Home Economia Proposta di legge del 6.8.2018. “Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 mensili” di L.Gianfico

Proposta di legge del 6.8.2018. “Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.500 mensili” di L.Gianfico

Luigi Gianfico

La proposta di legge n. 1071 mira, in buona sostanza, a pervenire ad una riduzione di tutti quei trattamenti pensionistici di importo pari o superiori alla soglia reddituale di 90,000 euro lordi annui. A tal fine viene applicato in modo retroattivo, dal 1974 sino al 31.12.2018 (come da tabella A allegata alla proposta), in funzione dell’entrata in vigore l’1.1.2019 del limite di età di anni 67 per accedere al pensionamento di vecchiaia, un meccanismo di calcolo basato su di un rapporto tra il coefficiente di trasformazione relativo alla effettiva età dell’interessato al momento del pensionamento e quello di un’età molto più elevata che arriva sino ad anni 66 e 7 mesi. I limiti d’età fanno riferimento a quelli stabiliti dall’art.24 c.6 della legge 22.12.2011 n. 214 (cd legge “Fornero”) per l’accesso al pensionamento di vecchiaia.

A tal riguardo occorre preliminarmente rilevare che la stessa legge “Fornero”, all’art. 24 c. 18, teneva conto delle “obiettive peculiarità ed esigenze di taluni settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti”, tra cui il comparto sicurezza/difesa e vigili del fuoco, stabilendo l’adozione di “misure di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico”. Da ciò derivava il dpr 28.10.2013 n. 157 entrato in vigore il 17.01.2014, che, pur dettando una disciplina ad hoc per talune categorie lavorative esposte ad attività usuranti, non menzionava il comparto in esame, lasciando inalterato l’impianto normativo previsto dagli speciali, rispettivi ordinamenti. Peraltro, anche la normativa concernete gli adeguamenti alla cd aspettativa di vita non veniva applicata al comparto, ma continuava ad essere rispettata l’età massima prevista dagli ordinamenti speciali per il pensionamento di vecchiaia, a condizione che, al compimento del citato limite d’età, fossero stati soddisfatti i requisiti per il diritto a pensione (ovvero quella anticipata).

Orbene, dalla proposta di legge non emerge alcun riferimento che tenga conto delle predette particolari categorie di lavoratori sottoposte a speciali normative, le quali stabiliscono diversi ed inferiori limiti d’età per il pensionamento in relazione alla tipologia delle funzioni esercitate e delle usuranti attività lavorative svolte, quali quelle degli appartenenti al comparto sicurezza/difesa e soccorso pubblico.

In merito si evidenzia come il legislatore abbia, invece, già riconosciuto la specificità del ruolo delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, stabilendo con l’art. 19 della legge 4.11.2010 n. 183 che la “tutela economica, pensionistica e previdenziale” del comparto viene definita da apposita disciplina legislativa, “in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

Pertanto, in virtù di ordinamenti speciali, tale personale, è tenuto ad osservare limiti di età inferiori per l’accesso alla pensione, fissati quale tetto massimo di permanenza in servizio, senza alcuna eccezione.

Tali diversi limiti di età (d. lgs. 30.04.1997, n. 165 ex delega di cui all’art. 2, c. 23 L. 8.08.1995, n. 335 e art. 13 d.lgs 334/’00) che si attestano sui 60 anni, con limitati casi di 63 e 65 anni, appaiono ingiustamente presi di mira da una iniqua penalizzazione, ancor più discriminatoria rispetto ai più elevati limiti di età ordinari vigenti per altre categorie di lavoratori, in quanto più si discosta l’età indicata dalla proposta di legge rispetto a quella del ritiro dell’interessato e maggiore sarà la decurtazione del trattamento pensionistico, con effetti parimenti discriminatori tra pari qualifica, solo in funzione del progressivo più alto limite d’età attribuito per il pensionamento.

Nella proposta di legge non è neanche dato rilevare un benché minimo accenno ad un altro fattore di primaria importanza nel contesto del rapporto di lavoro, determinato dalla sua durata. Infatti la norma, così concepita, nel fissare un’età per il pensionamento, come detto sino a 66 anni e 7 mesi, comporta per il personale in argomento una conseguenza paradossale, dovuta alla “sanzione” per aver dovuto osservare ben inferiori limiti di età previsti ope legis. Limiti, del resto, tuttora vigenti, pur avendo maturato, come avviene prevalentemente, un lungo periodo di servizio, con esborso dei relativi contributi, che può arrivare anche oltre i 45 anni, periodo che può risultare superiore a quello di altre categorie di lavoratori con un limite ordinamentale di anni 70, ma con un ipotetico accesso al servizio più tardo e conseguenti minori contributi.

Nulla traspare, poi, circa un reale ricalcolo degli effettivi contributi versati nel corso della carriera lavorativa che, come già osservato, possono costituire un consistente monte contributivo in funzione del lungo rapporto di servizio che normalmente caratterizza il rapporto di lavoro degli appartenenti al comparto in questione.

Quanto alle esclusioni dall’applicazione delle disposizioni in esame, l’art. 6 si riferisce oltre che ai trattamenti riconosciuti a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche, di cui alla Legge n° 466/1980, anche ai trattamenti/pensioni di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984 n. 222. Al riguardo si ritiene che possano rientrare nelle esclusioni anche i trattamenti economici previsti dal t.u. nr. 1092 del 29.12.1973, in funzione della menomazione dell’integrità personale subita a causa di infermità o lesioni di natura inabilitante per fatti di servizio e riconosciute ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella “A” annessa al D.P.R. 834/81.

Ciò premesso, si delinea un iniquo tipo di intervento normativo in materia pensionistica che vìola la specificità riconosciuta dallo stesso legislatore al comparto sicurezza/difesa e soccorso pubblico ed il relativo principio “lex specialis derogat generali”, con anomali effetti retroattivi ed in violazione dei principi costituzionalmente rilevanti, quali il carattere transitorio, non arbitrario e non discriminatorio delle misure legislative adottate, nonché il maturato affidamento, che non potrà non determinare un forte dissenso e conseguenti forme di reazione.

(Dr. Luigi Gianfico)

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