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Fiera del Libro di Roma: l’ombra della censura e la crisi del pensiero critico

Giacobinismo e cultura alla Fiera del Libro di Roma. Il tempo gramsciano in declino.
Si può ancora censurare la cultura? Come si è giunti a bruciare i libri? Come si è arrivati a costringere alcuni giornali a diventare clandestini in un tempo non remoto? È ancora accettabile censurare l’editoria?Le dichiarazioni di Massimo Cacciari e Luciano Canfora, in questi giorni, ovvero di un filosofo e uno storico, dovrebbero far molto riflettere tutti coloro che hanno sottoscritto l’appello per “eliminare” la piccola editrice presente alla Fiera dando  alla stessa casa editrice una pubblicità gratuita enorme. Ma il problema resta. 

 

Il declino della politica a sinistra è dato anche da una mancanza di serie riflessioni sui processi culturali che dal 1945 sono in atto. Una volta la cultura era profonda formazione tra idee rivoluzionarie e visione riformista. Oggi è macerie le cui rovine portano alla arroganza e alla non capacità di confronto di comparazioni di timore della dialettica. Allora?
Mentre leggevo, ascoltavo, osservavo l’Appello di coloro che si ergono a censori dell’editoria non politicamente corretta riflettevo su Hegel, oltre che su Voltaire. Immediatamente ho abbandonato sia il tedesco della fenomenologia sia il francese della ragione. Ho semplicemente cercato di sorridere un po’.
Mi sono chiesto più volte se questo è un mondo reale o è soltanto ancora una finzione della brutta rivoluzione francese che ha condotto a Robespierre.
Mi sono detto, leggendo, i nomi degli “appellanti, ma no. Non può essere. Non hanno una cultura profonda se pur anteposta alla mia. È il pensiero non pensiero ovvero la fragilità delle idee a farsi continuamente strada. Perché? Semplice. Non hanno altri argomenti. E fanno gruppo.
In realtà sembra essere ritornati al contesto delle inquisizioni. Cosa accade nelle sinistre delle culture? È grave che un gruppetto di “intellettuali” di ideologia di sinistra contesti e censura (ripeto censura) la presenza alla Fiera del Libro della media e piccola editoria di Roma di una casa editrice che pubblica libri in odore di fascismo.
È triste tutta la faccenda. Ci fa capire che il pensiero non è libero. Ci fa capire che l’idea di democrazia è antidemocratica? Il filo tra dittatura e democrazia è molto sottile. Bisogna fare molta attenzione.
Questi fatti avvengono quando il pensiero è debole o quando l’intolleranza giunge a limiti estremi. Invece di esplodere la critica dialettica si cerca di imbavagliare. Ma questi sono veramente persone di cultura? Non credo proprio.
Le dichiarazioni di Massimo Cacciari e Luciano Canfora, in questi giorni, ovvero di un filosofo e uno storico, dovrebbero far molto riflettere tutti coloro che hanno sottoscritto l’appello per “eliminare” la piccola editrice presente alla Fiera. Il colpo credo che non sia riuscito perché hanno dato alla stessa casa editrice una pubblicità gratuita enorme. Ma il problema resta.
Si può ancora censurare la cultura? Come si è giunti a bruciare i libri? Come si è arrivati a costringere alcuni giornali a diventare clandestini in un tempo non tempo remoto? È ancora accettabile censurare l’editoria? Ma questi signori non si guardano intorno? Se c’è un filo sottile insiste tra democrazia e dittatura è una storia completamente diversa tra democrazia e libertà.
La libertà non è in incipit un fatto istituzionale. È una idea che riguarda il pensiero. Si può anche processare un pensiero ma resta sempre un pensiero oltre il processo. Chi è “democratico” non dovrebbe imporre e quindi censurare e chiedere che si applichi un atto antistorico e antifilosofico.
Sono i lettori che decidono e non alcuni “intellettuali” che credono di possedere la verità.
Già sull’argomento della verità gli appelli sono radicalismi giacobini.
Non si tratta soltanto di una situazione improbabile ma anche di una supponenza e di un senso di superiorità basato sul completamente nulla. Questo nasce soprattutto dal clima politico che campeggia oggi. La politica non dovrebbe silenziarsi. Soprattutto quella delle sinistre.
Il fatto, per ritornare a ciò che ho detto prima, è che gli argomenti nascono dalle idee. Le idee fanno il Pensiero. Se si ha una sola idea non fa pensiero articolato. Infatti si vive nel tempo di una sinistra culturale che impone un suo status senza più pensiero. Ma abita in un caos che riesce a esprimere soltanto il contro. Con questi gruppi non c’è più una cultura che si possa definire di sinistra. Solo giacobinismo. Robespierre, metafora del suicidio lento.
Lento suicidio delle idee e quindi un pensiero che è stato sostituito dagli slogan. È realmente la morte della cultura nella quale una volta si identificavano i nipotini di Gramsci. Soltanto macerie di una cultura di sinistra finita.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Archeologo, direttore del Ministero dei Beni Culturali e, dal 31 ottobre 2025, membro del CdA dei Musei e Parchi Archeologici di Melfi e Venosa, nominato dal Ministro della Cultura; presidente del Centro Studi “Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.

Nel 2024 è stato Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.

Incarichi in capo al Ministero della Cultura:

Presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

Presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

Segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.

È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse” e presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con studi su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e sulle linee narrative e poetiche del Novecento che richiamano le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.

Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale esplora le matrici letterarie dei cantautori italiani e il rapporto tra linguaggio poetico e musica, tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

Studioso di civiltà mediterranee, Bruni unisce nella sua opera il rigore scientifico alla sensibilità umanistica, ponendo al centro della sua ricerca il dialogo tra le culture, la memoria storica e la bellezza come forma di identità.
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