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Quando Gervaso scrisse gli aforismi delle spie

Sara Piccolella

Ironico, colto e con l’immancabile papillon. Ma soprattutto scrittore di pagine bellissime e aforismi capaci di dipingere mondi. Sarà ricordato così Roberto Gervaso, scomparso lo scorso 2 giugno a Milano (era nato a Roma, il 9 luglio 1937). Autore di numerose biografie, ha collaborato a lungo con Indro Montanelli, soprattutto per i primi volumi della Storia d’Italia, quelli che vanno dal Medioevo al Settecento. Tra i suoi più grandi successi, anche la biografia Cagliostro (Rizzoli), con cui vinse il premio Bancarella nel 1973. Molti i personaggi incrociati nel suo lungo percorso di divulgatore storico, da Nerone a Claretta, dalla monaca di Monza a Casanova.

Ma la sua vena ironica spiccava soprattutto negli aforismi. Il grillo parlante alla corte di Montanelli ne ha scritti migliaia; uno dei libri più riusciti è sicuramente Aforismi sull’intelligence e 3 racconti brevi (editore Nuova Argos, illustrazioni di Niccolò Piccolomini, 2016, www.dddsrl.it/), un gioiello di raffinata cultura fortemente voluto dal Generale Gianfranco Linzi, Direttore di Gnosis, la grande Rivista dell’Intelligence italiana.

“I Servizi segreti si chiamano segreti perché nell’ombra trovano più di quello che troverebbero alla luce del sole”, scriveva Gervaso. E rimarcava: “L’Intelligence vede meglio attraverso un pertugio che affacciata a una finestra spalancata”.

“Il vero agente segreto deve essere anche un po’ indovino”, e se è vero che letto e cucina sono i luoghi migliori per confidarsi segreti, ha ragione Gervaso a spiegare che “l’intelligence è il lubrificante occulto di uno Stato che funziona” e che la vera spia “è quella che guarda avanti mentre tu ti giri indietro”.

Notava Alessandro La Ciura nella prefazione: “L’aforisma è lo strumento letterario che, per la sua eccezionale carica evocativa, più di altri può indirizzare la riflessione sulla complessità dell’intelligence, cogliendone i chiaroscuri che promettono caleidoscopio di arcobaleno”.

Foza ri-combinatoria, gli aforismi; tolgono impermeabili e occhialoni neri agli 007 per parlare – girando la chiave dell’ironia nell’arte della comunicazione – di uomini e donne che in silenzio servono lo Stato e, avendo belle storie, ne hanno di cose da raccontare. E così si passeggia tra queste pagine, illustrate dagli splendidi acquerelli di Niccolò Piccolomini, e si scoprono antichi fronti e nuove costellazioni, dove le difficoltà diventano sfide e la regola d’ingaggio è contaminarsi di simpatia: “Lo spionaggio è una scienza che nei più abili agenti diventa un’arte”, scrive l’autore. E se qualcuno confessa (senza essere torturato) che “tra le braccia di una spia potrei raccontarle tutte le mie bugie”, non è meno vero come “la migliore intelligence si stabilisce fra una donna e la sua miglior amica”.

Gli ‘operativi’ sanno che l’attendibilità di una spia consiste non solo in quello che dice, ma anche in quello che tace. Insomma, chiosa Gervaso, “l’agente segreto deve essere una tomba, evitando di finirvi lui stesso”. Un aforisma con lo smile ci salverà: “L’agente coperto non avrà mai freddo”. Il bravo 007 “è chi spalanca le fonti aperte”. E non manca anche un riferimento a John le Carré: “le spie venute dal caldo non sono meno abili di quelle venute dal freddo”.

Da incorniciare in questo libretto che sta bene su ogni scrivania, i tre racconti brevi su Mata Hari, Lawrence d’Arabia e Giacomo Casanova. A proposito di quest’ultimo, bibliotecario del conte Waldstein, si dice chiaramente che fu una spia dell’Inquisizione. Firmava le relazioni segrete, le cosiddette ‘riferite’, con il nome di Antonio Pratolini, e – capolavoro di doppiezza – riferiva (da quale pulpito!) di donne facili e lusso, ma come 007 tra i canali della Laguna era proprio negato, perciò gli inquisitori gli revocarono la nomina. E se restano – in verità pochi – timori su questo strumento non convenzionale ma fondamentale per la difesa della democrazia, la penna graffiante di Gervaso taglia corto: “Chi vorrebbe che i Servizi segreti fossero come la San Vincenzo o non sa cosa sono i Servizi segreti o non sa cos’è la San Vincenzo”. Del resto “nessun agente segreto ha mai partecipato all’Isola dei famosi”, ed è vero come il vangelo che “una spia che si fa notare è come una terziaria francescana in topless”.

Sulla tavolozza dei Servizi, meno carica di grigi grazie anche a queste divertenti e istruttive pubblicazioni, si racconta un altro pezzo di saggezza che dovremmo portare in bisaccia: “non basta sapere tutto degli altri. Bisogna che gli altri non sappiano niente di noi”. E ancora “non mi fiderei mai di un’intelligence che non avesse perso la verginità”. In fondo “la menzogna, come la verità, bisogna meritarsela”. Vero è che i ‘Servizi’ sono come le belle donne, ne parlano tutti anche senza averle mai toccate. e infatti “lo spionaggio intriga tutti. Soprattutto quelli che non sanno cos’è lo spionaggio”.

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