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Covid: Quando l’imprenditoria ha un cuore

Francesco Mazzarella

Nessun assistenzialismo, ma un progetto economico con al centro la persona

In questo periodo in cui il Covid ha fatto da padrone, in cui angoscia e paura hanno avuto largo spazio, in cui non sembrava esserci alcuna idea di speranza, una piccola, ma rivoluzionaria, realtà imprenditoriale decide di fare impresa, mettendo al centro la persona.

Proviamo ad approfondire meglio in questa intervista a Roberto e Monica i due imprenditori che hanno creato la Bionatural Dimension s.r.l. SB.

Grazie di questa intervista, inizierei chiedendovi chi siete e cosa vi spinge

Monica: Grazie a te, per l’opportunità di condividere il nostro sogno, il nostro progetto. Noi siamo Roberto e Monica, ed oltre ad essere due imprenditori, siamo anche sposati da 24 anni, la Bionatural Dimension è una piccola realtà imprenditoriale che intende fare impresa con gli stessi valori che condividiamo nel contesto familiare: rispetto, attenzione all’altro, e capacità di ascolto dell’altro, ovviamente riportati nella realtà lavorativa. Ad un certo punto proprio per questa spinta valoriale, abbiamo deciso di trasformare la nostra impresa in una società Benefit. Questo per riuscire a valorizzare l’aspetto di azienda profit seriamente impegnata nell’avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla società.

Ma cosa differenzia una società da una società benefit?

Roberto: Le Società Benefit (SB) rappresentano una evoluzione del concetto stesso di azienda. Mentre le società tradizionali esistono con l’unico scopo di distribuire dividendi agli azionisti, le società benefit sono espressione di un paradigma più evoluto: integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera. Una Società Benefit è un nuovo strumento legale che crea una solida base per l’allineamento della missione nel lungo termine e la creazione di valore condiviso. Le società benefit proteggono la missione in caso di aumenti di capitale e cambi di leadership, creano una maggiore flessibilità nel valutare i potenziali di vendita e consentono di mantenere la missione anche in caso di passaggi generazionali o quotazione in borsa. Non si tratta di Imprese Sociali o di una evoluzione del non profit, ma di una trasformazione positiva dei modelli dominanti di impresa a scopo di lucro, per renderli più adeguati alle sfide e alle opportunità dei mercati del XXI secolo. Dal gennaio 2016 l’Italia ha introdotto, prima in Europa e prima al mondo fuori dagli USA (dove la forma giuridica di Benefit Corporation, equivalente alla Società Benefit italiana, è stata introdotta dal 2010 e ora esiste in 33 Stati), la Società Benefit per consentire a imprenditori, manager, azionisti e investitori di proteggere la missione dell’azienda e distinguersi sul mercato rispetto a tutte le altre forme societarie attraverso una forma giuridica virtuosa e innovativa.

Da dove nasce la voglia di partecipare al bene comune?

Monica: Siamo fermamente convinti che i valori, che viviamo in famiglia e nel nostro quotidiano, debbano essere gli stessi a cui ci ispiriamo come imprenditori. In famiglia abbiamo sempre condiviso tutto, non ci sono distinzioni né differenze e tutti ci impegniamo per il benessere di tutti.

Parlare di ultimi e poveri, ma cosa intendete

Roberto: Finché al modo ci saranno ricchi e poveri non potremo parlare di equità e uguaglianza. Crediamo che sia possibile per ciascuno di noi operare al fine di eliminare disuguaglianze e povertà, lo possiamo fare come cittadini del mondo, lo dobbiamo fare come imprenditori. La recente pandemia ci ha chiarito che il pianeta è di tutti, non esistono confini e divisioni. Chi è più fortunato è chiamato a operare e fare per chi lo è meno. Il dono e il sostegno fanno bene non solo a chi riceve.

Nel sito sembra che abbiate creato uno shopping online etico, cosa significa e come valutate l’eticità e che significa questo 10%

Roberto: l’idea dello shop online etico nasce proprio dalla necessità di trovare un ponte tra chi genera ricchezza e chi vive nel bisogno, nel primo caso troviamo le imprese nel secondo gli enti del Terzo Settore. L’eticità è un parametro che non va misurato all’istante ma durante un percorso, in quanto è un valore che cresce di giorno in giorno se condiviso e vissuto. Il 10% è il valore che abbiamo fissato come impegno delle aziende a favore di chi è nel bisogno (persone, ambiente e animali) come donazione liberale che viene effettuata quale rinuncia del margine diretto sul fatturato che genera la vendita sul nostro portale.

Cosa è e come è nato il progetto AIUTIamo, e che sviluppi pensate possa avere

Roberto: Il progetto AIUTIamo nasce durante il periodo critico e disastroso della recente pandemia. Abbiamo condiviso con alcuni nostri amici e collaboratori la preoccupazione per il disastro economico che si univa alla terribile emergenza sanitaria. La perdita del posto di lavoro e la mancanza di un reddito familiare ha generato angoscia, instabilità e povertà. Cosa potevamo fare? Potevamo AIUTARE? Ad esempio, abbiamo pensato di ispirarci ad un gesto semplice, ma nobile e totalmente gratuito del caffè sospeso e organizzare la spesa sospesa. Nulla di straordinario e di nuovo. Abbiamo però voluto attivarci subito, ovunque e per tutti.

Questo modello business è ripetibile o è solo una goccia nel mare

Monica: Ci auguriamo che il nostro modello possa essere di esempio e suggerimento per altre iniziative e modelli di una economia più civile ed equa. Abbiamo bisogno che si divulghi e si diffonda un nuovo modo di fare impresa. La cultura del dare contrapposta alla cultura dell’avere ha bisogno di voce e di risonanza.

Quale potrebbe essere l’impatto sociale che avete immaginato?

Monica: Il progetto AIUTIamo è stato pensato per essere un supporto immediato, ma si propone come visione e progettazione di aiuto ad ampio e duraturo raggio. Vi è infatti il desiderio e l’obiettivo di creare un circolo virtuoso e crescente di valore. in primis vi sono le aziende/fornitori del marketplace, sono realtà imprenditoriali del territorio, con filiere produttive sostenibili e con progetti di riabilitazione sociale e lavorativa (es. artigianato carcerario, agricoltura sociale.). i prodotti offerti sono di alta qualità, sostenibili dal punto di vista ambientale ed etico, certificati. L’acquirente diventa consumatore motivato, responsabile e critico, capace di trasformare la propria spesa in un acquisto valido per sé e al tempo stesso dono e condivisione con chi è nel bisogno. Infine, ultimi, ma non ultimi, in questa catena di protagonisti del bene, vi sono i fruitori delle donazioni, che operano nel bisogno (associazioni, enti del terzo settore e associazioni) e portano aiuto.

Le aziende che coinvolgete come partecipano e che ruolo hanno nella formazione di questo business

Roberto: Il nostro modello di business ha diversi protagonisti e tutti svolgono un ruolo di pari importanza e valore, collaborando in una comunione di intenti. Le aziende forniscono i beni/prodotti, che possono essere acquistati. Sono aziende italiane, con una attenzione all’ambiente e all’uomo. La loro filiera produttiva è rispettosa della sostenibilità ambientale, partecipa dell’economia circolare e rispetta i protocolli delle certificazioni (AIAB, VEGANOK, ICEA…). Molti dei nostri partner sono cooperative o associazioni che si propongono di valorizzare, integrare e promuovere figure lavorative fragili che difficilmente trovano una collocazione. Quando acquistiamo un loro prodotto, non solo scegliamo la qualità ma una storia di valore e responsabilità e impegno sociale.

Le associazioni che aiutate, che ruolo hanno e cosa possono fare per sostenere il progetto

Monica: Ad ogni acquisto effettuato il 10% viene devoluto a sostegno di un progetto o di una associazione. Il cliente stesso può effettuare la propria scelta, in ogni caso la donazione viene effettuata. Abbiamo conosciuto nel tempo diverse realtà, storie, associazioni ed enti no profit. Ogni giorno ci sono persone meravigliose che operano in silenzio e portano aiuto dove c’è più bisogno, con coraggio e professionalità. Grazie alle donazioni del nostro marketplace contribuiamo a dare le risorse necessarie per operare il bene comune.

Sembra che nasca da questa idea un circolo virtuoso che mette in risalto la persona, senza però eliminare il profitto come definireste il profitto in questo modello?

Roberto: Ogni impresa deve avere un profitto che ne garantisca il funzionamento e lo sviluppo, bisogna però fare una distinzione importante. Vi sono imprese che pongono il profitto come fulcro e unico orizzonte a cui mirare; vi sono altre invece che pongono accanto al profitto il bene comune. Queste ultime fanno scelte, intraprendono azioni e progettano tenendo sempre conto che il denaro non è l’unica leva e che la responsabilità verso l’uomo e l’ambiente sono parimenti importanti.

Come riuscite a mantenere l’idea della spesa sospesa a livello economico, e non farla trasformare in assistenzialismo.

Roberto: Portare assistenza e aiuto ad altri è un gesto bello e lodevole, anche se fatto saltuariamente. Questo però non vuole essere il nostro modo di aiutare. Abbiamo progettato un modello che generi un continuo flusso di azioni mirate e sempre in divenire. Tutti noi facciamo la spesa e sempre più spesso acquistiamo online; con noi ogni volta diventa un contributo prezioso per altri. Non si tratta di cambiare le nostre abitudini, ma di sperimentare un nuovo modo di essere cliente. Acquistare un pacco di pasta biologica e sapere che ho aiutato un’altra persona a stare meglio e ho contribuito a generare un processo produttivo equo, solidale ed etico da tutto un altro sapore.

Per completare la conoscenza dell’azienda, ma anche del progetto che ha in sé, postiamo il link del sito visitabile https://www.bionaturaldimension.com/, in cui poter effettuare acquisti.

Un’altra idea innovativa presente in questo sito è “la spesa sospesa” che, così come riporta il sito stesso è l’evoluzione (2.0) del caffè sospeso raccontato da De Crescenzo:

“Una volta a Napoli, nel quartiere Sanità, quando uno era allegro, perché qualcosa gli era andata bene, invece di pagare un caffè ne pagava due e lasciava il secondo caffè, quello già pagato, per il prossimo cliente.

Il gesto si chiamava “il caffè sospeso”. Poi, di tanto in tanto si affacciava un povero per chiedere se c’era un “sospeso”.

Era un modo come un altro per offrire un caffè all’umanità.” [Luciano de Crescenzo]

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