A cura di Demetrio Fortunato Crucitti
Frascati 25 Agosto 2025 – Il 2025 deve essere ricordato come un anno storico, per l’approvazione, se pur controversa, della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ad una unica campata, tecnologia che richiama il ponte Real Ferdinando, secondo ponte sospeso d’Europa nonché primo ponte sospeso nell’Europa continentale, definito ponte sul Garigliano progettato e realizzato nel 1832 dall’ing. Luigi Giura, Ispettore del Corpo Ponti e Strade del Regno delle Due Sicilie, arbëreshe nato a Maschito (Potenza) 14 ottobre 1795 e morto a Napoli, 1º ottobre 1864.

Al Ponte Real Ferdinando sul fiume Garigliano e al suo progettista è stato dedicato il Comitato Nazionale Luigi Giura, di cui l’architetto Atanasio Pizzi Basile è consulente oltreché specialista e cultore dell’Urbanistica Sociale del mondo Arbëreshë. Pizzi Basile studia e cura non solo il costruito, ma anche le consuetudini di questo popolo che si è meritato la benevolenza dei regnati del tempo per il loro impegno anche per l’Unità d’Italia, come riconosciuto dal Generale Giuseppe Garibaldi che per l’Unità d’Italia nomino’ tra diversi Ministri di alta statura morale lo stesso ing. Luigi Giura in capo al Ministero dei Lavori Pubblici.
A occuparsi della tutela e valorizzazione del Ponte Real Ferdinando sul fiume Garigliano un’opera di ingegneria del XIX secolo di notevole interesse culturale, è la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Rieti e Latina (SABAP-FR-LT). All’Ente pubblico è anche affidata la gestione della visita al ponte inserito anche nel Comprensorio Archeologico di Minturno, cui il Comitato Luigi Giura collabora per le attività di promozione e conservazione del sito. Il Ponte sul Garigliano potrebbe essere inserito nei volume Guinness dei primati, edito annualmente dal 27 agosto 1955, ovvero da 70 anni e che raccoglie tutti i primati del mondo. A voler scherzare sulle coincidenze si fa presto, ma si potrebbe chiedere al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini di mettere in Agenda una visita al Museo di Mongiana e una al Ponte di Garigliano.
Riportiamo dal Sito dell’Associazione Vatra Arbëreshe di Chieri (TO) un testo curato dal prof. Vincenzo Cucci di origine di Maschito (PZ), Presidente della Associazione Vatra Arbëreshe, sotto la supervisione scientifica dell’arch. Atanasio Pizzi Basile di Santa Sofia di Epiro (CS) ma oggi adottato felicemente dalla città di Napoli. Testo tratto dal sito storico web dell’ dell’Associazione Vatra Arbëreshe di Chieri (TO): “ l’ing. arch. Luigi Giura: luminare, di origine Arbereshe, della scienza esatta, è stato dal 1820 al 1862 colui che ha reso grandi servigi all’ingegneria Europea il 7 settembre del 1860 Garibaldi giunse a Napoli, dovette dar vita al governo provvisorio che avrebbe condotto al pabliscito del 21 Ottobre 1860, per lo scopo mise al suo fianco uomini di elevato spessore morale e professionale, i quali dovevano rispondere alle emergenze che attendevano il capitolato Regno Borbone che doveva essere inglobato alla nascente nazione italica. I Prescelti che rivestirono quelle cariche istituzionali furono: Il Preodittatore – Giorgio Pallavicino, il Ministro dell’interno e Polizia -Raffaele Conforti, il Segretario di Stato degli Affqari Esteri – Francesco Crispi, il Ministro di Grazia e Giustizia -Pasquale Scura, Il Mininstro di Guerra e Marina -Amilcare Anguissola, il Ministro dei Lavori Pubblici – Luigi Giura. Le figura istituzionali di Luigi Giura, da Maschito in provincia di Potenza, Pasquale Scura da Vaccarizzo Albanese in provincia di Cosenza e Francesco Crispi da Palazzo Adriano in provincia di Palermo, riassumono il contributo sostanziale che gli arbëreshë, in quelle regioni, fornirono all’unificazione dell’ Italia. Crispi, Giura e Scura sono tre figli della comunità dell’ Arberia, che fu tra le più operose e presenti in tutti gli intervalli storici che contribuirono al miglioramento sociale, culturale, economico e politico del meridione d’Italia.

La società del Ponte di Messina nasce all’incirca dopo un secolo nel 1981 e l’approvazione del Ponte a cura del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) è organo del Governo italiano che coordina la programmazione e la politica economica nazionale, integrando le politiche europee. Il Comitato approva la realizzazione del Ponte il 6 Agosto 2025, dopo ben 44 anni. Mentre per la progettazione e realizzazione del Ponte sul Garigliano ci sono voluti 5 anni, con le docute riserve sulle due opere, ma qualche riflessione sulla burocrazia occorre farla. Ma ora torniamo al ponte sullo stretto intrecciandolo ad un filo storico di cui forse gli arbëreshe conoscono poco e invece dovrebbero andare orgogliosi. Abbiamo rintracciato l’ architetto Pizzi che è nato in Calabria esattamente a Santa Sofia d’ Epiro in provincia di Cosenza, Comune Arbëreshe, ma che oggi vive a Napoli ed è un profondo studioso oserei dire di quella architettura sociale che investe non solo l’urbanizzazione del costruito ma analizza approfonditamente ed antropologicamente, per vita vissuta sia i comportamenti che le consuetudini che secondo lo’arch. Pizzi sono eredità che via via si stanno perdendo e disperdendo e lui molto critico per il pressapochismo dilagante che sta distruggendo luoghi sacri, e come se la gente dimentichi il bagaglio storico che i Katundy Arbëreshe possiedono fin dalla nascita. E allora abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa dell’inventore e dell’ingegno di colui che per primo progettò, segui i lavori fece collaudare ( con il peso di tanti carri trasporto cannoni, oggi il collaudo dei ponti viene fatto con dei TIR) il primo ponte sospeso al mondo, chi sa se i tecnici del Ministero Infrastrutture e dei Trasporti avranno la curiosità di ascoltare l’architetto Atanasio Pizzi Basile. Architetto ci puo’ raccontare quello che ha scoperto sull’ing. Giura esperto in costruzioni di ponti chiamato a derimere in tutta Europa aspetti e modalità tecniche in varie occasioni, nonché arbëreshe di origine, nato nel Comune di Maschito (PZ).
Arch. Pizzi: ringrazio la testata giornalistica e il suo Direttore per questa opportunità.
“Vorrei descrivere un ponte su catenarie pensato, progettato e realizzato sono l’attento contributo di un arbëreşe. Il governo guidato da Giorgia Meloni, con Matteo Salvini come ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha rilanciato con forza il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, e come dice bene Lei di Scilla e Cariddi. Considerandolo una grande opera strategica per il paese. Secondo l’esecutivo, il ponte rappresenta un’infrastruttura fondamentale per collegare in modo stabile e veloce la Sicilia al resto dell’Italia e dell’Europa, migliorandone la mobilità di persone e merci. Salvini, in particolare, sostiene che l’opera porterà benefici economici, occupazionali e logistici al Sud Italia, contribuendo a ridurre il divario con il Nord. Il progetto è inoltre visto come un simbolo di modernizzazione e sviluppo, nonostante le critiche legate ai costi, all’impatto ambientale, superate dalla sua effettiva utilità. Il progetto prevede un ponte sospeso a campata unica di oltre 3.300 metri, il che lo renderebbe il ponte sospeso più lungo al mondo, giacché, attualmente, nessun altro ponte ha una campata centrale così lunga. Questo rappresenta una sfida tecnica notevole, considerando; la notevole attività sismica dell’area dello Stretto di Messina; i forti venti e le correnti marine; la profondità del fondale marino, che saranno superate dal pianoro sospeso. L’ingegneria garantisce stabilità, sicurezza e durata nel tempo, tenendo conto di eventi estremi come terremoti e tempeste, tipici di quella zona. Inoltre, va garantita la continuità del traffico navale nello Stretto, quindi non possono essere depositati alcun che di ostacolo nel tratto di mare interessato. Quindi sì, se realizzato, il ponte sarebbe non solo un’infrastruttura simbolica e strategica, ma anche una delle opere ingegneristiche più ambiziose costruite in età moderna, di questo secolo. La realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta una delle sfide ingegneristiche più ambiziose del nostro tempo. Questa impresa richiama idealmente un importante precedente storico italiano, ovvero il Ponte sul Garigliano, progettato dall’ingegnere arbëresh Luigi Giura, che unì le terre del papato con il meridione italiano. Quest’opera fu un autentico primato mondiale, in quanto divenne il primo ponte sospeso al mondo realizzato su catenarie ancorate a pilastri singoli, interamente immaginato progettato e costruito con maestranze e materiali del meridione italiano. All’epoca, Giura superò le difficoltà tecniche che ancora frenavano francesi, inglesi e altri stati del globo, segnando un punto di svolta nella storia dell’ingegneria del meridione. Oggi, come allora, l’Italia pose in essere la propria eccellenza tecnica e innovativa secondo una nuova visione progettuale, affrontando sfide che uniscono innovazione e orgoglio nazionale. Il progetto del ponte che dovrà unire l’antico toponimo del faro, unisce al di qua e al di là dello stretto richiama idealmente un’importante pagina della storia del genio italiano, ad opera dell’ingegno scaturito dal pensiero lucido dell’ingegnere e architetto arbëreşë Luigi Giura. Dopo un attento confronto con le esperienze francesi e inglesi e dell’Europa in generale, nel tempo di un suo viaggio di studio in Europa, Giura concepì un innovativo sistema di sospensione, utilizzando materiali all’avanguardia per l’epoca. A rendere possibile il ponte di Giura, fu anche il supporto tecnologico delle maestranze di Mongiana, in Calabria, cuore industriale del ferro in quell’epoca. E proprio lì, nella stessa terra dove oggi si progetta elevare e costruire il nuovo ponte di primato sullo Stretto, vennero realizzati i primi acciai trafilati in Italia, con tecnologie all’avanguardia per l’epoca. Le Ferriere, già attive dalla fine del Settecento, rappresentavano un’eccellenza siderurgica capace di competere con Francia, Inghilterra e Germania, che a quel tempo avanzavano ancora senza quell’acciaio e quelle competenze locali, senza le quali l’opera di Giura non avrebbe mai potuto vedere la luce. A completare questo ciclo virtuoso, venne messa a punto la macchina trafilatrice che consentiva di lavorare l’acciaio prodotto a Mongiana, rendendolo resistente e durevole. Inoltre, a Napoli fu sviluppato un macchinario specifico per testare e garantire l’effettivo sforzo di trazione dei componenti acciaiosi, assicurando così che ogni componente avesse le caratteristiche ideali per sostenere le sollecitazioni del ponte. Questo connubio tra produzione, controllo e qualità rappresentò un esempio di eccellenza industriale oltre che tecnologica italiana, elemento imprescindibile per la riuscita dell’opera di L. Giura. Egli mise a punto e realizzò, il cosiddetto doppio pendolo, un ingegnoso meccanismo che permetteva di scaricare le spinte verticali direttamente sui pilastri e, quelle inclinate sulla catenaria, che a sua volta le trasferiva al suolo tramite apposito amorsamento, delle forze prodotte del ponte. Grazie a questa soluzione, fu possibile realizzare il primo ponte sospeso al mondo, su catenarie ancorate a pilastri singoli, segnando un primato assoluto nell’ingegneria civile. Nel febbraio del 1828 Giura venne incaricato di realizzare il ponte ed il 14 aprile 1828 era già in grado di presentare il suo elaborato completo e dettagliato in tutte le sue parti. Il 20 maggio 1828 furono iniziati lavori e il giornale inglese The Illustrated London News espresse “perplessità sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani e le sue vive preoccupazioni sulla sorte dei poveri sudditi, sicure vittime di questo vano esperimento di sprovveduti dettato solo dalla voglia di primeggiare”. In effetti a quella data i ponti sospesi in ferro avevano tutti un grosso problema legato alla flessibilità a Parigi, a causa del vento, crollò il ponte sospeso in ferro progettato dall’accademico Navier; a Londra venne chiuso il ponte Driburgh sul Twed e la stessa cosa avvenne in Austria. Fatto sta che i lavori proseguirono e il 4 maggio del 1832 il solito giornale inglese ipotizzava che il ponte fosse pronto, ma non fosse stato ancora collaudato per “timore del suo sicuro crollo”. Ma il 10 maggio 1832 il re, si presentò davanti alle torri di sostegno del ponte alla testa di due squadroni di lancieri a cavallo seguito da 16 carri pesanti di artiglieria, colmi di materiali e munizioni transitando più volte.
Oggi, come allora, l’Italia si confronta con una sfida tecnica di portata mondiale, cercando di coniugare innovazione, funzionalità e identità nazionale in una grande opera che guarda al futuro, ma affonda le sue radici nella migliore tradizione ingegneristica del passato. Nei giorni precedenti, tecnici scettici, nobili conservatori e giornalisti si riversarono nei pressi del ponte, convinti che l’opera non avrebbe retto. Circolava addirittura l’ironia secondo cui, durante la cerimonia, il re sarebbe finito “con il sedere in acqua”, in napoletano “e pacchè intà l’acqua” e travolto dal crollo del ponte. L’opera di Luigi Giura si impose, non solo come un primato tecnico, ma anche come simbolo di affidabilità e innovazione, superando le incertezze e i limiti delle esperienze europee dell’epoca. Fondamentali per il successo dell’opera furono il supporto tecnologico disponibile all’epoca e, soprattutto, la lucida conoscenza della cosiddetta “scienza esatta”, che l’ingegnere arbëresh Luigi Giura applicò con rigore, senza esitazioni né patimenti di sorta. In un tempo in cui l’ingegneria moderna muoveva ancora i primi passi, Giura riuscì a fondere teoria e pratica con una visione avanzata per il suo tempo, dimostrando che la matematica, la fisica e la meccanica applicata potevano governare opere complesse con assoluta precisione. La sua fiducia nel calcolo e nell’analisi strutturale, ben oltre la semplice intuizione empirica, fu ciò che gli permise di portare a compimento un’impresa che molti consideravano impossibile. Oggi, con il progetto del Ponte sullo Stretto, la storia sembra ripetersi, perché allo stato delle cose non basta essere ingegneri, architetti o matematici. La tecnica da sola non è sufficiente, come ebbi modo di dire al professor Aldo Di Biasio all’Università L’Orientale, in quanto, queste sfide si vincono solo se affrontate con il pensiero e con il parlato primo, quello nato nella lingua arbëreshë, che non è solo mezzo di comunicazione, ma strumento di visione, di costruzione dell’anima e del sapere. È da lì che nasce il coraggio di osare, la lucidità dell’intuizione e la forza di superare l’impossibile, come fece Luigi Giura ai tempi della scuola di ponti e strade e, come tutti noi ci auspichiamo oggi si può fare con la presenza di un tecnico arbëreşë che sa come vanno e come si fanno queste opere. Perché il Ponte sullo Stretto di Messina possa avere un buon inizio, uno svolgimento efficiente, un allestimento solido e un collaudo impeccabili, e una lunga vita utile, ha bisogno di avere al suo fianco un lucido ingegnere/architetto arbëreshë come fu a suo tempo per il Garigliano. Solo con una guida tecnica di eccellenza, unita a un governo determinato e lungimirante come quello di oggi, il progetto potrà trionfare glorioso, diventando il simbolo della rinascita e del progresso del Meridione italiano, così come avvenne quasi due secoli fa. “ Ringraziamo l’arch. Pizzi ma sentire da un architetto tutti questi elogi verso un ingegnere non è do poco conto, viva l’Onesta intellettuale, pregio che quando manca fa perdere alla gente quella capacità di non vergognarsi se la verità fa male. Grazie Archietto!
Photo cover: in alto ponte sul Garigliano che unisce la provincia di Latina con quella di Caserta costruito tra il 1828 -1832, una particolarità del ponte e del giunto realizzato dalle Real Ferriere Borboniche di Mongiana (VV, Calabria- Italia), oggi importante Museo, disegni storici e foto dell’arch. Atanasio Pizzi Basile.
2°Foto: Luigi Giura. Fonte Associazione Vatra Arbëreshe di Chieri ((TO)
…..
