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Carlo Michelstaedter e il sentire di una civiltà tra lingue poesia e filosofia

Carlo Michelstaedter non può essere definito un poeta soltanto. In quella sua poesia il senso poetico è costantemente abitato dal significante che si dà all’Essere. Lo scrivere è un pensare prima della parola scritta stessa. Il gioco tragico e a incastro si arrovella tra amore e morte, insieme al destino/tempo.

      Pierfranco Bruni

Ci sono motivazioni linguistiche e semantiche, in senso generale, che se in parte caratterizzano il percorso poetico dall’altra definiscono un intreccio tra il linguaggio delle parole e l’essere poeta in attraversamenti filosofici.
Carlo Michelstaedter non può essere definito un poeta soltanto. In quella sua poesia il senso poetico è costantemente abitato dal significante che si dà all’Essere. Una tradizione che ha percorsi lontani e incontrano mondi che sono di cultura europea certamente ma che ruotano intorno a una visione asburgica. Ovvero ciò che si definisce una dimensione mitteleuropea.
Gorizia è al centro di queste realtà che definisce una Europa di Mezzo o Centro Europa con il sentimento di decadenza che si porta con sé il concetto di malinconia e il simbolo del tramonto.
Ebbene Carlo Michelstaedter incarna tutto ciò. Lo sintetizza già nelle opere giovanili o negli scritti scolastici e si interiorizza in un pensiero critico che ha come riferimento due punti emblematici: la persuasione e la rettorica.
Tutto ciò è parte integrante di un personaggio vissuto tra frontiere e confini. Lo scrivere è un pensare prima della parola scritta stessa. Infatti il gioco tragico e a incastro si arrovella tra amore e morte. Temi che campeggiano, insieme al destino/tempo, nell’intera opera di Michelstaedter.
Occorre necessariamente che poesia e filosofia stiano insieme in un vortice di paesaggi in cui l’idea di labirinto è fondamentale per un processo di idee che consolidano appunto la decadenza e il tramonto come vela portante tra i venti adriatici e le terre arse.
In virtù di ciò le lingue sono espressioni di civiltà identitarie che sottolineano appartenenze e radicamenti. Carlo Michelstaedter è uno dei poeti filosofi “strategici” per comprendere il dato letterario di una comunità che porta sulla scena valenze certamente antropologiche. È qui che si avverte quello “spirito di fratellanza” tra saperi e tradizioni che fanno di una cultura la civiltà di un sentire. Carlo Michelstaedter, dunque, è nel sentire di una civiltà tra lingue poesia e filosofia.

Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al  Ministero della Cultura

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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