Una mossa senza precedenti nel quadro di un disgelo diplomatico: Minsk rilascia oppositori di spicco come Ales Bialiatski e Maria Kolesnikova dopo colloqui con un inviato di Trump, mentre l’Unione Europea mantiene sanzioni più ampie e l’opposizione resta cauta
12 dic. 2025 – Il governo bielorusso ha ordinato la liberazione di 123 prigionieri politici, compresi alcuni dei volti più noti della dissidenza al regime di Aleksandr Grigor’evič Lukašenko, in quello che è stato descritto come il più grande rilascio di oppositori da parte delle autorità negli ultimi anni. Tra i liberati figurano Ales Bialiatski, attivista per i diritti umani e vincitore del Premio Nobel per la Pace 2022, e Maria Kolesnikova, una delle principali figure delle proteste anti-Lukashenko del 2020, condannata e incarcerata per anni in processi ampiamente considerati politicamente motivati.
La decisione di Minsk è arrivata dopo due giorni di colloqui diplomatici con un inviato degli Stati Uniti, designato dal presidente Donald Trump, durante i quali Washington ha annunciato la revoca delle sanzioni americane al settore del potassio, uno dei principali prodotti di esportazione bielorussi. Queste sanzioni, imposte dalle amministrazioni occidentali per punire la repressione interna e il sostegno bielorusso alla guerra russa in Ucraina, avevano colpito duramente la capacità di Minsk di esportare fertilizzanti sul mercato globale.
Secondo l’agenzia di stampa statale bielorussa Belta, Lukashenko ha graziato 123 persone condannate in base alle leggi locali per vari reati, tra cui spionaggio e terrorismo, ma molti osservatori internazionali sottolineano che si tratta quasi esclusivamente di prigionieri politici. Tra i liberati vi sono membri dell’opposizione, attivisti per i diritti umani e anche cittadini stranieri, compresi alcuni ucraini e europei.
La liberazione dei prigionieri è stata accolta con gioia dalle famiglie e dai loro sostenitori, ma anche con cautela dalla comunità internazionale. Bialiatski stesso, parlando dopo il rilascio, ha espresso sollievo e gratitudine per la libertà ma ha ricordato che più di mille prigionieri politici restano ancora incarcerati in Bielorussia, sottolineando che la sua liberazione non segna la fine della repressione: “Più di mille persone sono ancora in carcere semplicemente perché hanno scelto la libertà. E io continuerò a essere la loro voce”.
Maria Kolesnikova, divenuta simbolo della resistenza dopo aver strappato il proprio passaporto per evitare l’esilio forzato nel 2020, ha manifestato gratitudine verso le nazioni coinvolte nelle trattative e ha espresso speranza per il futuro, pur ribadendo che il cammino verso la democrazia rimane lungo.
Dal punto di vista diplomatico, la mossa riflette un tentativo di Minsk di avviare un disgelo con Washington dopo anni di isolamento internazionale per violazioni dei diritti umani e per il suo ruolo nella guerra in Ucraina. Secondo l’inviato statunitense John Coale, i colloqui sono stati “molto produttivi” e segnano un progresso nelle relazioni bilaterali, con l’auspicio di ulteriori passi in avanti, inclusa la possibile rimozione di altre sanzioni se saranno compiuti ulteriori progressi sui diritti e sul rilascio di altri prigionieri.
Tuttavia, la Unione Europea mantiene ancora sanzioni più ampie, in particolare quelle che bloccano il flusso di potassio bielorusso attraverso i porti baltici verso i mercati mondiali — misure considerate da molti analisti più incisive nel limitare l’economia di Minsk rispetto alla sola revoca di quelle statunitensi. Allo stesso tempo, alcuni Paesi vicini, come la Lituania, hanno denunciato recenti episodi di “attacchi ibridi” provenienti da territorio bielorusso (tra cui l’uso di palloni per trasportare merci illegali e che hanno causato chiusure temporanee di aeroporti), aumentando la tensione regionale e spingendo l’UE a promettere ulteriori misure contro Minsk.

In questo contesto, la liberazione di Bialiatski e Kolesnikova rappresenta un gesto significativo dal punto di vista soprattutto diplomatico, ma resta incerta la sua portata in termini di cambiamento reale nel sistema politico bielorusso, dominato da oltre un trentennio dalla figura di Lukašenko e caratterizzato da repressione sistematica dell’opposizione.
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