Home Vino e Gastronomia ‘Nun c’è trippa pe’ gatti’ un light-motif?!

Tra le tante vie e meandri di cui la Capitale d’Italia è piena, ve n’è una dedicata ad un giovane Aristocratico nato a Genova ma di Famiglia di Nobiltà Cagliaritana:Don Goffredo Mameli de’Mannelli Patrizio di Cagliari e di Rocca Contrada, figlio del Contrammiraglio della Marina Reale Sarda Don Giorgio Mameli de’MannelliPatrizio di Cagliari e di Rocca Contrada · Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro · Croce dell’Ordine Militare di Savoia (Deputato alla II, III e V Legislatura) e della Marchesa Adelaide Zoagli degli Antichi Patrizi Genovesi, che diedero due Dogi alla Repubblica di Genova. è casuale il fatto che la detta via si trovi a scendere dal Gianicolo, colle dove il giovane Don Goffredo ha dato vita al Suo !- con l’ esempio delle parole dell’Inno della Patria da Lui composto, spargendo così il Suo sangue e lasciando questa vita in un ospedale in seguito alle ferite riportate(6 Luglio 1849). Un fatto ancora emblematico da ricordare, e per il quale il Cortese Lettore vorra’ carinamente ancora pazientare, in una Roma allora occupata dai Francesi il Contrammiraglio Don Giorgio Mameli de’Mannelli si andò a precipitare. Aveva questi appreso delle gravi ferite inferte a Don Goffredo sul Gianicolo accorrendo nell’Urbe per riabbracciare il Figlio del quale nel frattempo la vita era andata a spegnersi. Così che la Sciabola del Figlio il Padre andò a reclamare. Essa era la stessa con la quale a Tripoli si era dato gran lustro tra il 27 ed il 28 Settembre del 1825. Dinnanzi al Generale Francese Comandante, si trovò a rivendicare il cimelio d’Onore che univa il Figlio col Padre, e nonostante l’iniziale stolto nonchè scortese rifiuto, la preziossissima Sciabola riottenne. Facendone valere la legittima proprietà di Generale, Don Giorgio, a volerLo vedere in un ideale sonetto di Trilussa (Carlo Alberto Sallustri) avrebbe chiuso la scena rivolgendosi al Generale Francese: “nun c’è trippa pe’ gatti”! Certo questo sonetto non è mai stato scritto, diversamente dai fatti storici riportati, e la battuta all’epoca degli avvenimenti era ancora lontana dal divenire un modo di dire proprio della tradizione romanesca. Lo diventerà solo in seguito alla circostanza che il Sindaco di Roma Ernesto Nathan Gran Maestro della Loggia Massonica del Grande Oriente d’Italia, cancellerà agli inizi del XX secolo la voce di bilancio -trippa per gatti- che garantiva ai felini romani la proliferazione con l’idea di contrastare i roditori, rappresentando però un’onerosa voce di bilancio in tempi economicamente difficili.

E così tornando alla Via che a Don Goffredo Mameli de’Mannelli Patrizio di Cagliari e di Rocca Contrada è dedicata, si è fatta l’ora di farsi una mangiata. Sta di fatto che ad inizio del 2020 abbiamo una Osteria che alla trippa si è dedicata a profusione e per i gatti proprio non ce n’è!

Scendendo dal Gianicolo al civico 15 v’è quest’Osteria,in una parte più defilata e lontana dalla più trafficata e frequentata parte di Trastevere. Ampio lo spazio lasciato alle vetrate per dar ingresso alla luce, colori chiari e scuri nettamente tra loro divisi fanno da contorno scenico. Le bottiglie di vino ordinate in fila fanno anche parte integrante dell’arredamento, insieme a grandi damigiane di vetro che richiamano ai tempi del vino sfusoimperante nelle Hostarie romane. Non convince la scelta della tipologia di calici per il vino una forma più versatile e propria della coppa valorizza ciò che viene in esso versato.

L’ambiente risulta ad ogni modo gradevole e le richiamate damigiane ben si sposano con la nota scura presente nell’ambiente. Il servizio è in linea con il luogo ma non eccelle.

La Carta, fedele al nome dell’Osteria propone profuse varianti in tema di trippa: Trippa Fritta – Trippa alla Romana con Pecorino – Trippa in umido con fagioli – Tonnarello al Ragù di Trippa (con menta e limone, pomodori confit e ricotta salata): insomma per gli amanti del genere c’è di che saziarsi. Ma il menù non rimane monotematico lasciando saggiamente spazio anche ad altre tipicità della cucina romana, in una rivisitazione non troppo eccessiva.

L’impostazione della cucina è a suo modo chiara, soprattutto nei primi rinuncia al classico Bucatino nell’Amatricina a favore dello Spagettone, ma non tocca saggiamente il Tonnarello per la Cacio e Pepe. C’è anche lo spazio per i Maltagliati pesto di Broccolo Nocciola della Tuscia e Pecorino Romano, ed anche una Zuppa della casa. Nei secondi una insolita ma piacevole presenza: le Lumache lumache con renette aromatiche: . da Da provare. Non mancano un altro classico della cucina romana, l’abbacchio l’abbacchio (agnellino da latte) alla cacciatora con le convenevoli patate, i Fagioli con le Cotiche e le Salsicce. Il Baccalà alla trasteverina, il Coniglio alle erbette aromatiche e pomodori confit. Le Polpette di bollito con salsa verde e misto di campo, sono gradevoli e ben studiate ma non esaltanti. La Carta ci offre anche due secondi piatti alla griglia, una ormai onnipresente Tagliata di Manzo con patate e Costine di maiale al miele con erbe aromatiche e patate al forno.

L’immancabile Cicoria ripassata, che è sempre un bel marchio indelebile di romanità, le Patate al forno ed un misto di campo ripassato che da un tono di rivisitazione ai contorni.

Da segnalare il Picchiapò ed una interpretazione di Rigatoni alla carbonara che non lasciano indifferenti. Sui vini si fa notare la presenza di un bianco dell’Imperatore: un Viognier della Cantina Imperatori, tutto un po’ spostato sul Lazio così come la non certo deprecabile scelta di prodotti laziali anche nella preparazione dei piatti. Pur cogliendone la bontà dell’intenzione, il bisogno di vini non laziali tra quelli proposti è una assoluta necessità: da rivedere. I dessert non sono un punto di forza, si può fare qualcosina in più. Sui vini da dessert bene l’idea del poco ma buono che con qualche evoluzione nel tempo potrebbe diventareuna gradevole conferma, ma la nota fuori posto è la temperatura ambiente di servizio che rischia veramente di diventare una buccia di banana nel posto sbagliato. I distillati sono un punto d’inciampo ma è un problema di prospettiva. Da rielaborare. Sul tema Liquori farebbe piacere trovare almeno un paio di prodotti di spicco come la Sambuca Agreste di Leandri che non ha confronto con prodotti più conosciuti. Un suggerimento:La Madame Alessandra Ruggeri (gioiosa Proprietaria) tiene le redini di questo luogo in una via che dal nome porta responsabilità, in questo caso culinarie, ed a Roma col cibo bisogna esse seri! Comunque è da visitare.

Nel primo mese dell’Anno Nuovo l’Augurio che sia Buono e Felice per ciascuno di Voi anche alla luce dell’inizio di quello del Calendario Cinese che ci vede alle prese con il roditore.


L’Osteria della Trippa

Via Goffredo Mameli 15, Roma

Tel. +39065554475

www.losteriadella trippa.it

Ambiente: 7

Servizio: 6

Cucina: 7

Vini: 6 e mezzo

Distillati e Liquori: 5

Caffè: 7

Voto finale: 7 e mezzo

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