Una personalità di rilievo nella Prima Repubblica. Ha ideato il nuovo Ministero della cultura. La politica come servizio e rispetto.
Garibaldi e Napoleone furono due riferimenti storici e politici che permisero a Giovanni Spadolini di attraversare completamente l’Illuminismo e il Risorgimento in una temperie in cui la Repubblica disegnava i primi paesi.
Da giornalista, e da Direttore del ‘Corsera”, che non smise mai di essere, a docente e politico indagò nei fatti partendo sempre dalla Storia. Ebbe a dire su Garibaldi: “Non ci può essere Italia unita senza il fondamento di Garibaldi. La leggenda garibaldina è, in realtà, il solo filo nazionale della nostra storia moderna”. Forse è proprio qui che nasce la sua volontà politica.
La politica del rispetto.
La politica è un servizio e dobbiamo comportarci come esempio rispettoso nei confronti delle nuove generazioni e della Nazione. Una cesellatura importante e significativa che dovremmo non dimenticare perché il nuovo non può nascere dalle cenere del passato. Questo è fondamentalmente vero. Un concetto più volte espresso da Giovanni Spadolini.
Ricorre il centenario della nascita. 21 giugno 1925. Fu il primo presidente del consiglio laico che arrivò alla presidenza del governo dopo una terribile crisi dei primi anni ottanta del novecento: 28 giugno 1981.
Ma cosa portò Spadolini in quell’Italia repubblicana ancora terrorizzata degli anni di piombo? Impose una dialettica diversa rispetto a quella che si era creata da cattolici e comunisti e arrivò sulla scena quel pensiero risorgimentale nel quale Spadolini si era formato attraverso i valori della unità della nazione e del confronto tra laici non marxisti e cattolici.
Da repubblicano risorgimentale non fu mai un anticlericale ma cercò di stabile un rapporto tra la visione della fede nella società e la laicità nel parlamento. Durò alla presidenza soltanto 13 mesi ma non furono pochi in quella Prima repubblica i cui governi duravano molto meno. Fu ministro della difesa successivamente e si trovò in mezzo alla questione libica dove per la prima volta dopo il 1945 venivano inviati soldati italiani all’estero. Morì da senatore a vita voluto, come ultimo atto, dal preside della Repubblica Cossiga.
Una vita da professore universitario. Studioso di Sorel e Giolitti oltre che del cattolicesimo nell’epoca risorgimentale. Egli stesso fu un risorgimentale nell’età della modernità con alle spalle una profonda lettura del Garibaldi della decadenza.
Gli ultimi suoi libri sono un documento che ancora hanno una forza portante. Da “Cattolicesimo e Risorgimento, Firenze, Le Monnier, 1986” a “A tu per tu. Incontri con personaggi del nostro tempo, Milano, TEA, 1991”, da “In diretta col passato. Temi e figure della storia contemporanea”, Milano, TEA, 1994 a “Cultura e politica nel Novecento italiano”, Firenze, Cassa di Risparmio di Firenze, 1994 il rapporto tra politica cultura società e Istituzioni è nevralgico in una lettura comparata tra servizio e rispetto.
Spadolini fu un uomo antico ma era riuscito a portare nel contemporaneo la tradizione delle istituzioni dei principi della politica vissuta come se avesse cucito sulla pelle la lezione di Cavour. Ma fu anche ministro della pubblica istruzione e ricoprì la carica di primo ministro dei beni culturali.
Costruì il ministero dei beni culturali nel 1974/1975 dopo decenni di vuoto lasciato da Giuseppe BottaI e riprese totalmente la riforma Bottai per istituire il dicastero della cultura con una impalcatura tra direzioni centrali e periferiche. Infatti a 50 anni dell’istituzione del ministero della cultura il suo padre nobile compie cento anni. Muore nel 1994.
Il concetto forte della sua politica, pur militando in un piccolo partito come il Pri del quale è stato segretario dopo la scomparsa di Ugo La Malfa, è stato appunto quello di una politica pensata su una dimensione antropologica di una società costantemente in transizione. Non so se abbia aperto la strada per i Governi socialisti e riformisti ma avviò il percorso e lo fece non solo con intelligenza ma soprattutto con una forza storica che gli deriva dalla sua formazione. Conoscere per mutare nella conoscenza la politica.
Non votò il primo Governo Berlusconi ma c’era stata all’interno del parlamento una forte diatriba per la allora presidenza del senato. Venne scelto Scognamiglio mi pare per un solo voto. Ma la sua era una politica di altri tempi. Anzi la società era una società di altri tempi come tutti gli uomini. Su narra che da docente universitario non fece fare l’esame a un ragazzo che non si era presentato con la giacca.
Un uomo che conosceva il rispetto non solo per le istituzioni ma anche delle istituzioni. Disse di Prezzolini: “… è stato uno dei più significativi nella cultura contemporanea nel nostro paese. Prezzolini ha incarnato una costante esigenza critica e scettica in un mondo di cultura sempre più tendente al conformismo e all’ortodossia, meglio ancora ai conformismi e alle ortodossie”.
Oggi mancano queste personalità con una coerenza e un coraggio indelebili. Leggeva nella storia la politica che sarà domani. Con la politica non si costruiscono carriere. Questo era il suo motto. Completamente dimenticato? Restano le strutture a egli dedicate e soprattutto quel sapere in una politica ragionata. Anche nel contesto religioso fece delle osservazioni che sono ancora oggi importanti. Scrisse: “Carità e perdono: ecco il «socialismo» di Cristo, ecco la società cristiana. Nella vita non vi è, non vi può essere un’assoluzione (solo Dio assolverà); però vi può essere, vi è e vi sarà una amnistia, una quotidiana amnistia. La vita è una pena (questo è il senso del peccato originale, la più profonda interpretazione del dolore umano): ma è una pena che si amnistia in vita e si assolve in morte. Ecco la più grande giustizia”.
Da qui si potrebbe partire per una discussione sulla politica nel nostro quotidiano.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.

Pierfranco Bruni
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali,presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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