“Le guerre si vincono prima con la testa, poi con la forza.” – Napoleone Bonaparte
Il 9 maggio 2025, in occasione del Giorno della Vittoria, Vladimir Putin ha celebrato la resistenza della Russia con una parata che ha visto la partecipazione di migliaia di soldati e armamenti, ma quest’anno con una particolare enfasi sulla guerra in Ucraina, ormai alla sua quarta annata. Al fianco di Putin, il presidente cinese Xi Jinping, simbolo di una alleanza strategica sempre più consolidata tra Mosca e Pechino, ha assistito a un evento che ha avuto un forte significato politico, non solo commemorativo.
Nel suo discorso, Putin ha rivendicato con forza il diritto della Russia a difendersi contro quella che considera una minaccia diretta della NATO. “Non possiamo permettere che la nostra sicurezza venga compromessa dalle manovre occidentali”, ha affermato, lanciando accuse di aggressione all’Occidente e riaffermando che la Russia non avrebbe mai ceduto su queste linee rosse. Le parole del leader russo sono state seguite da una risposta di grande fermezza, che riflette un sentimento di vittimismo da parte di Mosca, ormai convinta che l’espansione della NATO rappresenti una dichiarazione di guerra silenziosa.
La continuità del conflitto in Ucraina ha portato a una serie di sanzioni economiche imposte dalle nazioni occidentali, ma la Russia ha reagito con una determinazione che ha sorpreso molti analisti. Mentre la guerra si protrae senza una fine visibile all’orizzonte, l’economia russa è stata gradualmente diversificata, mentre Mosca ha rafforzato le proprie alleanze, non solo con la Cina, ma anche con paesi come l’Iran, che stanno giocando un ruolo sempre più importante nel contrastare l’influenza occidentale nella regione. A ciò si aggiunge la crescente cooperazione con paesi africani e asiatici che, nonostante le critiche, continuano a guardare a Putin come a una figura di resistenza contro l’ordine mondiale imposto da Washington e dalle sue alleanze.
Nel frattempo, lo scenario globale è tutt’altro che sereno. Al di fuori dei confini ucraini, altri focolai di guerra continuano a imperversare, ognuno con le proprie complesse cause storiche e geopolitiche. La situazione di Gaza è sempre più esplosiva, con violenze che si intensificano a intervalli regolari. I bombardamenti israeliani su Gaza e le incursioni di Hamas all’interno dei territori israeliani si alternano a periodi di fragile cessate il fuoco che durano poco, alimentando un ciclo di odio che non trova soluzione. La comunità internazionale appare divisa, incapace di mettere in atto una strategia concreta per fermare l’escalation. Gli Stati Uniti e i paesi europei, che sostengono Israele, sono sempre più criticati, mentre i paesi arabi si fanno sentire con forza contro quella che considerano un’occupazione illegale dei territori palestinesi.
In Asia, la tensione tra India e Pakistan rimane altissima. Le due potenze nucleari si trovano ad affrontare un conflitto che sembra destinato a non finire mai, con scaramucce regolari lungo la Linea di Controllo nel Kashmir, ma anche con attacchi a obiettivi strategici che potrebbero, in un momento di alta escalation, condurre alla guerra totale. Entrambi i paesi sono impegnati in una corsa agli armamenti nucleari, aumentando il rischio di un conflitto diretto, anche per via di incidenti o di manovre mal interpretate. Il timore di una guerra nucleare che coinvolga due delle potenze militari più potenti del continente asiatico è una realtà che terrorizza la comunità internazionale, anche se la diplomazia è riuscita fino ad ora a mantenere una fragile stabilità.
Siria: La situazione in Siria è in continua evoluzione. Nonostante la ripresa del controllo da parte di Bashar al-Assad su gran parte del territorio, grazie al sostegno di Russia e Iran, il paese è ancora segnato da una frammentazione regionale significativa. Le forze kurde, che sono alleate degli Stati Uniti, continuano a mantenere il controllo nel nord-est del paese, in particolare nella regione di Rojava. L’intervento turco nel nord della Siria per contrastare la presenza kurda e i raid israeliani contro obiettivi iraniani continuano a destabilizzare la regione. Le aree sotto il controllo dei gruppi di opposizione, come quella di Idlib, sono costantemente sotto attacco da parte delle forze governative e dei loro alleati. La Siria continua a essere un campo di battaglia geopolitico, con interessi contrastanti di attori internazionali, inclusi gli Stati Uniti, la Turchia e l’Iran. Il conflitto siriano si è trasformato in un lungo stallo che non sembra avere una soluzione politica a breve termine.
Oltre a questi focolai di guerra, la scena internazionale è complicata dalla crescente influenza della Cina, che sta giocando un ruolo cruciale nell’Asia e nel Pacifico, nonché nelle relazioni con l’Africa e l’America Latina. La Cina, con il suo progetto della Nuova Via della Seta, sta espandendo la propria influenza economica e militare, rafforzando i legami con la Russia e aumentando il proprio peso geopolitico. La NATO, seppur in difficoltà, non può ignorare l’emergente potenza asiatica, e le preoccupazioni per un possibile allineamento tra Mosca e Pechino rappresentano una delle principali sfide per l’Occidente nei prossimi decenni.
In questo contesto globale segnato da conflitti e alleanze contrapposte, la voce del Papa si fa sempre più forte. In occasione del 10 maggio 2025, il Pontefice ha rinnovato il suo appello per la pace e la diplomazia, sottolineando che la guerra, qualunque essa sia, porta solo distruzione e morte. “La pace è l’unica via per un futuro di speranza”, ha detto il Papa, avvertendo che la comunità internazionale deve prendere coscienza dei pericoli derivanti da un’ulteriore escalation, soprattutto in un mondo dove le armi nucleari rimangono una minaccia incombente.
Tuttavia, nonostante gli appelli alla pace, la realtà è ben diversa. Le potenze globali, divise tra l’Occidente e il blocco russo-cinese, sembrano essere più concentrate a proteggere i propri interessi strategici che a cercare un compromesso. Putin, dal canto suo, continua a vedere l’espansione della NATO come una minaccia diretta alla sua sicurezza nazionale. Le ragioni che spingono Mosca a mantenere la sua aggressiva posizione in Ucraina sono legate non solo a questioni territoriali, ma anche a un senso profondo di accerchiamento geopolitico. La Russia percepisce ogni passo della NATO verso est come un atto di ostilità e si sente obbligata a reagire con forza.
Nel frattempo, la guerra in Ucraina non è solo una battaglia per il controllo di un territorio conteso, ma anche un simbolo di una più ampia lotta di potere tra le grandi potenze mondiali. La NATO, con la sua continua espansione, è vista da Mosca come una sfida all’equilibrio mondiale stabilito dopo la fine della Guerra Fredda. Putin, ormai deciso a non cedere, sembra pronto a portare avanti il conflitto con tutte le sue forze, anche se questo significa andare incontro a un isolamento sempre maggiore.
La citazione di Napoleone, “Le guerre si vincono prima con la testa, poi con la forza”, appare ancora una volta come una lezione che molti nel mondo dovrebbero prendere seriamente. Non è solo con la forza bruta che si vincono i conflitti, ma con la capacità di dialogare, di negoziare e di trovare soluzioni diplomatiche. Ma con le potenze globali che si allontanano sempre più dalla pace, il rischio di escalation e la possibilità di una guerra mondiale sembrano crescere ogni giorno. In un mondo sempre più polarizzato, la necessità di soluzioni pacifiche e diplomatiche è più urgente che mai.