Di Pierfranco Bruni
Iniziano liturgicamente e sul piano culturale le Celebrazioni di San Francesco d’Assisi. Ottocento anni dalla morte. Storia Fede Antropologia e Cultura per un Santo che è un riferimento identitario della religiosità popolare. Francesco è il Rito ma anche l’incontro tra Occidente e Oriente.
È un cammino antico. Mi accompagna con il meditare del vento sulle cime del Subasio. Una nebbia sottile tra fili di pioggia che sono un raccontare indelebile. Non esiste il perduto. Gli oranti del deserto sono intorno al mio cuore. Giotto e Cimabue hanno l’Occidente e l’Oriente nei colori del vento e il Crocefisso non è un attraversamento ma la consapevolezza del mistero.
La Ragione è un’invenzione. La Santità un religioso destino. Coordinate che trovano nel confronto tra i popoli una chiave di lettura importante soprattutto tra le Genti dell’Occidente e le Genti degli Orienti. Un messaggio che richiama chiaramente un messaggio paolino della ri-conciliazione.
Era il 29 Ottobre del 1979. Assisi. Chiesa di San Francesco d’Assisi. Una maestosità d’animo nella spiritualità. L’altare con la tomba di Francesco. La mia storia con il Santo d’Assisi nasce nella storia della mia famiglia. Una preghiera costante. Una religiosità di devozionalità nella preghiera.
Tutto ha un incipit però con San Francesco di Paola. Le radici sono incisi nel Paolotto. Quelle di mio padre. Quelle di mia madre. La devozione non ha smesso di toccare il cuore con il manto della Madonna del Rosario alla quale mia madre e mia sorella si sono sempre affifate.
La mia famiglia è nata nella cristianità di tre figure del Mistero e della Misericordia: il Santo di Paola, il Santo di Assisi, la Madonna di Pompei. Un viaggio nella fedeltà carismatica della Fede. Il mio nella visione del mistico che crede che l’eresia della santità è non cercare la salvezza e attrazione e tentazione di salvezza.
Assisi. Dunque. Io e la mia Rosaria, insieme da sempre, ci siamo sposati ad Assisi. Rosaria era la bellezza del sorriso. Oggi ha la bellezza della pazienza e il dono dell’accoglienza benedicente. Ero molto giovane. Appena laureato decidemmo di sposarci. Ad Assisi. Da San Francesco.
Posso dire oggi che organizzai tutro io. Da Roma presi il pullman e mi recai ad Assisi. Appunto in quell’abbraccio francescano. Non mi chiesi come si può organizzare un matrimonio. Andai. Non partii. La vista di quello spazio mi inebriò subito. Giotto. Il canto. Il Cantico. La scaletta verso dove riposava Francesco. Il lungo rosario che mi fu regalato da un frate. Bussai a una porta fuori dalla chiesa. Mi aprì la gaiezza di un frate e mi accolse subito con la grazie dell’amore. Esposi il fatto che ci saremmo dovuti sposare e il desiderio era quello di celebrare messa ai piedi di Francesco. Mi accolse. Mi accettò subito. Subito fissammo la data.
Lunedì 29 ottobre. Non ci fu alcun problema. Decisi titto da solo. Una semplicità che pur a quella mia età ventenne, appena laureato, fu sorprendente. Parlo del 1979. Un’epoca fa. Dopo immediatamente decisi altro. Tutto ad Assisi. Il pranzo al Subasio. Subasio! Un nome un monte una preghiera. Le gerbere. I fiori di Rosaria. Un ordine impeccabile. La vita deve essere impeccabile per non perdere il senso e gli orizzonti. Compresi che la parola e lo sguardo sono un viaggio tra l’infinito e il mistero.
In una mattinata avevo organizzato tutto. Non io. Certamente la volontà orante di Francesco. Come avrei potuto io senza di Lui? Persino decisi il menù. Io? No. Senza la Sua presenza in me e accanto a me. Ritornai sempre in pullman a Roma. Tutto stabilito. Era il mese di giugno. Ancora non lavoravo. Una settimana prima del matrimonio mi giunse la nomina come assistente archeologo nel ministero dei beni culturali.
L’incipit di tutto fu Assisi. Ma con Assisi c’era il taumaturgo di Paola e con entrambi c’era il Rosario di Maria. Una storia che non ha mai smesso di abituarmi. Mi abita sempre. Con l’oro però un’altra figura mistica. Una grandiosa figura: Sant’Antonio di Padova. Mia madre mi ha sempre raccontato di Sant’Antonio e del santuario di Terranova da Sibari. Mia madre si era fermata in quel Santuario. Mia nonna era la devozione di Antonio.
Donne di fede. Donne nella umiltà del popolare. Donne che non si sono poste domande ma hanno vissuto la preghiera con Grazia e Delizia. Il tempo passa. La memoria resta. Nulla va perduto. Anche se spesso penso che si possa dimenticare c’è sempre la Memoria che stabilisce riconciliazioni.
Sono tornato spesso ad Assisi. Ci torno spesso. Non ci sono emozioni. Avverto sempre il tempo dello spazio e l’immenso tempo della pazienza. Non riesco più a separare queste figure del Destino pur accogliendo i riti e le liturgie con una lettura anche antroplogica.
La Santità non è il sublime. È il mistico viaggio tra il silenzio il deserto e la preghiera. La preghiera di notte è un dono che non mi ha mai abbandonato: Oh Maria concepita senza peccato prega per noi …”. Ma cos’è il peccato? Non credo alla peccato. Credo al Rosario. Lo porto sempre con me.
Dunque. Francesco! È un legame inscindibile. Con il Santo di Paola, la mia giuda, con Antonio che mi riporta a mia madre e alla nonna, con la Madonna di Pompei che mi lega a mia sorella. La preghiera è un Canto anzi un Cantico: “Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare”. La storia è cronaca che ricostruisce i giorni. Il Mistero è una Lode: “Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà”.
Il mio San Francesco è un cammino inevitabile nel mistico Pensiero dell’Aurora.
Ritornerò ad Assisi. La Rivelazione è la Luce nel bosco. È qui che le Fedi si intrecciano e le culture tra Occidente e Oriente possono diventare un dialogante incontro.
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