamente realistico le rughe del volto e le pieghe della pelle.
Pietà(2021)
In una delle sue opere più significative, “Pietà”, Jago riprende la composizione piramidale Michelangiolesca dandone un nuovo significato: il volto straziato del padre sembra somigliare all’artista, che diventa emblema dell’umana sofferenza. Ad emergere è il dolore, nella sua essenza assoluta e nella sua drammatica intensità. La scultura è ispirata ad una fotografia scattata da Manu Brabo, che immortala un padre che raccoglie il corpo esamine del figlio durante la guerra in Siria.
La caducità dell’essere umano si ritrova in «Habemus Hominem», iniziata nel 2009, quando Jago era un giovane ragazzo di 22 anni. Inizialmente, la scultura rappresentava il Papa Benedetto XVI, finché nel 2013 egli non abdicò. A quel punto, Jago riprese a scolpire, colpo dopo colpo spogliò il busto del Papa dalla mantella e ne ricavò un anziano indebolito, fragile e segnato dalle rughe: Joseph Ratzinger.
Rappresentazione perfetta delle ragioni che portarono il più discusso tra gli ultimi pontefici ad assumere la decisione tanto rivoluzionaria, quanto umanamente comprensibile, di ritirarsi dalla sua carica.
Girando attorno al busto dell’ex pontefice, sembrerà che i suoi occhi seguano il visitatore: è lo sguardo acuto di un uomo che si aspetta il giudizio della storia. L’interazione fra opera e spettatore diventa così un elemento cardine del messaggio artistico di Jago.
Habemus Homine(2009/2016)
Le sculture di Jago sono in stretta relazione anche con la città. Come nel caso di “Pietà” e “Il Figlio Velato”, esposte in sale con alle spalle Piazza Venezia e l’Altare della Patria.
Una mostra molto attuale e fortemente simbolica, Jago The Exhibition è sicuramente da vedere.