Sgalambro, Cioran, Ida Magli. Una società moderna tra relitti e macerie.I popoli hanno ancora bisogno di pensare all’infinito e alla immortalità. Hanno bisogno di credere, se pur nella indefinibilità, alla deduzione che l’uomo può tutto.
L’illusione della modernità vive in questa dimensione ma il tempo è presente soltanto se ingloba nella sua esistenza la Tradizione.
Tutto questo in una Mostra al Castello di Maruggio per celebrare Manlio Sgalambro a cento anni dalla nascita con Maria Grazia Destratis e Tonino Filomena per il Comitato del Ministero della Cultura dedicato al filosofo (18 e 19 Agosto, Castello dei Commendatori)
Sgalambro, Cioran, Ida Magli. Una società moderna tra relitti e macerie. Un processo culturale in cui ogni civiltà perde i suoi connotati identitari. Una eredità che si proietta nel tempo smarrito. Alla base di ognuno di questi filosofi c’è un modello antropologico che pone la sua attenzione sul coraggio della verità. La cui definizione e distinzione ha come riferimento Nietzsche. Oltre Zarathustra. Oltre la crisi. Oltre il fantasma del fallimento. L’antropologia serve per (a) definire la centralità dell’uomo.
Ciò vorrebbe significare la distruzione delle certezze degli dei e la caduta del sacro. Anche se i popoli hanno ancora bisogno di pensare all’infinito e alla immortalità. Hanno bisogno di credere, se pur nella indefinibilità, alla deduzione che l’uomo può tutto.
L’illusione della modernità vive in questa dimensione senza tener conto che il tempo è presente soltanto se ingloba nella sua esistenza la Tradizione.
Tutto questo in una Mostra al Castello di Maruggio per celebrare Manlio Sgalambro a cento anni dalla nascita con Maria Grazia Destratis e Tonino Filomena per il Comitato dedicato al filosofo del Ministero della Cultura (18 e 19 Agosto, Castello dei Commendatori) che rivela il riconoscersi o perdersi in un attraversare le vite.
Sgalambro sgombra la Tradizione ma si ancora alla Memoria. Perché la Memoria è il tutto del nulla. Ovvero è la complessità delle radici nella consolazione della perdita.
Cioran è nell’utopia della storia nella quale è possibile registrare soltanto lo “squartamento” del reale. Ma il reale è effimero soprattutto quando l’uomo abbraccia la sintesi della fine.
Ida Magli è lo specchio che rompe la crosta d’acqua nella visione del mito in un irraggiungibile desiderio. Il destino è vincente in tutto. Nonostante questo restiamo lanciatori di coltelli che centrano subito l’obiettivo che è quello della distruzione.
Dove stanno i principí delle eredità?
Nella filosofia che non ha perso quelle direttrici che nascono nella grecità misteriosa. Non sublime. Ma tragica. Siamo figli di questa tragicità greca che ha inventato la teatralità. Per Ida Magli Amleto è l’immaginario che ha sofferto il precipizio e il morire. Si pensi a Ofelia. Si pensi a quel “Mulino di Ofelia” della Magli nel quale il passato perde il suo mito e si pietrifica in un orizzonte evanescente.
Cosa si nasconde dietro la verità possibile? Il coraggio di superare la modernità restandovi dentro e senza colpo ferire trascrivere la Tradizione che è fatta di pensiero e non di “cose”. Saremo in grado di superare la barbarie del pasticcio tra l’attuale il moderno e il sempre? Soltanto se saremo in grado di non nascondere la verità di essere coscienza e di vivere l’appartenenza come un flusso appunto di co-scienza nella consapevolezza che portiamo dentro di noi millenni e millenni di popoli di civiltà di etnie. Quindi non solo di culture bensì di civiltà.
Questo vuol dire anche avere la consapevolezza dell’orrore del simile pur avendo dentro di sé la nostalgia del vero. La domanda che si pone e che questi filosofi pongono suonerebbe così: Siamo manichini o siamo esseri umani? A dare una risposta ci vuole poco nella mediocrità dell’oggi. Ad abitare il senso e l’orizzonte di una risposta ci vuole tempo.
Il fatto è che pur essendo altro giungono sempre le parole di Agostino a farci strada e non basta dire che noi siamo tempo. Perché il tempo è un inverosimile o forse l’irraggiungibile limite che non ci è dato conoscere? Quel conoscere la verità per dare consapevolezza all’essere stati.
Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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