Roma, 11 giu. (Adnkronos Salute) – La pasta ha fatto il suo ingresso ufficiale nel mondo dell’alimentazione sportiva quasi 50 anni fa, a Montréal 1976, rivoluzionando le abitudini degli atleti. Oggi persino il Comitato olimpico Usa evidenzia che un basso consumo di carboidrati peggiora la performance sportive. A celebrare anche questo successo è stato l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri ‘Let’s Talk About Food & Science’ promosso dal Gruppo Barilla, che ha visto a Milano esperti di nutrizione e campioni sportivi in un dibattito su pasta&sport, tra nuove evidenze scientifiche e falsi miti che continuano a trovare terreno fertile anche in Italia, dove la pasta e i carboidrati restano ancora vittime di luoghi comuni e mode estreme. Un recente studio dell’Università di Milano pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition – informa una nota – ha osservato oltre 60 atleti non professionisti scoprendo un forte pregiudizio verso i carboidrati, ritenuti erroneamente responsabili di peggioramenti nella composizione corporea. La ricerca ha poi sottoposto alcuni partecipanti a un’alimentazione mediterranea con almeno 5 porzioni di pasta alla settimana, dimostrando che questo modello risultava migliore per effetto su forza muscolare e massa grassa. “Quando abbiamo suddiviso i soggetti in due gruppi per 8 settimane – una dieta ricca di carboidrati (55-60% dell’energia, ≥5 porzioni di pasta a settimana) e una più bassa (40-45%, ≤2 porzioni di pasta a settimana) – il gruppo ‘high-carb’ aveva effetti più favorevoli su forza e composizione corporea, senza effetti collaterali – spiega Patrizia Riso, autrice dello studio e professore di Nutrizione umana dell’Università di Milano – Il consumo regolare di alimenti fonte di carboidrati complessi come la pasta, se ben bilanciato e parte di un modello mediterraneo, naturalmente ricco di prodotti di origine vegetale, non ostacola il raggiungimento degli obiettivi sportivi. Al contrario, può contribuire a migliorare lo stato di nutrizione, la performance e il benessere”. L’ultima revisione dei Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti) propone, per la prima volta, una sezione dedicata alla popolazione sportiva, confermando che anche l’alimentazione atletica deve ispirarsi alla dieta mediterranea con il 45-60% dell’energia dai carboidrati. “Le indicazioni generali – afferma Michelangelo Giampietro, specialista in Medicina dello sport – valgono anche per la quasi totalità degli sportivi amatoriali: apporto di carboidrati ben superiore a 2 grammi per chilo di peso corporeo desiderabile al giorno, preferibilmente complessi come quelli della pasta”. Per gli atleti d’élite i valori crescono fino a 6-10 grammi per chilo per chi si allena 1-3 ore, fino a 12g/kg per maratona, triathlon e nuoto di fondo. “Stupisce che, nonostante le evidenze scientifiche e nutrizionali – evidenzia Giampietro – molti attacchi alla dieta mediterranea arrivino proprio dal mondo dello sport, da chi propone modelli iperproteici come la dieta a zona o iperlipidici come la chetogenica, che invece non sono adatti a sostenere prestazioni atletiche di qualità”. Il nostro organismo, infatti, è in grado di immagazzinare solo limitate quantità di carboidrati sotto forma di glicogeno nei muscoli e nel fegato. Ma se l’apporto è insufficiente – per esempio a causa di regimi low-carb – le scorte non si realizzano pienamente e, quindi, si esauriscono rapidamente. “I risultati? Maggior senso di fatica, calo della prestazione e minore concentrazione e capacità di aumentare la velocità nelle fasi finali delle corse – aggiunge l’esperto – Una dieta ricca di carboidrati, invece, migliora la qualità dell’esercizio e la capacità di prolungare nel tempo il lavoro muscolare, a tutti i livelli: dall’amatore all’atleta di alto livello”.La pasta ha un profilo nutrizionale ideale per chi pratica sport: apporta carboidrati complessi a lento rilascio, proteine vegetali (in media 12-13%, ma alcune tipologie superano il 20%), vitamine del gruppo B e minerali come il potassio, il tutto con una quota minima di grassi. “Nell’immaginario collettivo, un piatto di pasta viene ancora visto come un ‘carico di zuccheri’ che finisce dritto in grasso – illustra Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari e divulgatrice scientifica – ma si dimentica che 100 g di pasta cotta apportano solo 175 kcal, meno di tanti contorni light conditi generosamente”. Oltre a fornire energia prima dell’attività fisica, la pasta è fondamentale nel recupero post-allenamento riducendo anche l’incidenza di infortuni e danni muscolari da sovraccarico. “Recuperare senza carboidrati – osserva Bernardi – è come avere un muratore con una pila di mattoni perfetti (le proteine) ma senza cemento per unirli. Le diete low-carb invece non aiutano chi fa sport: rallentano la sintesi proteica e amplificano la cosiddetta ‘finestra catabolica’”.Come riporta il modello delle ‘4R’ (Rehydrate-Refuel-Repair-Rest) del Comitato olimpico, dopo 60-90 minuti di esercizio intenso, le scorte di glicogeno si riducono fino al 60%. Tra i piatti suggeriti da Bernardi ci sono: fusilli con ricotta e limone, pasta e lenticchie e pasta al ragù per unire carboidrati, aminoacidi essenziali e ferro. C’è poi l’aspetto psicologico, spesso trascurato. “Il cibo è anche piacere e condivisione – rimarca – e per chi vive sotto pressione, come molti sportivi, mantenere la dimensione gratificante del pasto è fondamentale. Studi mostrano che i pasti condivisi migliorano aderenza alla dieta mediterranea e performance, riducendo anche ansia e depressione del 30-40%. E un piatto come la pasta, che piace a tutti, può davvero fare la differenza”.Non servono solo tabelle nutrizionali e studi clinici per dimostrare i benefici della pasta nello sport: a confermarlo è anche l’esperienza diretta di grandi atleti, da Pietro Mennea a Marcel Jacobs, da Serena Williams a Roger Federer e Usain Bolt. Fino a Micheal Phelps, che ne mangiava fino a 1kg al giorno… Tra loro, anche un pasta lover dichiarato come Filippo Magnini, 2 volte campione del mondo nei 100 metri stile libero. “La pasta ha sempre fatto parte della mia alimentazione e nei periodi di gara ne mangiavo anche oltre mezzo chilo al giorno – racconta Magnini – Solo nei momenti di pausa la riducevo a 80-100 grammi, ma non l’ho mai eliminata. Senza la giusta ‘benzina’ la ripartenza era più faticosa. Ricordo che i giapponesi portavano il fornellino in piscina per cuocersi la pasta in bianco tra una gara e l’altra!”.Oggi, da papà e coach, Magnini dà valore alla dimensione psicologica e conviviale del cibo. “Il pasto è un momento per ricaricare anche la mente, un gesto che deve dare piacere. A casa cucino spesso con mia figlia, che adora la pasta al pesto. È un modo per stare insieme, parlare, ridere, creare un momento di famiglia”. E ai suoi atleti consiglia: “Via i telefoni e la tv durante i pasti. La pasta è versatile, completa e adatta a tutti: basta abbinarla a verdure, legumi o anche a un semplice filo d’olio e parmigiano per avere un pasto sano, equilibrato e che fa bene… allo sport e alla vita”.