Natale era il tempo della Nascita come Gioia. Mi sono chiesto in questi giorni cosa possa significare ancora questo sentimento. Ieri era il sorriso tra papà mamma e mia sorella.
Il panettone atteso con l’uvetta e lo zucchero sulla crosta con mandorle. Il torrone necessariamente duro con difficoltà a farlo sciogliere mentre si gustava a pezzetti.Tutto ha la favola bella e dovrebbe affidarci al tempo e non alla storia. Soprattutto in questi attraversamenti tristi di guerra tra terre massacrate e egoismi imperturbabili. Non si distruggono soltanto luoghi e città in macerie che non si ricomporranno mai. Si lacerano le civiltà e l’uomo muore nella miseria della perdita della misericordia.
Resta una memoria indelebile più sacra della sacralità del Giorno. Porta il tempo di un vissuto dentro il vivere del presente”
Pierfranco Bruni
Una volta il Natale era anche l’attesa della neve. Il sacro nella natura. Ero ragazzo. La festa era il vestito nuovo. Il pranzo grande e la cena lunga. Era la famiglia riunita intorno a una tavola imbandida in rosso e alberelli verdi. Non si dimenticano ii riti che diventano miti e archetipi in una religiosità in cui il sacro aveva un senso.
Natale era il tempo della Nascita come Gioia. Mi sono chiesto in questi giorni cosa possa significare ancora questo sentimento. Ieri era il sorriso tra papà mamma e mia sorella.
Il panettone atteso con l’uvetta e lo zucchero sulla crosta con mandorle. Il panettone classico. Il torrone necessariamente duro con difficoltà a farlo sciogliere mentre si gustava a pezzetti.
Era il restare a casa con la tombola e i pisellini o fagiolini come pedine. Il tempo è passato. Il tempo passa sempre. Resta una memoria indelebile che resta più sacra della sacralità del Giorno. Porta il tempo di un vissuto dentro il vivere del presente.
La Tradizione non è mai un ricominciare. È sempre un continuare dando senso a ciò che oggi si percepisce soltanto. Si diventa oltre il fatto dell’essere figli sempre e ora anche padri e nonni. Non misuro il tempo. Ma il cammino lento e paziente degli anni tra i simboli e i gesti, tra la dolcezza e il rispetto.
Ogni Natale era anche baciare la mano a mio padre e mia madre nel segno della devozione. Baciavo la mano di mio padre come fedeltà a una antica famiglia. A mia madre come regina e dea della casa.
Un tempo indelebile nel cuore dell’umanità. Della piccola umanità di ogni famiglia. Il religioso che si porta dentro è come se si risvegliasse oltre le notti che viviamo lungo i giorni dell’anno tra le ombre la luce e la pazienza.
Natale è la consapevolezza della pazienza nella accoglienza di una promessa antica tra i Re Magi che hanno l’Oriente nella pace e costruiscono lentamente il tempo nuovo dell’Avvento. C’erano i dolci fatti in casa. Rigorosamente. Il miele le palline lo zucchero caldo e le mani delle donne che avevano radici popolari nel canto del Tu scendi dalle stelle.
Non rimpiango. Non ha senso rimpiangere alla mia età. Tutto ha la favola bella e dovrebbe affidarci al tempo e non alla storia. Soprattutto in questi attraversamenti tristi di guerra tra terre massacrate e egoismi imperturbabili. Non si distruggono soltanto luoghi e città in macerie che non si ricomporranno mai. Si lacerano le civiltà e l’uomo muore nella miseria della perdita della misericordia.
L’uomo muore nonostante la pietà. L’uomo sfida nonostante la sua nascita e le sue eredità. L’uomo ha il suo focolare nonostante i labirinti attraversati e da attraversare. Siamo in un tempo di guerra nella quale la giustizia è non solo quella delle trincee.
Natale nei venti di guerra è un paradosso e un assurdo che si abita nonostante le bombe e i droni che sfidano le stelle. Una volta il Natale era Attesa. La messa a mezzanotte e i canti liturgici. Riporto in me un immaginario che resta depositato tra le ricordanze. Ci sono le assenze. È naturale.
Le generazioni sono profezia lungo il cammino degli Elfi. Sfoglio i miei libri. La bella Rebecca è la gioia assoluta. L’albero è pieno di luci colorate. Il presepe ha la grotta con tutti i suoi personaggi. La Tradizione è il vero volto della vita.
Dai apriamo il panettone.
È festa. Non folclore. È Cristo che nasce nonostante la devastazione della realtà.
C’è sempre un dono inaspettato. Poi arriverà la Benatana.
Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Archeologo, direttore del Ministero dei Beni Culturali e, dal 31 ottobre 2025, membro del CdA dei Musei e Parchi Archeologici di Melfi e Venosa, nominato dal Ministro della Cultura; presidente del Centro Studi “Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 è stato Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura:
Presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
Presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
Segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse” e presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con studi su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e sulle linee narrative e poetiche del Novecento che richiamano le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale esplora le matrici letterarie dei cantautori italiani e il rapporto tra linguaggio poetico e musica, tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
Studioso di civiltà mediterranee, Bruni unisce nella sua opera il rigore scientifico alla sensibilità umanistica, ponendo al centro della sua ricerca il dialogo tra le culture, la memoria storica e la bellezza come forma di identità.
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