A Marechiare ce sta ‘na fenesta, la passiona mia ce tuzzulea. E’ proprio vero: A fenestella è uno spicchio di Napoli che abita le terra del sempre. Una ‘cifra’ di note e pietra, di Sud e magia, canto e amore. Dice il vissuto di chi sta cercando e accompagna gli sguardi di quelli che stanno per dirsi parole importanti, guardando su da quelle scale che sono il simbolo della vita stessa. Era un venerdì l’8 settembre del 1922, quando si scoprì la lapide sotto la finestrella. Parole di pietra che sfidano il tempo e sono un rimando a un racconto di bellezza che dura nel cuore della Partenope di ogni tempo.
Dovettero aspettare il sorgere dell’indispensabile luna che avvenne verso le ore 21, in un cielo molto nuvoloso, appena arrivarono i primi raggi, calarono il telo e il tenore Fernando De Lucia su di un pontile, accompagnato da una banda musicale cantò la canzone di fronte ad una tribuna con le autorità cittadine e i giornalisti e una folla di 10.000 persone.
E’ stato un successo di pubblico, lo scorso 15 settembre,
in occasione della manifestazione per il centenario della posa della lapide sotto la celebre finestrella di Marechiaro, L’evento, ideato dal cultore di Marechiaro Peppe Manetti, autore del libro Marechiaro oltre la bellezza (ed. Idelson-Gnocchi, Napoli 2022, prefazione di Alfredo Diana) e organizzato insieme all’Associazione Borgo Marechiaro presieduta da Sergio Mannato, si è svolto nella sala
Carolina del ristorante ‘A fenestella’, dei fratelli Vittorio e Davide Anastasio. Nel corso della serata il maestro Mario Maglione ha cantato alcuni fra i brani più rappresentativi della canzone classica napoletana e alla fine del concerto dalla vera finestrella si è affacciata Carolina, interpretata da Elly Anastasio, al suono della canzone Marechiare, scritta dal poeta Salvatore Di Giacomo, musicata da Paolo Tosti.
“Mi riesce difficile pensare che sotto la Finestrella potevano esserci 10.000 persone –ha detto Peppe Manetti – ma il comm. De Meglio aveva previsto la partecipazione di tutte le imbarcazioni del golfo di Napoli e Pozzuoli. Doveva essere un’apoteosi, si voleva consacrare Marechiaro nel mondo della canzone Napoletana. Infatti la festa che in un primo momento era stata programmata per il 6, a causa delle avverse condizioni meteo e del mare mosso si fece il giorno 8 settembre. Quindi dobbiamo immaginare un tappeto di barche nell’ansa di Marechiaro”. “Noi – ha proseguito il cultore di storia napoletana – stiamo celebrando una lapide, non una targa commemorativa come ce ne sono tante nella nostra città, per esempio quella dedicata a Libero Bovio nella sua casa natale a via Duomo. In questa casa non è nato Salvatore Di Giacomo o Paolo Tosti, in questa casa è nata una canzone. Questa lapide è diventata un’icona un simbolo non solo per la nostra Marechiaro ma per tutta la città”. Manetti ha quindi ricordato: “Ho cercato per molto tempo l’autore di questa geniale idea, mettere una lapide sotto la finestra con i primi versi della canzone e il nome degli autori, pensavo fosse stato il sindaco di allora l’avvocato Raffaele Angiulli, non era così. L’idea fu di un altro grande dell’epoca Eduardo Scarfoglio, fondatore del giornale Il Mattino e marito di Matilde Serao. Non riuscì, purtroppo, a vedere realizzata la sua idea perché morì nel 1917”.
E’ bello andare con il cuore a questa finestra e a Marechiaro, tra scogli e mare, il luogo dove “anche i pesci fanno l’amore” e la luna è sempre diversa, e nuova. E se – come scriveva Giordano Bruno – nulla rimane uguale dopo le maree, è sicuro che questa serata resterà a lungo nei cuori. Mentre gira la ruota del tempo, una voce sussurra nel vento delle nostre battaglie: “Nu garofano addora ‘int’a ‘na testa, passa ll’acqua pe’ sotto e murmulea. A Marechiare ce sta ‘na fenesta. Chi dice ca li stelle sò lucente nun sape ‘st’uocchie ca tu tiene ‘nfronte”. E alle note di una chitarra a ciascuno viene in gola un inno alla Vita: “Scetate, Carulì, ca ll’aria è doce!”.