Home In Evidenza Una rete sanitaria sacrificata: l’impronta delle lobbies sul territorio

Una rete sanitaria sacrificata: l’impronta delle lobbies sul territorio

Redazione

La rete degli ambulatori e poliambulatori accreditati garantisce un terzo della diagnostica nazionale con standard elevati e oltre 420 requisiti obbligatori. Nonostante ciò, provvedimenti recenti ampliano il ruolo delle farmacie, prive di responsabilità clinica e di controlli equivalenti.UAP denuncia il rischio di indebolire la vera medicina territoriale, generando costi aggiuntivi, esami da ripetere e ritardi nelle cure e chiede parità di regole e un sistema fondato su qualità, responsabilità e trasparenza.

La recente spinta a trasferire nelle farmacie attività diagnostiche e servizi sanitari oggi garantiti dalla diagnostica privata accreditata rappresenta un caso emblematico di un processo più ampio: l’indebolimento della vera medicina territoriale. Una rete che ogni anno assicura circa un terzo degli esami complessivi erogati in Italia, utilizzando appena l’8% delle risorse del Servizio sanitario nazionale. Nonostante la sua efficienza, questa rete viene messa ai margini da provvedimenti che ne stravolgono il ruolo, come denuncia ormai da tempo  UAP – Unione Nazionale Ambulatori, Poliambulatori, Enti e Ospedalità Privata. Resta poi irrisolto il nodo della responsabilità clinica, che le farmacie non possono assumersi. Non servono soluzioni miracolistiche, ma realismo e onestà intellettuale.

La rete degli ambulatori e poliambulatori privati accreditati ha garantito negli anni un’assistenza capillare, regolata in modo rigoroso e fondata su standard di qualità molto elevati. La diagnostica privata accreditata non è un accessorio del sistema, ma uno dei suoi cardini: fornisce un servizio essenziale, a costi limitati e con grande efficienza. Nonostante ciò, questa realtà viene sistematicamente ignorata o addirittura contrastata, mentre si favoriscono altri soggetti mossi da logiche che non hanno come fine primario la qualità dell’assistenza, ma interessi di natura economica. Gli ultimi provvedimenti normativi confermano un trend preoccupante: un progressivo ampliamento delle prerogative delle farmacie, che sono comunque soggetti privati, autorizzati dal Comune esclusivamente alla vendita di prodotti. Ben diversa è la condizione delle strutture sanitarie accreditate, che operano sulla base di un’autorizzazione regionale subordinata al rispetto di oltre 420 requisiti previsti dal D.Lgs. 502/1992.

Maria Stella Giorlandino

La vera medicina territoriale è quella fornita da ambulatori e poliambulatori autorizzati e convenzionati, presenti capillarmente sul territorio nazionale, che assicurano servizi sanitari con professionisti specializzati e nel rispetto rigoroso delle norme in materia di sicurezza, privacy, impianti, tecnologie, gestione dei rifiuti e controlli periodici. Un sistema complesso, sottoposto a verifiche continue e funzionante secondo standard identici a quelli degli ospedali pubblici. Tuttavia, quando si parla di “medicina di territorio”, questa rete quasi mai viene citata.  UAP, che rappresenta circa 27.000 strutture sanitarie private autorizzate e convenzionate con oltre 350.000 addetti, guidata dalla Presidente Mariastella Giorlandino, combatte da anni per garantire il rispetto delle norme a tutela della salute dei cittadini. Una battaglia non corporativa, ma legata al principio della legalità sanitaria: chiunque eroghi prestazioni deve rispettare le stesse regole, indipendentemente dall’insegna.

Secondo l’ISTAT, nel Lazio sono presenti circa 1.300 strutture accreditate convenzionate e circa 9.000 strutture private autorizzate, a fronte di 1.568 farmacie. Viene spontaneo chiedersi quale necessità vi sia di ampliare proprio alle farmacie – che non rientrano nei piani di fabbisogno e non possiedono autorizzazione regionale all’esercizio di attività sanitarie – la platea degli erogatori di servizi. Le farmacie infatti operano con una semplice autorizzazione comunale alla vendita di prodotti, senza essere sottoposte ai 420 requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti alle strutture sanitarie. Eppure, si concede loro l’erogazione di servizi che in ambulatorio sono eseguiti da specialisti e personale sanitario qualificato.

La scorsa settimana la Regione Lazio ha aperto alle farmacie la possibilità di erogare prestazioni fisioterapiche, tradizionalmente eseguite da fisiatri e fisioterapisti nelle strutture accreditate. In Liguria è stato inoltre consentito alle farmacie di effettuare l’esame OTC, un accertamento oculistico complesso. Ma qui emerge il nodo centrale: la responsabilità clinica. I medici che operano nelle strutture pubbliche, accreditate o private assumono responsabilità civili e penali su diagnosi e terapie, garantendone validità, tracciabilità e piena utilizzabilità. Le farmacie non possono fare lo stesso. I referti rilasciati in farmacia non sono equiparabili a un referto diagnostico, e spesso devono essere ripetuti in ambulatorio, generando sprechi, costi aggiuntivi e ritardi nelle cure.

Per questo  UAP chiede a Governo, istituzioni e Garante della Privacy che tutti coloro che erogano prestazioni sanitarie siano sottoposti ai medesimi requisiti oggi obbligatori per le strutture sanitarie. Non si tratta di fare la guerra alle farmacie, ma di ristabilire un principio di equità e di tutela della salute dei cittadini. «Non siamo contro le farmacie – afferma Mariastella Giorlandino – ma vogliamo parità di condizioni. Altrimenti, per coerenza, dovremmo consentire alle strutture sanitarie di vendere i farmaci».

Sul fronte economico, UAP è impegnata anche nella revisione del tariffario nazionale. Dopo 27 anni di immobilismo, il Ministero ha approvato un nuovo decreto tariffario il 25 novembre 2024, poi annullato dal TAR del Lazio per istruttoria insufficiente, dati incompleti e criteri tecnici inadeguati. Ciò non significa che non esistano soluzioni. In molte Regioni del Nord, non sottoposte ai piani di rientro, sono già attivi tariffari aggiornati e perfettamente funzionanti.  UAP li ha presentati al Ministero per dimostrare che un nuovo tariffario nazionale può essere approvato rapidamente, senza anni di attesa né costose consulenze. Nel frattempo, nel Sud in piano di rientro si registra un crescente intervento delle multinazionali nelle acquisizioni del settore.

 UAP ha inoltre apprezzato la decisione del Ministro Orazio Schillaci di bloccare l’estensione dell’attività intramoenia come soluzione per ridurre le liste d’attesa. Il meccanismo, infatti, non avrebbe accorciato i tempi, ma avrebbe semplicemente spostato le prestazioni verso canali più costosi per i cittadini: visite ed esami che nel pubblico richiedono mesi diventano disponibili rapidamente nella stessa struttura tramite intramoenia, ma con costi molto più elevati rispetto alle tariffe delle strutture completamente private.

UAP non chiede miracoli o slogan, ma trasparenza e rigore. Chiede che i servizi sanitari siano erogati da professionisti qualificati in strutture che rispettano integralmente i requisiti strutturali, tecnologici e di sicurezza imposti dalla legge. Chiede un tariffario realistico e applicabile. In breve, chiede che la sanità italiana torni a essere governata da regole chiare, responsabilità professionale e qualità, non da scorciatoie o forzature che rischiano di compromettere il diritto alla salute dei cittadini. Solo così il diritto alla salute potrà rimanere tale, e non trasformarsi nell’ennesimo slogan destinato a svanire.

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