La cantina protagonista di questa storia è apparsa ai miei occhi quasi come una cattedrale che svetta sopra una collina, un Sacré-Cœur sardo. La strada che ci separa da essa è lunga qualche chilometro e la vista si perde nei colori della Marmilla. Le sue rotondità e il silenzio che le avvolge rendono l’arrivo in cima quasi mistico, complice anche il vento che soffia costantemente in questi luoghi, producendo una sorta di interferenza: un rumore bianco che non stona in alcun modo con il paesaggio.
La Marmilla è un’area collinare molto antica, situata nella provincia di Oristano. Questo territorio è caratterizzato dalla presenza di sabbia e limo, marmo e calcare, ma l’elemento che forse fa da protagonista è il sale, minerale capace di regalare importanti livelli di sapidità. Questa peculiarità è ulteriormente accentuata dal vento che, non solo allontana l’umidità, ma rafforza anche la salinità. Ed è proprio questo alleato, non a caso, a dare il nome all’azienda.
Questa regione, in passato, custodiva una grande tradizione vitivinicola e, con i suoi 2.500 ettari, rappresentava la maggior
parte della produzione enologica dell’intera Sardegna. Tuttavia, nel tentativo di stimolare l’attecchimento di un vero tessuto industriale, le istituzioni avviarono una politica di espianti aggressiva, finanziata dall’Unione europea, che in breve tempo portò la zona a svuotarsi della maggior parte dei vigneti.
In degustazione abbiamo messo a confronto due bottiglie totalmente antitetiche, ma capaci, proprio nella loro diversità, di stimolare sensazioni intense. Si tratta di Su’ Imari e di Su’ Aro: da un lato, un Vermentino di Sardegna DOC fresco, pungente, dal sapore deciso, che ricorda una natura pronta a sbocciare in primavera; dall’altro, un blend in bottiglia di nasco, moscato e chardonnay, che irrompe come l’estate, con note di frutta tropicale e un colore più caldo, dai riflessi dorati. In questo chiasmo di gusto, consiglio di accompagnare il Vermentino con la mortadella al mirto e miele, anch’essa prodotta in famiglia: il risultato è un perfetto bilanciamento tra la nota grassa e la sapidità naturale del vino.
Se si parla di vino di Sardegna, non può mancare il Cannonau, che qui troviamo in purezza, senza l’aggiunta di quel 10% di altre uve consentito dal disciplinare. Su’ Anima è frutto, ancora una volta, di una scelta coraggiosa ed esprime un colore tenue, insolito per il Cannonau nell’immaginario comune. La vinificazione è breve e solo in acciaio: un vino caratterizzato da sentori fruttati molto intensi e da un tannino poco marcato. La sua amabilità lo rende una buona scelta per l’aperitivo, accompagnato anche soltanto da qualche foglio di pane carasau condito con olio e origano. Decisamente più intenso è invece Su’ Nico, che ha come protagonista l’uva Bovale, rimasta a lungo confinata nell’anonimato. La sua carica polifenolica è elevata e regala un rosso rubino intenso con riflessi violacei e tannino più presente. In questo caso, oltre alla fermentazione in acciaio, c’è un passaggio di dodici mesi in botte che dona maggiore rotondità. Il suo carattere deciso si sposa bene con i formaggi di Argiolas, che ci accompagnano nella degustazione.
Ciò che resta al termine del bicchiere è un velo di freschezza: non solo nei profumi e al palato, ma qualcosa di più persistente che risuona anche nelle parole di chi racconta Su’Entu. È la stessa sensazione che si prova sulla cima di queste colline, dove la melodia del vento si ripete costantemente. Così risuona il fruscio delle idee: giovani, fresche, sempre orientate al futuro e pronte ad affrontare le sfide del domani, prima fra tutte l’aumento costante delle temperature e la scarsità d’acqua che ormai caratterizzano questa regione.