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Da Lampedusa a Sigonella, la Sicilia usata come hub di guerra da Israele

Massimo Reina

Ordigni militari nei mari di Lampedusa, aerei spia israeliani nei nostri cieli e caccia di Tel Aviv ospitati a Sigonella, spacciati per aerei da carico: la Sicilia trasformata in colonia armata di Israele.

di Massimo Reina (Giornalisti Senza Frontiere)

Residui di ordigni militari con scritte in ebraico galleggiano nei nostri mari, a poche miglia da Lampedusa. A notarli non sono stati i nostri servizi segreti né la nostra Marina, ma i pescatori del motopesca Andrea Doria. Non c’è niente di più italiano: noi ci accorgiamo della guerra quando finisce nella rete dei pescatori.

L’oggetto – di forma cilindrica e con loghi in ebraico ben visibili – non lascia molti dubbi: materiale militare di probabile origine israeliana. E guarda caso, proprio nei giorni scorsi tre aerei militari israeliani hanno sorvolato la Sicilia e sono atterrati a Sigonella. Non voli Ryanair ma tre caccia da guerra poi “venduti” ai media italici come normali aerei da trasporto merci militari. Prima, mutismo totale da Roma, vista la spiegazione ridicola e falsa lontano un miglio. Idem da Palermo, dove Schifani si rifugiava dietro il mantra “non è di mia competenza”, come se governare fosse un atto notarile.

Che ci facevano qui? Venuti a caricare materiale bellico da scaricare nel Mediterraneo? Oppure a spiare la Global Sumud Flotilla, che proprio in questi giorni sta tentando di rompere l’assedio di Gaza? La coincidenza è troppo perfetta per non puzzare di verità. Anche perché, sarà un altra coincidenza (sono ironico, per chi non capisse), nei cieli siciliani sono stati anche avvistati due Gulfstream “Nahshon”,ovvero aerei spia sempre israeliani sviluppati da Israel Aerospace Industries, usati per intercettazioni e operazioni militari.

E intanto, a Lampedusa, i residenti raccontano di aver visto strane luci e udito forti boati nei giorni scorsi. Ovviamente la vicenda è stata minimizzata. Non sia mai che gli italiani colleghino i puntini: aerei spia in cielo, ordigni israeliani in mare, luci ed esplosioni sulla linea dell’orizzonte.

La domanda è semplice: perché il nostro territorio deve diventare retrovia militare di chi bombarda ospedali e campi profughi? Il cui presidente ha sulla testa un mandato di cattura internazionale come criminale di guerra? La Costituzione ripudia la guerra, ma l’Italia fa da base a chi la conduce. Roma tace, Schifani dice che “non è competenza mia”, le opposizioni fingono di indignarsi un giorno sì e dieci no. Il risultato? L’Italia non è più una Repubblica, ma una colonia armata degli Stati Uniti e dei loro alleati, usata come piattaforma di lancio e pattumiera bellica.

E occhio: essere retrovia significa anche essere bersaglio. Se domani la Russia, l’Iran o chiunque altro decidesse di rispondere, non colpirebbe Washington o Tel Aviv. Colpirebbe qui. Lampedusa, Sigonella, Palermo, Catania. Il popolo italiano – che non ha nulla contro russi e palestinesi, e che anzi si sente più vicino a loro che a chi li massacra – diventa ostaggio della servitù geopolitica dei nostri governi.

Schiavi in terra nostra, complici di genocidio altrove. Con il tricolore ridotto a zerbino davanti alle basi Nato e con i nostri mari trasformati in discariche militari. E tutto nel silenzio generale: perché guai a disturbare il padrone americano o l’inquilino israeliano.

Il futuro? Continuare così, con la Sicilia come deposito di guerra e i pescatori come nuovi cronisti di ciò che il governo finge di non vedere. Ma ricordiamoci: prima o poi, chi si consegna come servo paga da padrone.

NOTA dell’autore: secondo le prime analisi delle immagini del residuo bellico “israeliano” pescato a Lipari, eseguito da esperti di GSF, potrebbe trattarsi di residuo di missile Python 5modificato, o un residuo di missile satellitare. La scritta in ebraico dovrebbe essere “מנהלת החלל”, ovvero Minhalat ha-Halal, cioè “Space Administration” del Ministero della Difesa israeliano ma attenzione perché qualcosa stona, visto che l’Agenzia Spaziale israeliana si chiama Sokhnut ha-Ḥalal ha-Yisraelit (in inglese Israeli Space Agency) e che non è solita utilizzare nomi e simboli sui suoi modelli.Inoltre il nome Minhalat ha-Halal è usato più internamente, per comodità, ma solo in documenti interni al governo.

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