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Pandemia Covid-19.Un’opportunita’ per regolarizzare i migranti

Francesco Mazzarella

L’Articolo 20-bis della legge 132 del 2018 prevede il permesso di soggiorno per calamita’ e potrebbe dare il via alla regolarizzazione dei migranti agricoli

Nel tanto criticato ed osannato, in base alla propria appartenenza politica, Decreto sicurezza, convertito in legge 132 del 2018, che ha modificato il Testo unico sull’immigrazione, in cui veniva soppresso la tipologia di permesso di soggiorno per “motivi umanitari”, si introduce un permesso temporaneo per esigenze di carattere umanitario.

L’articolo 20-bis, per essere precisi, riconducibile alla situazione dello straniero che dovrebbe fare ritorno in un paese che versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non gli consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, potrebbe dare il via alla regolarizzazione dei migranti agricoli, che invece di essere cacciati, nelle più rosee delle visioni, o lavorare in nero, nella più probabile visione, troverebbero legalità e risponderebbero alla crescente richiesta di manodopera nei campi.

In questo momento in cui il blocco totale dei voli a causa della pandemia, sembra chiaro che ogni bracciante delle varie baraccopoli rientri in pieno in questa specifica. In questi casi le Commissioni dei tribunali rilasceranno un permesso di soggiorno per calamità, della durata di sei mesi, valido per l’accesso al lavoro, ma solo sul territorio nazionale.

In una intervista Jean Renè Bilongo dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil dichiara: “Il decreto Sicurezza aveva obiettivi di ostracismo, di soffocamento della realtà migratoria. Ma la previsione di un titolo di soggiorno per eccezionale calamità, e tutti sappiamo come il Covid 19 sia una calamità globale, è la strada per regolarizzare i migranti, specie quelli più in difficoltà e a rischio sanitario, potendo quindi essere soccorsi in caso di contagio»
L’articolo 20-bis risponde così ad una doppia esigenza: infatti da una parte la pandemia colpisce il paese di provenienza del migrante, dall’altra rende impossibile per l’Italia il rimpatrio del migrante. La regolarizzazione, del migrante quindi, assume ancora più senso. Ma non risolve il problema in toto: infatti “il permesso di soggiorno per calamità” non è convertibile in permesso di soggiorno per motivi lavorativi, quindi, se non viene fatta alcuna modifica al testo, il problema “migranti irregolari” sarà soltanto posticipato al dopo covid19.

Ovviamente, così come affrontato in un mio articolo precedente, il Governo deve procedere su più livelli, da una parte gli immigrati presenti nel nostro territorio, dall’altra i percettori di misure di sostegno al reddito.

Qualche esperimento su questa linea è già stato fatto: infatti in Portogallo, il governo ha deciso di concedere a tutti gli immigrati con un permesso di soggiorno pendente presso il Serviço de Estrangeiros e Fronteiras – Sef gli stessi diritti dei residenti, fino ad almeno il 1° luglio. Il provvedimento si applica anche i richiedenti asilo. Annunciato il 28 marzo questo provvedimento serve, anche, per garantire ai migranti l’accesso al sistema sanitario e ai servizi pubblici durante la pandemia. «Le persone non devono essere private del diritto alla salute e al servizio pubblico semplicemente perché la domanda di regolarizzazione dei loro documenti non è stata ancora elaborata», ha dichiarato Claudia Veloso, portavoce del Ministero degli interni. «In questo periodo eccezionale, i diritti dei migranti devono essere garantiti», ha concluso.

È vero che questi provvedimenti possono essere momentanei, ma è anche vero che in questa pandemia, e in particolar modo dopo il suo superamento, bisogna proprio ripensare a ciò che vogliamo preparare per i nostri figli. Sembra importante che alcuni settori come la sanità, il terzo settore per fare due esempi debbano essere ripensati in una politica più globale, con una maggiore attenzione alla persona e sicuramente una visione più reale del bene comune.

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