Il Cardinale Salvatore De Giorgi ha dedicato tutta la sua vita a Gesù Cristo e alla Chiesa. Ora ha 95 anni e si trova a Roma, abita accanto alla Basilica di San Pietro. È stato vicino, a Palermo, a un interprete autentico del Vangelo dei nostri tempi, Fratel Biagio; ha collaborato con Papa Benedetto XVI, con Papa Francesco e sta collaborando con Papa Leone XIV. Ora lui ci indica, come grande uomo di Chiesa, la via più sicura della santità.
Nato nel 1930, nel 1941 da Vernole è stato trasferito a Lecce nel Seminario diocesano; nel 1946 a Molfetta in quello regionale; nel 1953 a Lecce da sacerdote e nel 1958 come parroco; nel 1974 a Oria come Vescovo; nel 1981 a Foggia-Bovino-Troia, come Arcivescovo; nel 1987 a Taranto; nel 1990 a Roma come Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana; nel 1996 a Palermo e nel 2007 di nuovo a Roma in più diretta collaborazione prima con Papa Benedetto XVI, poi con Papa Francesco e ora con Papa Leone XIV. Ancora oggi è una risorsa per la Chiesa e per tutta la società per la sua grande cultura, umiltà e fede profonda. Gli abbiamo posto alcune domande.
Cardinale De Giorgi, quando era a Palermo nel suo ministero ha conosciuto Fratel Biagio, che ricordo serba nel suo cuore?
«”San Francesco di Palermo“. Così ho conosciuto e definito fratel Biagio Conte nel mio indimenticabile servizio episcopale a Palermo. Così mi è apparso sin dal mio primo incontro con lui in Cattedrale il 25 maggio 1996. E tra i primi miei impegni pastorali è stato quello di rendermi conto di quanto Dio operava per mezzo di lui in via Decollati, trasformando ruderi abbandonati in una dignitosa villetta di accoglienza di quanti distrutti nella loro dignità dall’alcool e dalla droga erano soli e rifiutati dalla società, dei poveri senza cibo e senza casa, dei sempre più numerosi migranti di ogni razza, cultura e religione.
Mi resi conto che Biagio era per la Chiesa di Palermo un segno profetico dato dal Signore per essere più operosa e concreta nel privilegiare e aiutare gli ultimi, i suoi prediletti, con i quali Gesù ha voluto identificarsi ritenendo fatto o non fatto a sé quanto noi abbiamo fatto o non fatto a loro.
Biagio ne era fermissimamente convinto, e con i fatti più che con le parole, sorretto dalla preghiera e dalla penitenza, confidando nell’aiuto del Signore soprattutto nei momenti più difficili, si è donato e consacrato a lui servendolo appassionatamente nei suoi prediletti.
Preferiva dormire in una tenda per assicurare un posto a chi lo chiedeva stando fuori all’aperto. E grande era la sua e la mia gioia quando nelle grandi feste religiose ero a mensa con i suoi prediletti, alcuni dei quali si sono rivelati dei veri geni una volta liberati da distruttive dipendenze.
Ha fatto suo quanto Papa Francesco non si stancava di suggerire nel comportarci con gli immigrati: accoglierli, accompagnarli, promuoverli, integrarli.»
Lei ha dovuto occuparsi delle istanze di Fratel Biagio?

«Gli sono stato vicino quando chiese al Comune un altro rudere per farne una dignitosa Casa di accoglienza per donne povere o immigrate, divenute sempre più numerose, servite dalle brave sorelle che, come Santa Chiara con San Francesco, hanno voluto seguire l’esempio di fratello Biagio.
Gli sono stato vicino in modo particolare quando con un gesto tipico dei profeti più coraggiosi occupò un terreno abbandonato dello Stato: a suo fianco ho dovuto mediare con la magistratura e le alte autorità statali per fargli ottenere metà di quel terreno. E lui, valorizzando le diverse capacità e mansioni dei suoi ospiti, ha trasformato i ruderi della seconda guerra mondiale in abitazioni decorose per centinaia di immigrati.
E per me resta indelebile il ricordo della celebrazione del 50° della mia Ordinazione sacerdotale insieme ai vescovi siciliani: sedevamo a mensa insieme a oltre seicento immigrati.
Anche da lontano gli sono stato vicino spiritualmente nelle sue peregrinazioni in tante parti del mondo per annunciare e testimoniare il Vangelo della concordia, della giustizia, della misericordia e della pace all’insegna della grande Croce che portava sempre con sé e sulla quale si è immolato nell’ultima malattia, come ho potuto comprendere nell’ultima telefonata fattagli alcuni giorni prima.
Palermo ha perduto certamente in terra un grande profeta e operatore nella Missione di Speranza e Carità, ma ora ha nel cielo un intercessore con Cristo per una sempre più viva consapevolezza di progredire camminando con i poveri e operando a favore dei poveri.»
Ora lei si trova a Roma in Vaticano, come vive le sue giornate?
«Dal febbraio 2007, lasciata Palermo per raggiunti limiti di età, sono a Roma.
E ora superati i 95 anni sono nell’attesa dell’ultimo dei molti trasferimenti che la Volontà Divina ha disposto nel corso di questi lunghi anni, dicendomi come ad Abramo: “Lascia la tua terra e va’ dove io ti indicherò”.
Vivo solo con una sorella di 88 anni che fa tutto in casa, dalla cucina alla pulizia delle stanze da letto, da quella da pranzo alla Cappella personale. Viviamo come in un monastero, alternando la preghiera, che è il primo dovere di un Vescovo, al lavoro apostolico dal quale per un sacerdote non si va mai in pensione.
E come in ogni monastero osserviamo la regola degli orari. La Liturgia delle Ore con la Santa Messa la mattina, il Rosario il pomeriggio, l’Adorazione eucaristica e i Vespri la sera.
Se il lavoro di mia sorella è quello domestico, il mio è molteplice.
Anzitutto la collaborazione col Papa sia negli incontri collegiali come i Concistori e le Congregazioni previe al Conclave, sia per particolari incarichi personali, come il rappresentarlo in tre Beatificazioni, di un religioso, il martire Francesco Spoto, di un laico, il Prof. Giuseppe Toniolo, e di un sacerdote il martire don Giuseppe Puglisi.»
Lei continua a studiare a prepararsi?
«Per tutto questo occorre continuare a studiare, leggere, approfondire, tenersi aggiornati sulla vita e il Magistero della Chiesa, senza trascurare quanto accade in un mondo sempre più lontano da Dio e devastato da molteplici guerre disumane e senza fine.
Doverosa è la partecipazione alle Celebrazioni Liturgiche del Santo Padre, e molto utile quella a eventi culturali in Vaticano o a Roma.
Prezioso lavoro apostolico per me è la visita agli ammalati e ai carcerati, celebrare i Sacramenti nelle parrocchie di Roma e non solo, come anche accogliere inviti di Vescovi a presiedere Concelebrazioni Eucaristiche nelle loro diocesi.
E lavoro apostolico non meno prezioso è accogliere con gioia ospitale visite di vescovi, di sacerdoti, di laici, di famiglie che vengono a salutarmi o a chiedere consigli.
Una particolare attenzione ho il dovere di porre alla Fondazione Vaticana che porta il mio nome e che da 15 anni sotto il Pontificato di Benedetto XVI ho costituito e col successivo incoraggiamento di Papa Francesco ho promosso per aiutare seminaristi bisognosi italiani, africani, siriani, iracheni, palestinesi, albanesi, ma anche studenti universitari, e i poveri in genere.
Sono questi i tanti benefici del Signore che ogni giorno ringrazio con l’invito del Salmista: “Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo Nome. Non dimenticare i tanti suoi benefici”. Sono tutti doni della Volontà Divina e della gratuita Benevolenza del Signore al quale mi sono affidato e mi affido con immensa fiducia, lodandolo, adorandolo, benedicendolo e ringraziandolo ogni giorno con ferma fede e crescente amore.»
Lei è pugliese ed è venuto a conoscenza della serva di Dio Luisa Piccarreta che ha vergato i volumi di Libro di Cielo, in cui sono riportati i dialoghi tra Gesù e Luisa. Cosa può dirci in merito?

«Questi scritti della Serva di Dio Luisa Piccarreta, sono stati approvati da un grande santo siciliano, Annibale di Francia. È l’invito a prendere sempre più coscienza della primaria e fondamentale vocazione di ogni cristiano alla santità, anima, garanzia e forza propulsiva della missione alla quale tutti indistintamente siamo chiamati, anche se per tutta la vita in un letto di dolori, come Luisa.
Divenuti col Battesimo figli adottivi di Dio siamo diventati anche partecipi della sua vita e della sua santità e tale santità siamo chiamati a testimoniare nelle ordinarie condizioni della nostra vita. Dono della volontà e della benevolenza divina, la santità è anche impegno della nostra volontà umana, risposta del nostro umile amore al suo immenso Amore gratuito, preveniente e infinito.»
Luisa Piccarreta con questi scritti ci ha indicato la strada della santità Divina?
«Con amore straordinario Luisa ha risposto all’Amore di Gesù, abbandonandosi totalmente alla sua volontà. E nel vivere nella Volontà Divina di Gesù, conformando ad essa la propria vita, ha individuato la via più sicura della santità.
Eccezionali sono stati i doni mistici di cui l’ha colmata Gesù, ma eccezionale è stata anche la risposta di Luisa in un progressivo e crescente amore sponsale sul fondamento di una umiltà sincera e con la garanzia di una obbedienza assoluta ai confessori, ai vescovi e soprattutto alla Santa Sede, sino a riprovare e condannare nei suoi scritti ciò che la Chiesa riprovava e condannava. Una lezione di grande attualità.
Una risposta di amore, la sua, maturata alla scuola costante della Passione del Signore che meditava e riviveva ogni giorno nelle sue membra, nutrita al convito della Eucaristia della quale era ardentemente appassionata, coltivata in unione alla Vergine Santa della quale era teneramente innamorata, maturata nel silenzio adorante della lunga preghiera e nei dialoghi intimi con lo Sposo divino, immobile e impietrita dal dolore nella notte, manifestava la sua gioia pasquale durante il giorno e dal suo letto accoglieva sorridente le persone confortandole come messaggera e missionaria della Divina volontà.
Discepoli e missionari della Divina Volontà invita ad essere anche noi, perché nelle ore della gioia come in quelle immancabili del dolore, recitando il “Padre nostro”, possiamo dire col cuore e con la vita più che con le labbra “Sia fatta la tua volontà come in cielo cosi in terra”.
È la Volontà Divina la fonte inesauribile della serenità e della pace, la sorgente sempre viva della conversione e della santità, il dono perenne della gioia terrena che ci fa pregustare quella eterna. È quanto auguro di cuore a voi e a me.»
Sono questi gli uomini della Chiesa, che ti fanno toccare con mano la bellezza del Vangelo. Un innamorato di Gesù Cristo, che in ogni dove, ad ogni passo della sua vita, testimonia con coerenza e grande umiltà.
Riccardo Rossi
fonte: altroparlante.it
Photocover: Cardinale De Giorgi e Papa Leone XIV

