“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero.”
— Oscar Wilde
Viviamo tempi inquieti. E come sempre accade nei tempi inquieti, si torna a cercare il sacro. Ma più che trovarlo, oggi lo si confeziona. Basta scorrere qualche feed social per vedere spuntare, come funghi dopo la pioggia, corsi di yoga tantrico, workshop di costellazioni familiari “quantiche”, rituali di guarigione sciamanica, bagni di gong con cacao cerimoniale. Il tutto dentro location curate, con un’estetica instagrammabile e una promessa di “risveglio” entro sabato sera.
Il bisogno di spiritualità è reale. Il modo in cui lo si cerca, però, sempre più spesso è un’imitazione caricaturale del sacro. Ci troviamo in un’epoca in cui l’olismo – nato come tentativo profondo di reintegrare corpo, mente e spirito – è stato trasformato in una vetrina di pratiche disparate, molte delle quali gestite da dilettanti usciti da corsi online di 48 ore, certificati fai-da-te e un lessico costruito su parole come “vibrazione”, “energia”, “connessione”, tutte rigorosamente senza contenuto.
Il pericolo maggiore non è tanto la superficialità, ma l’illusione. Prendiamo ad esempio le costellazioni familiari, strumento psicologico complesso e delicato. Sempre più spesso vengono proposte in salotti di provincia, condotte da persone senza alcuna competenza clinica, che promettono “scioglimenti karmici” e “liberazione dagli antenati tossici” in un pomeriggio. In realtà, si tratta di giochi psicodrammatici pericolosi, capaci di riattivare traumi reali senza alcun tipo di contenimento terapeutico.
Ancora più inquietante è l’uso indiscriminato di psichedelici in rituali sciamanici improvvisati: ayahuasca, san pedro, iboga… piante sacre che appartengono a contesti culturali e spirituali profondissimi, qui trasformate in esperienze da festival per occidentali spaesati in cerca di un “viaggio interiore”. Senza guida seria, senza preparazione né integrazione, queste esperienze possono lasciare macerie psichiche. E mentre il partecipante pensa di essere entrato in contatto col proprio spirito guida, spesso non fa altro che spalancare porte che non è in grado di richiudere.
Non mancano poi pratiche grottesche come la ricerca dell’animale totemico, oggi offerta nei pacchetti “scopri chi sei davvero” insieme a tamburi, tamburelli e tecniche di respirazione “atavica”. Il delfino, la pantera, l’aquila… tutti pronti a incarnare la nostra essenza, da stampare poi su una maglietta o da raccontare in un post ispirazionale. Archetipi profondi ridotti a mascotte spirituali da collezione.
Anche il campo delle medicine alternative – che racchiude saperi millenari come l’agopuntura, la medicina ayurvedica, la fitoterapia e molto altro – non è immune da questa deriva. Il problema non sta nelle discipline, che anzi hanno molto da offrire nel dialogo con la medicina convenzionale, ma nel proliferare di operatori improvvisati, sedicenti terapeuti formatisi in pochi giorni, che senza alcuna base medica danno consigli su salute, alimentazione e perfino diagnosi energetiche. Non curano: recitano un copione appreso in e-learning, infarcito di parole evocative e pericolosamente persuasive.
In tutto questo si inserisce il paradosso culturale che plasma il nostro tempo: mentre l’Oriente si occidentalizza, adottando il consumismo e la logica del profitto, l’Occidente si getta in una caccia all’Oriente come terra di saggezza perduta. Ma quello che troviamo, spesso, non è l’Oriente reale, bensì un Oriente immaginato, filtrato da decenni di spiritualità pop, ridotto a mantra da Spotify, a pose yoga in leggings firmati, a concetti estrapolati e svuotati di senso.
Cerchiamo illuminazione a basso costo, trasformazione rapida, guarigione istantanea. Ma la vera spiritualità non è comoda, non è veloce, non è redditizia. Non ti dice cosa sei: ti costringe a scoprirlo da solo. Non ti promette luce: ti accompagna, semmai, nel buio.
La deriva attuale ha sostituito il silenzio con la musica ambient, il rito con l’esperienza di gruppo, il cammino con un percorso a moduli. E la domanda che resta, in fondo, è questa: vogliamo davvero evolverci, o stiamo solo cercando una versione più affascinante di noi stessi?
Forse la sfida più radicale oggi è non partecipare, non cercare un corso, non pagare per un’altra iniziazione, ma restare fermi, soli, vulnerabili, senza risposte pronte. Anche nel caos. Anche nel dolore.
Senza guida. E senza un delfino totemico che ci dia delle risposte.
Perché la spiritualità, quella vera, non si acquista.
Si attraversa. In silenzio. E con molto più rispetto.