Il testo di Annina Vallarino che qui si presenta e pubblicato da Rubbettino, si segnala per il suo coraggio. Non la temerità astiosa e rissosa dei social, né l’impudenza verbale e inconcludente, ma il meditato coraggio di chi vuole guardare la realtà senza far sconti e con la tranquilla forza di una ragione che non si arrende alle nebbie delle ideologie. L’autrice è una femminista per la quale il femminismo sembra realizzare il precetto kantiano dell’illuminismo come “uscita dell’uomo (della donna) dallo stato di minorità, imputabile a se stesso”.
Cosa significa ciò? Significa che la Vallarino rivendica, giustamente, le conquiste del femminismo storico e le relative lotte che hanno portato le donne a svolgere un nuovo ruolo nella società moderna facendole uscire, certo non totalmente, dallo “stato di minorità” in cui si trovavano confinate. E’ stato un grande processo di emancipazione collettiva in cui un nuovo soggetto sociale, identificato dal sesso di appartenenza, si faceva carico di una promessa di liberazione riguardante non solo le donne ma l’intera società. Era l’autoaffermazione decisa del proprio valore che si realizzava sfidando un mondo maschile ostile e, spesso, sprezzante verso le capacità, le competenze, le possibilità e talvolta, la vera e propria intelligenza, femminile; questa autoaffermazione portava con sé la coscienza che solo un cambiamento radicale delle strutture di potere era in grado di umanizzare e liberare dallo sfruttamento i rapporti tra i sessi e all’interno dei sessi.
Questo femminismo storico, ricostruito citando i classici teorici e la vita concreta di molte donne, ha subito una torsione di significato alla fine del millennio e negli anni successivi. Qui il testo, rifiutandosi di sottomettere la realtà alla fantasia, analizza nel dettaglio e con ammirevole acutezza metodologica le caratteristiche del neofemminismo, partendo dal principio che “uomini e donne sono entità complesse e sfaccettate” (pag. 104). Ne esce un quadro desolante. Senza mezzi termini viene rimproverato al neofemminismo un arretramento culturale preoccupante che, a fronte di una radicalizzazione parolaia sempre più estrema, giunge a negare proprio quell’autoaffermazione singola e quella promessa di liberazione collettiva che erano le componenti principali del femminismo: le donne da soggetto della storia che prendono il proprio destino nelle proprie mani sfidando apertamente il pregiudizio e lo sfruttamento, sono tornate ad essere qualcosa di fragile, eterne vittime da difendere in qualsiasi situazione, da un appuntamento andato male a una presunta “cultura dello stupro”; il tutto condito da quella che, icasticamente, Vallarino definisce “lagna” ovvero l’insopportabile tendenza all’autocommiserazione e la sconsiderata abitudine di incolpare continuamente l’altro sesso.
Abitudine che alla fine risulta un boomerang perché invocando sempre più fumose idee (patriarcato, cultura dello stupro, mascolinità tossica ecc. ecc.) si giunge proprio a deresponsabilizzare il criminale che agirebbe non tanto per propria scelta ma perché vittima a sua volta di una non ben precisata “cultura”: la responsabilità personale (cardine del nostro sistema giudiziario) annega nelle brume dell’indefinito e sorge lo spettro di una corruzione totale che però, a differenza del peccato originale, colpisce solo i maschi. Un caso per tutti: come è mai possibile parlare di patriarcato (società in cui, per fare un esempio, eredita i beni solo il figlio maschio) in una nazione dove una donna è primo ministro e un’altra donna guida il maggiore partito di opposizione? E’ evidente lo scollamento dalla realtà perché le parole descrivono anche chi le usa oltre che la realtà stessa. Né si salvano dalla refrigerante critica dell’autrice i cosiddetti strumenti statistici di cui si sottolineano i vari limiti che privano del tutto di valore le presunte “prove” a sostegno delle astratte fumoserie di cui sopra.
Il neofemminismo, in conclusione, rappresenta per la Vallarino un gigantesco arretramento delle donne e, aspetto particolare, si tratta di un arretramento, kantianamente, “imputabile a se stesse” perché l’errore fondamentale è stato il ripiegamento sulla singola da proteggersi e sempre in pericolo (quasi come un panda in via di estinzione), tralasciando l’aspetto collettivo di “uscita dallo stato di minorità”, di rivendicazione del proprio valore del femminismo storico. Resta una domanda: chi trae vantaggio da tutto ciò? Il testo fa notare come eminenti testate e giornalisti di fama abbiano scelto un adeguamento alla retorica neo femminista, che si segnala come caso particolare del totalitario “politicamente corretto”, ma sfugge nel libro il motivo. Certo, l’autrice vuole smascherare l’aspetto reazionario del neofemminismo (anche nello scivoloso rapporto con le persone transgender), non descrivere questo lato dell’industria culturale, ma alcuni cenni sono di grande interesse.
Sfilano così davanti ai nostri occhi chi su questa retorica costruisce le proprie carriere negli ambiti giornalistici, universitari, politici, “culturali” (sarebbe forse il caso di tornare a ripensare il significato della parola cultura), alle pasdaran social pronte a bacchettare come vergini vestali chi la pensa criticamente (alle quali sarebbe da consigliare il testo di Otto Weininger“Sesso e carattere” così, forse, comprenderebbero meglio il mondo in cui si trovano), alle influencer che, regine della mercificazione, concionano su etica e morale, alle grandi star che da superprivilegiate discettano di inclusività (con tutta la carica di untuoso e perbenistica superiorità del termine) alla rimozione ideologica del fatto che la natura è un dato che si impone al di là dell’artificio (cultura?) umana, a chi nei mass media, in tal modo, può spostare l’interesse su argomenti precisi a scapito di altri, magari più urgenti ma scomodi; il caso di Luana D’Orazio (morta per incidente sul lavoro in un’industria tessile) è significativamente ricordato così come la questione del velo islamico, vera e propria cartina al tornasole di una retorica femminista di facciata che si arrende alla retorica identitaria.
Un libro coraggioso di cui si consiglia caldamente la lettura per la precisa analisi che effettua dell’esistente.