di Pierfranco Bruni*
Il mio Casanova non è un libertino. È un rivoluzionario tout court ed è un seduttore che si è perso nel tempo e ha ritrovato l’amore nella solitudine e nella memoria. Non l’ha cercato, ma ha vissuto.”
Pierfranco BruniUn libro che rilegge il seduttore in un Orizzonte di tempo per Solfanelli editore. Con il contributo di diversi studiosi, a cura di Franca De Santis.
Una vita da Casanova? Il tempo corre lungo le pareti dell’esistenza.
Una rappresentazione dei giorni che formano un mosaico tra luoghi e viaggi, tra città e amori la cui sensualità è seduzione ricercata e vissuta.
Giacomo Casanova è molto di più che un “libertino”. Le sue avventure, tra la fine dell’Ottocento e i primissimi del Novecento, ci mostrano un personaggio che ha attraversato un’epoca complessa, ricca, viziosa, rivoluzionaria, restauratrice, innovativa e forse decisiva, nel bene e nel male. O al di là di essi.
Il tempo del tramontare! Questo tempo è nella coscienza di Casanova. Il tempo del crepuscolo! Un personaggio vissuto da filosofo, come egli stesso dice, e morto da cristiano.
Ma l’Illuminismo inciderà in Casanova? Direi pochissimo. Fu chiaramente un anti-Illuminista, perché non accettava la Ragione. Decadente prima dell’Esistenzialismo. Surrealista prima del Surrealismo. Romantico prima della istituzionalizzazione dell’impero e dell’azione. Profondamente legato a una religione della libertà. È proprio il concetto di libertà che lo rende eretico. Anzi, colpevole di eresia.
Ma quanti possono dire: “Casanova sono io”, in un contesto e in una città in cui tutti sono mascherati e si obbedisce alla sola legge dell’ipocrisia? Chi è stata la vera madame Bovary? La donna chiamata Henriette? Tutto ruota intorno alla seduzione? Non credo.
Casanova fu filosofo, intellettuale e poeta. Filosofo quando discute sulla Ragione e sul Tempo. Intellettuale quando innerva nel dibattito una visione politica tra potere laico ed ecclesiastico.
Poeta quando recita la bellezza e sublima la donna in un piacere dello sguardo che supera la carnalità e la corporalità. In sintesi, egli fu l’uomo nuovo nell’“età della ragione” di Kant.
Il suo pensiero non è sociologico, ma lirico e, se si vuole, antropologico.
Sposta i temi del “progresso” sulle problematiche dell’eleganza della Tradizione. Certo, Henriette è il pilastro della sua esistenza e lo si constata soprattutto nei suoi ultimi giorni di vita, quando la meditazione diventa una ricerca del suo tempo perduto. La Tradizione è nella nostalgia che cavalca i suoi anni. Fu un nostalgico.
Il mio Casanova non è un libertino. È un rivoluzionario tout court ed è un seduttore che si è perso nel tempo e ha ritrovato l’amore nella solitudine e nella memoria. Non l’ha cercato, ma ha vissuto.
Si smette di vivere quando non si ha coraggio di affermare le proprie idee. «Languire dietro una bella insensibile o capricciosa è da idioti. La felicità non dev’essere né troppo comoda né troppo difficile.»
Le Memorie, che scrisse poco prima di morire, costituiscono la vera novità di un modello di scrittura e di fare letteratura attraverso alcuni codici che restano fondanti.
Parlare di virtù per Casanova non significa decodificare il concetto di virtuoso ma di intelligenza. Intelligenza come saggezza:
«L’uomo saggio […] non potrà mai essere completamente infelice.»
Ci sono almeno tre codici rappresentativi di un modello di fare letteratura: la confessione, la riconsiderazione storico-esistenziale e il rapporto tra la non-ideologia e il superamento dei processi volteriani e rousseauiani. Casanova ha scritto molti testi anche narrativi in cui racconta il “duello” tra personaggio e immaginazione.
È certo che le storie della sua vita restano alla base di una visione in cui la biografia incontra la parola narrante. Ciò è un primo stadio di natura prettamente letteraria che cambia sostanzialmente il percorso che si era seguito fino a oltre la metà del Settecento. Un secolo innovativo ma anche terribile. È il tempo delle eresie consumate nella giustizia selvaggia. È il tempo dei processi sommari. È il tempo che la rivoluzione giunge all’epilogo del terrore e del giacobinismo.
Nel tomo, che nasce dal Progetto Casanova 300,“IN ORIZZONTE DI TEMPO. Una vita da Casanova. A trecento anni dalla nascita” (Solfanelli, pagine 257) si compie un viaggio comparato su Casanova. Il testo è curato da Franca De Santis e porta i contributi di studiosi: Maria Teresa Alfonso, Arianna Angeli, Micol Bruni, Marilena Cavallo, Mimma Cucinotta, Neria De Giovanni, Carmen De Stasio, Maria Grazia Destratis, Maria Fedele, Tonino Filomena,Annarita Miglietta, Rita Fiordalisi, Suzana Glavas, Alberico Guarnieri, Pasquale Guerra, Roberta Mazzoni, Antonietta Micali, Anna Montella, Ippolita Caterina Patera, Giovanna Pezzillo, Rosaria Scialpi, Gioia Senesi, Patrizia Tocci, Matilde Tortora, Cristiano Vignali, Antonella Colonna Vilasi.
Casanova è oltre. La sua rivoluzione è nei costumi. Porta sullo scenario la bellezza. Ciò nasce proprio dal suo attivare l’immagine della seduzione. La donna è protagonista in tutto il suo teatro umano. La donna è bellezza. La donna è trasgressione. Non è Casanova a essere il trasgressivo. È la donna. Perché senza la volontà trasgressiva della donna, egli non avrebbe avuto un ruolo nella cultura della maschera e della passione. Goldoni lo sapeva e lo apprenderà tutta la letteratura amorosa che va dal Settecento a D’Annunzio.
I concetti principali sono il piacere, perché non c’è donna senza piacere, e il potere. Casanova è in conflitto con le chiese e con la politica. Rifiuta la borghesia perché è un aristocratico e da questo mondo è continuamente affascinato, come si evince nei suoi scritti teologici e filosofici.
Nel momento in cui fa i conti con sé stesso, si sente pronto ad affrontare la vita nella morte: «All’età di settantadue anni, nel 1797, quando posso dire “vixi” benché viva ancora, mi sarebbe difficile trovarmi uno svago più piacevole […]. Nel rammentare i piaceri da me provati, li rinnovo, ne godo di nuovo, e rido delle fatiche sopportate che non sento più.
Particella dell’universo, parlo all’aria […]. So di aver vissuto perché ho avuto delle sensazioni.» E ancora: «La morte è un mostro che caccia dal gran teatro uno spettatore attento, prima della fine di una rappresentazione che lo interessa infinitamente.»
Casanova, nato il 2 aprile del 1785, muore il 4 giugno 1798. Sceglie la solitudine come esilio. O si fa scegliere dall’esilio non potendo più abitare il suo tempo? Tutto ha un tempo ed esso cammina dentro. Nel cuore. Fa solchi nell’anima. Rende consapevoli che non tutto può essere come è stato. Ci sono delle scale, ovvero delle tappe che si devono attraversare, nel corso degli anni.
A Dux si accorge di aver salito tutti i gradini. Ora bisogna fare il moto inverso, riscenderli. È qui che il suo si ferma. Navigò il disordine? Direi di no. Era molto lucido nelle sue espressioni pur in una vita convulsa. Ne sono una traccia tutti i suoi libri, che hanno restituito il senso di un’epoca.
Oggi come ricordiamo Casanova? Questo libro lo colloca, grazie a diverse interpretazioni, all’interno di un quadro abbastanza variegato che ci permette di dare una lettura comparata ma inevitabile per comprendere sia il dato storico sia letterario sia filosofico. Un approfondimento serio, meticoloso, significante.
*Direttore scientifico
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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