Home Esteri Il problema del Libano non è il COVID-19

Il problema del Libano non è il COVID-19

Francesco Mazzarella

La cultura del profitto e dello sfruttamento si trasforma in guerra civile

Nell’intero paese proseguono le manifestazioni di piazza, da Beirut a Tripoli dove ieri ha perso la vita un giovane, e sono state ferite decine di persone. I cittadini, stanchi e messi alle corde, denunciano il crollo record della valuta nazionale e la crescita esponenziale dell’inflazione. Tutto ciò mentre è in corso la pandemia di Covid-19.

Con il trascorrere del tempo in Libano le proteste in piazza aumentano, sia di numero che di intensità, un morto e decine di ferite solo dall’inizio di questa settimana.

Aveva 26 anni il giovane che ha perso la vita martedì scorso a Tripoli, città che in queste ultime ore si è trasformata nell’epicentro della protesta, dove centinaia di persone hanno saccheggiato una decina di banche, incendiando anche due veicoli militari.

Ma gli scontri si sono registrati anche in altri comuni a partire dalla capitale Beirut, in cui un centinaio di persone ha marciato nel distretto di Hamra, dove si trova il quartier generale della Banca centrale. Nel sud del paese, a Saida, sono stati lanciati ordigni contro la filiale locale della Banca centrale.

Il Libano, da qualche anno, sta attraversando una crisi economica che non ha precedenti, che ha radici profonde sin dalla fine della guerra civile. Un coinvolgimento popolare iniziato già lo scorso autunno, che piano piano è divenuto particolarmente violento. Nel frattempo, circa tre mesi fa, nel Paese è cambiato l’Esecutivo. I cittadini accusano la classe politica di corruzione ed incompetenza, i soldi per le spese pubbliche e per la gestione del paese sono spariti nei meandri della burocrazia (e non solo), nel mirino dei manifestanti, ormai giunti al limite, sono finite anche le banche. La valuta nazionale ha registrato un crollo record, mentre l’inflazione cresce ad un ritmo insostenibile, con un impoverimento generale della popolazione libanese: quasi un cittadino su due – la percentuale si aggira intorno ai 45 punti – si trova sotto la soglia di povertà.

Il neo primo ministro Hassan Diab ha riconosciuto “un peggioramento della crisi sociale”, sottolineando come essa acceleri “ad una velocità record”, riferendosi sia al crollo della valuta che alla crescita dell’inflazione. Diab ha aggiunto che “comprende il grido del popolo”, messo a dura prova da una povertà che ha già colpito quasi la metà dei libanesi, ma ha anche fermamente condannato le manifestazioni violente e gli episodi di vandalismo, respingendole senza appello e denunciando, inoltre, delle “intenzioni malvagie dietro a tutto questo”, sembra ricordare gli attacchi ai supermercati e le provocazioni alla rivolta avvenuti in questo periodo in alcune città italiane.

Raoul Nehmé, ministro dell’Economia, ha ammesso che i prezzi in Libano sono aumentati come mai prima d’ora, facendo registrare un drammatico +55%.

Nel frattempo, arriva anche la pandemia: in Libano, numeri alla mano, il Covid-19 non ha al momento causato un disastro paragonabile a quello di altri Paesi, ma la pressione sul sistema sanitario è notevole, così come i timori per i prossimi mesi. Oltre 700 i casi ufficiali, 24 le vittime e circa 150 le persone ricoverate. Tra i tanti soggetti impegnati in questa emergenza c’è anche Save the Children, l’organizzazione non governativa internazionale che si occupa di minori a rischio. Martedì scorso, in un comunicato, ha reso noto che sta “provvedendo alla ristrutturazione di nove edifici abbandonati da poter essere utilizzati come centri di isolamento”. L’organizzazione afferma inoltre di essere impegnata nella trasformazione di tende vuote presenti negli insediamenti di rifugiati nella Bekaa in unità di isolamento, per far sì che i pazienti possano auto-isolarsi all’interno dei campi. “In questo modo – ha affermato Jad Sakr, direttore di Save the Children in Libano – gli adulti possono rimanere vicini alla propria famiglia, soprattutto se sono i soli a prendersi cura di diversi bambini”.

Anche la Caritas Libano è protagonista degli aiuti alla popolazione. Sono circa duemila le persone impegnate a fornire sostegno, distribuendo viveri e medicinali in ogni regione del Paese. Inoltre, è stato realizzato un numero per telefonare in caso di emergenza e nelle prime settimane sono oltre 30mila le chiamate arrivate alla Caritas. Stando ai dati resi noti dal direttore padre Michel Abboud, sono almeno 12mila le famiglie che necessitano di assistenza per sopravvivere. Per rispondere a tale domanda l’impegno della Caritas è totale e si sta facendo tutto il possibile in un momento tragico per il Paese, alle prese anche con l’emergenza coronavirus. Bisognerebbe riflettere su quale mondo abbiamo costruito, quale società abbiamo creato, questa pandemia dovrebbe farci aprire gli occhi che non ha alcun senso guardare il proprio orticello, o alzare muri per proteggerlo. Il Sistema Mondo, le “relazioni” tra nazioni, devono divenire il punto centrale di una politica ed una economia più attenta, o meglio, più centrata sul bene comune che su facili, ed inutili, profitti.

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