Home Editoria/Giornalismo Un terzo tempo per il giornalismo. Ad Assisi la scuola di “Alta Formazione” Ucsi

Un terzo tempo per il giornalismo. Ad Assisi la scuola di “Alta Formazione” Ucsi

Francesca Maccaglia

Dedicata ai giovani giornalisti provenienti dalle diverse regioni d’Italia

La Scuola di Alta formazione Ucsi “Giancarlo Zizola”, una “tre giorni” che ha visto ad Assisi  la presenza di molti giornalisti provenienti da diverse regioni d’Italia e di varie fasce d’età, alcuni di loro molto giovani, entrati recentemente nell’Ucsi “Unione Cattolica Stampa Italiana”.

Titolo  dell’edizione 2023, Un terzo tempo per il Giornalismo. Riflessioni sul presente e sfide future.
La prima giornata ha avuto luogo nella Sala della Conciliazione del Palazzo Comunale di Assisi. L’introduzione e i saluti del presidente nazionale Ucsi Vincenzo Varagona, della Sindaca di AssisiStefania Proietti, del Vescovo di Gubbio e di Città di Castellomons. Luciano Paolucci Bedini, dell’europarlamentare on. Beatrice Covassi e del consulente ecclesiastico padre Giuseppe Riggio. Con queste parole il presidente Vincenzo Varagona ha ufficialmente introdotto i lavori: “Noi ci siamo inseriti in questo flusso del giornalismo costruttivo, uno stile che nasce negli Stati Uniti. Da noi le cose arrivano con vent’anni di ritardo, ma può essere un orizzonte sul quale lavorare per riuscire a modificare lo stato delle cose. Oggi siamo stanchi di aspettare dieci o quindici anni per trovare un posto di lavoro come giornalisti, siamo stanchi di avere retribuzioni ridicole (tre o quattro euro a pezzo), occorre uno switch, un cambio di pensiero e soprattutto un cambio operativo”. La sindaca Stefania Proietti ha voluto soffermarsi inizialmente su quanto scritto nell’architrave da dove anche noi partecipanti siamo passati prima di accomodarci in sala, e che forse però pochi di noi avevano letto, ossia la scritta “chi varca questa soglia si spogli degli interessi privati e si rivesta solo degli interessi pubblici”:  “Mai come oggi – ella ha proseguito, rivolgendosi a noi giornalisti – sentiamo il bisogno di vedere la realtà, cosa accade, un racconto sincero e solo voi siete lo strumento che anche a noi può raccontare la verità. Noi non possiamo andare a Gaza, né a Bensheim, né a Kiev, né a San Pietroburgo. Voi siete l’unico strumento che noi abbiamo per conoscere, giudicare e agire. Mai più di oggi siete indispensabili all’azione politica, con il vostro racconto vero. E mai più che ora l’Ucsi, come organo di giornalisti cattolici, può aiutarci ad avere una visione chiara, vera sulla realtà che sta accadendo”. Ed ha continuato così: “Oggi questa città ha il dovere di parlare di PACE. Noi siamo dalla parte delle vittime del terrorismo, dei bombardamenti”.  La sindaca Proietti ha poi ricordato l’iter che ha portato alla Mozione di Assisi. L’atto di Assisi è un invito a tutti gli ottomila Comuni italiani affinché dai territori si alzi forte l’appello a fermare insieme l’invio delle bombe costruite in Italia nei paesi in guerra; ed ha concluso con questo invito: “Aiutateci ad avere il coraggio e la forza della pace”.

 Mons. Luciano Paolucci Bedini ha ricordato nel suo intervento l’identità del carisma e della professione del giornalista. Ha detto “Voi siete servi della realtà. Se siete servitori della realtà aiutate tutti a comprendere la realtà in cui viviamo e a poter prendere noi posizione rispetto alle cose che accadono. Se davvero siamo aiutati a comprendere ciò che noi difficilmente possiamo approcciare in prima persona, allora davvero il vostro servizio diventa un servizio all’umanità e diventa prezioso per chi comunque è chiamato a prendere parte della vita sociale, pubblica e a partecipare però con quello che è riuscito a comprendere dei fenomeni più complessi che stiamo vivendo e che stiamo attraversando”. La professione del giornalista fa parte di quella galassia imprescindibile e oggi necessaria dei “costruttori di pace”.  Al termine l’on Beatrice Covassi ha preso la parola ponendo l’accento innanzi tutto sulla forte crisi della democrazia, “persino nella nostra Europa che vuole essere faro della democrazia, dei diritti e dello stato di diritto e il fatto che molti governi hanno messo in crisi la funzione del giornalista, in quanto attaccare la libertà e l’indipendenza dei media è un modo per attaccare lo stato di diritto, la democrazia”. Quanto è importante avere una capacità autentica di empatia, di analisi dei fatti, di comprensione del reale! È la missione del giornalista, una missione che diventa sempre più cruciale e quindi, lei sostiene – “abbiamo tutti bisogno di questo terzo tempo, un tempo di riflessione, di pacificazione, in cui si dialoga, ci si ritrova, si riflette sulle cose e ne abbiamo bisogno in scala europea”. Concludendo l’on. Covassi ha ricordato il messaggio dell’amico giornalista, conduttore televisivo e politico italiano, europarlamentare, David Sassoli, scomparso nel 2022, un messaggio di speranza. Egli affermava che questa speranza dobbiamo ingannarla noi. “La speranza siamo noi quando non voltiamo la testa e lo sguardo altrove, quando siamo nel presente, quando riusciamo a dare attenzione alle situazioni, alle persone che lo meritano”. Padre Riggio ha ricordato come nella Esortazione Apostolica Laudate Deum papa Francesco afferma che abbiamo bisogno di luoghi dove è possibile tornare a parlare, a ragionare insieme sulle grandi sfide. “Come giornalisti – sottolinea padre Giuseppe – il nostro lavoro significa anche creare questi spazi di conversazioni attraverso gli articoli che scriviamo, che siano sulla stampa o sul digitale, ma per farlo dobbiamo essere per primi capaci di abitarli. Il mio augurio è che questa Scuola possa essere davvero quest’occasione di poter fare un pezzo di strada insieme verso un tipo di giornalismo che apprende, racconta questo tempo di transizione riconoscendolo come un’opportunità e dove i giornalisti possono e devono dare un contributo fondamentale”. Successivamente, abbiamo avuto il collegamento video con Agnese Pinidirettrice de La Nazione, con la quale è stato approfondito il tema del giornalismo del futuro. Il Covid è stato uno spartiacque anche per il giornalismo. “Il problema del Covid- ha sottolineato – è legato all’aspetto aziendale/industriale dell’informazione. L’informazione è estremamente costosa ed a poco a poco, in maniera sempre più accelerata, essa viene sostituita con qualcosa che ci assomiglia, ma non ha niente a vedere con essa, l’opinione, che si tende a sovrapporre.  Sui social network non si può fare informazione. Essi sono l’esatto contrario del fare informazione che difficilmente ha a che fare con un cuoricino o con un pollice verso.  L’altro grande problema è quello economico. Il tema del giornalismo precario o mal pagato. Per fare informazione non si può prescindere dal pagare prima di tutto chi la porta a casa l’informazione, gli operai dell’informazione ovvero i giornalisti”. Paola Spadari, segretaria dell’Ordine dei giornalisti, ha invece posto il focus sulla riforma dell’accesso alla professione. Il giornalismo, come ha ricordato il presidente Varagona, può dare un contributo a evitare la polarizzazione dei conflitti, può aiutare a diventare informando. “Il nostro programma di oggi – egli afferma – è quale tipo di orizzonte offrire ai giovani giornalisti che vogliono impegnarsi con energia per una professione, per un ritorno a un giornalismo di qualità.  La radice che noi cerchiamo in questo impegno è una radice di cittadinanza attiva. Se noi siamo professionisti, facciamo leva sulle nostre capacità, sulla nostra preparazione ma il DNA della persona che fa il giornalista è quello di una educazione ad una cittadinanza attiva. Quello che noi cerchiamo di evocare, di prendere in mano è ciò che si chiama giornalismo comunitario, quella capacità del giornalista di riattivare un rapporto costruttivo con l’opinione pubblica, quindi tornare nelle scuole. Andare nelle scuole anche per far capire che il giornalismo di carità cresce se coinvolgiamo le agenzie educative (famiglia e scuola) e allora non poteva mancare nel centenario di don Milani un riferimento alla sua lezione educativa”. E’ in questo modo che il presidente Varagona introduce una politica italiana la quale ha ricoperto nel corso degli anni numerosi incarichi, Rosy Bindi. Ministro della sanità, ministro per le politiche della famiglia, vicepresidente della Camera dei deputati, presidente del Partito Democratico e presidente della Commissione parlamentare antimafia. A lungo impegnata nell’Azione Cattolica della quale è stata anche vicepresidente nazionale; assistente universitaria a Roma di Vittorio Bachelet ed accanto a lui nel momento del suo assassinio da parte delle Brigate Rosse. Con noi giornalisti Ucsi ha trattato il tema della forza dell’insegnamento, approfondendo la figura di don Lorenzo Milani, presbitero, scrittore, docente ed educatore cattolico italiano, nel centenario della sua nascita. Come ha ricordato Rosy Bindi, don Milani ha fondato dal nulla e nel nulla la sua scuola popolare per i ragazzi più poveri, i giovani operai e i contadini, la quale durava tutto il giorno, tutti i giorni. L’istruzione era considerata lo strumento per la liberazione delle classi subalterne e per il miglioramento delle proprie condizioni di vita.  Due le sue opere più importanti, “Esperienze pastorali. La cultura extrascolastica” e “Lettere a una professoressa”. Rivolgendosi ai giudici egli affermava: “Dovete avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”. E in “Lettere a una professoressa”, il suo capolavoro, egli afferma “Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. E, nella stessa opera, è contenuta la riflessione di don Lorenzo Milani sul valore della parola e della scrittura, un monito per noi giornalisti. Egli afferma al riguardo: “In essa, in primo luogo, sono espresse quelle Regole dello scrivere che non smettono di affascinare per la loro stringatezza e per il rigore morale che contengono. Aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Non porsi limiti di tempo”Infine, a conclusione della prima giornata, il contributo video di Gigi Rancilio, giornalista di Avvenire.

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