Si conoscono da quando furono colleghi nell’ Università di Dublino. Higgins insegnava Sociologia, Farinella Antropologia e filosofia. Da allora li unisce un rapporto di stima e di sincera amicizia, coltivato con la discrezione e la profondità dei grandi uomini di cultura. Intervista di Francesco Dominoni
Di Francesco Dominoni
DUBLINO, 12 ott. 2025 – Enzo Farinella è amico personale di Michael D. Higgins, attuale Presidente della Repubblica d’Irlanda. I due si conoscono da quando insegnavano insieme nello stesso istituto. Higgins insegnava Sociologia, Farinella Antropologia e Filosofia. Da allora li unisce un rapporto di stima e di sincera amicizia, coltivato con la discrezione e la profondità dei grandi uomini di cultura. Prosegue il viaggio del COMITES Irlanda nel cuore della comunità italiana. Farinella oggi in pensione, e’ stato giornalista dell’agenzia ANSA e corrispondente per la Radio Vaticana, nasce in Sicilia e arriva in Irlanda nel 1966. È il regista di numerosi gemellaggi tra Italia e Irlanda, tessendo relazioni che si trasformano in amicizie profonde e durature. Dal 1979 al 1999 è Addetto Culturale presso l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino, e oggi dirige il Centro Culturale Casa Italia, cuore pulsante della comunità italiana nella capitale irlandese. Nel corso degli anni, Farinella intreccia legami di amicizia a tutti i livelli: tra politici, imprenditori e uomini di cultura. È amico di Bertie Ahern, classe 1951, leader del Fianna Fáil, Primo Ministro d’Irlanda dal 1997 al 2008, artefice del miracolo economico della Tigre Celtica, uomo di pragmatismo e di visione, capace di guidare un Paese che cambia volto in pochi anni.

Accanto a lui, Farinella si lega a Michael O’Leary, patron della Ryanair, simbolo dell’Irlanda moderna, imprenditore geniale e controverso, presente persino al matrimonio della figlia del giornalista in Sicilia: un segno di stima e amicizia autentica. Stringe rapporti di grande fiducia con Mary Harney, ex leader dei Progressive Democrats, Ministro della Sanità e Ministro dell’Impresa, del Commercio e del Lavoro dal 2004 al 2011.

Donna di potere e di visione, Harney rappresenta per Farinella una finestra sull’Irlanda istituzionale più moderna e pragmatica. Con Enda Kenny, leader del Fine Gael e Primo Ministro dal 2011 al 2017, nasce una stima reciproca, fatta di dialogo e di sensibilità culturale. Tra le personalità più vicine, Farinella annovera Michael Mulcahy, del Fianna Fáil, ex Sindaco di Dublino ed ex Senatore della Repubblica irlandese, figlio di John Mulcahy, fondatore del Sunday Tribune e proprietario del Phoenix Magazine. Una famiglia di peso nella stampa irlandese, un terreno naturale per la passione giornalistica di Enzo. Ma la rete di Farinella non si ferma ai confini irlandesi. Accoglie Mikhail Gorbaciov, l’ultimo Presidente dell’Unione Sovietica, l’uomo della glasnost e della perestroika, il protagonista della fine della Guerra Fredda. Un incontro che segna profondamente la sua visione del dialogo tra popoli. Infine, Farinella riceve con onore Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica Italiana, il “ministro di ferro” degli anni di piombo, protagonista delle pagine più drammatiche e decisive della storia italiana. Enzo Farinella attraversa la storia con passo leggero ma deciso. Ovunque vada, lascia tracce di amicizia, cultura e rispetto reciproco. E nel suo sguardo, sempre, brilla la certezza che la conoscenza personale sia la forma più alta di diplomazia.
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Lei è amico dell’attuale Presidente della Repubblica, Michael D. Higgins.
Esatto. Insegnavamo nella stessa Università. Michael teneva il corso di Sociologia, io insegnavo Antropologia e Filosofia. È nata un’amicizia profonda, che dura ancora oggi. Quando è diventato Presidente, mi ha persino ricevuto nella residenza chiamata Áras an Uachtaráin, situata a Phoenix Park, nel Northside di Dublino. Questa dimora storica è la residenza ufficiale del presidente ed è utilizzata anche per rappresentanza e cerimonie di stato. Michael è un uomo di cultura autentica, di visione e di cuore.
Partiamo dalle origini. Cosa rappresenta per lei Gangi, il paese dove è nato?
Gangi è tutto. È la mia radice, la mia anima. Lì ho imparato a guardare il mondo con curiosità e rispetto. È un borgo che considero “il gioiello d’Italia”. Ho fatto le elementari lì, ma per continuare gli studi ho dovuto lasciare la mia terra: prima Catania, poi Palermo. È stato il mio primo sradicamento, un anticipo della mia futura vita tra luoghi diversi. Ma è in Sicilia che si forma la mia vocazione: capire le persone, collegare culture, creare dialogo.
Nel 1966 approda in Irlanda. Un cambio radicale: che impressione le fece quel Paese?
Un Paese bellissimo e duro allo stesso tempo. Mi sembrò medievale, con un cielo grigio e un’atmosfera austera. Venivo dal sole della Sicilia, e quel clima fu uno shock. Ma la gente… la gente era straordinaria. Una cordialità, una gentilezza, una disponibilità uniche. Il cuore mi si aprì subito. Sentii di avere trovato una seconda casa. Anche se, lo confesso, il richiamo del sole siciliano restava fortissimo: arrivai in agosto, e già a febbraio volevo tornare a casa. Ma l’Irlanda mi aveva conquistato.
Ha intrecciato relazioni importanti anche nel mondo politico.

Sì, l’Irlanda è stata generosa con me. Ho conosciuto da vicino figure come Enda Kenny, ex Primo Ministro, e Pádraig Flynn, allora Commissario Europeo, che partecipò alla presentazione di un mio libro. Ho avuto rapporti con ministri, accademici, imprenditori. Ma il mio centro era sempre uno: l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino. Lo chiamo “il luogo del mio sudore”, dove ho lavorato vent’anni come Addetto Culturale e dove, anni dopo, ho ricevuto una delle mie più grandi onorificenze.

Lei è stato anche corrispondente della Radio Vaticana. Una posizione privilegiata per raccontare la Storia.
Sì, e con emozione ancora oggi ricordo la prima visita di un Papa in Irlanda. C’erano mille giornalisti, ma io avevo una responsabilità unica: il direttore della Radio Vaticana mi consegnò una cassetta sigillata con tutti i discorsi del Pontefice. Nessuno poteva leggerli. Tra questi, quello di Drogheda, in cui il Papa si rivolse “in ginocchio agli uomini violenti”. Dovevo custodire il segreto. E lo feci, consapevole del peso di quelle parole. Fu un momento di storia pura, e io ero lì.
Ha incontrato anche figure mondiali come Michail Gorbaciov.

Sì, ho avuto il privilegio di intervistarlo. Gorbaciov rappresentava un’epoca che finiva, ma anche una speranza che nasceva. L’ho visto come un uomo vero, stanco ma determinato. E poi, anni dopo, ho vissuto un altro momento storico: la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, che ricevetti mentre ero in Irlanda per un incontro istituzionale. Ho sempre sentito la responsabilità di raccontare la verità dei fatti, senza spettacolarizzarli.
Lei ha ricevuto onorificenze importanti, sia italiane che internazionali. Cosa significano per lei?

Ogni riconoscimento è una tappa di un cammino collettivo, non personale. Quando ricevetti il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana, con la firma di Giorgio Napolitano, provai una grande emozione: la cerimonia si tenne proprio all’Istituto Italiano di Cultura, il mio “luogo di lavoro e di sudore” insieme all’ex Ambasciatore Savoia. E poi l’ONU Peace Messenger Award, consegnato dal Segretario Generale Javier Pérez de Cuéllar nel 1986. Mi premiarono per i “gemellaggi” tra città: piccoli semi di pace seminati con costanza. È quello che mi ha sempre guidato.
Nella sua vita, la famiglia occupa un ruolo centrale. Ci racconta qualcosa di più?
La famiglia è la mia forza. Dal mio primo matrimonio con Patrizia ho avuto tre figli: Santina, imprenditrice; Ashlin, stilista di talento; e Gioacchino, che vive in Irlanda con sua moglie polacca e le loro due figlie. Poi, nel 2016, mi sono risposato con una giornalista conosciuta a Trento: ci siamo sposati in Sicilia, nel teatro Rosa di Pollina, e da quel matrimonio è nato Enzino, in Ungheria. La mia famiglia è un piccolo mosaico europeo tra Sicilia, Irlanda, Polonia, Ungheria ma con un cuore unico. Quello di Gangi.
Oggi, guardando indietro, cosa sente di aver costruito?
Ho cercato di creare legami. Tra persone, culture, generazioni. Di seminare rispetto, conoscenza, fiducia. Se qualcuno, oggi, sente che grazie a un mio gesto o a una mia parola l’Italia e l’Irlanda si capiscono un po’ di più, allora penso che ne sia valsa la pena.
Un’ultima domanda: cosa direbbe a un giovane che vuole seguire le sue orme?
Gli direi di partire. Di studiare, viaggiare, ascoltare. Ma soprattutto di non dimenticare mai da dove viene. Perché solo chi conosce le proprie radici può davvero capire il mondo.
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