Home Attualità Follia a Bruxelles: chi gioca coi missili ci manda tutti al macello

Follia a Bruxelles: chi gioca coi missili ci manda tutti al macello

Massimo Reina

“La Terza guerra mondiale potrebbe cominciare molto presto.” Firmato: Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo. Se continuate a giocare coi fiammiferi, vi bruciate la casa.

di Massimo Reina per Giornalisti Senza Frontiere

C’è chi crede che la guerra sia roba da film: un colpo al momento giusto, una grafica, un applauso in Parlamento e poi si torna a casa. Ma la guerra vera non è uno spot. La guerra vera scardina nazioni in dieci minuti. E non è la Russia che s’è messa a dieta di umanità: è l’Europa che, guidata da burattinai in giacca e cravatta, si sta infilando una camicia di forza e una miccia corta in mano.

Partiamo dal fatto più elementare che tutti fingono di non capire: la deterrenza non è una favola consolatoria. Non siamo negli Anni Quaranta, quando gli eserciti si fronteggiavano a mani nude per giorni. Oggi, con mezzi ipersonici, testate multiple, sottomarini che mancano all’appello e missili che viaggiano come fulmini, una capitale europea può smettere di esistere in pochi minuti. Se questo non basta a far riflettere i ministri e i burocrati che ci governano per procura, allora è meglio che restino a giocare col modellino di plastica nella loro sala riunioni.

E qui arriviamo al nocciolo: chi spinge più forte per l’escalation? Non è Mosca che bussa alle porte della porta accanto. È una combinazione letale di Zelensky — che vive di propaganda più che di politica — e di una classe politica europea che, capitanata dalla signora Von der Leyen e dai suoi consiglieri, ha deciso che la prossima partita si gioca a chi urla più forte. A fianco, i soliti quattro falchi baltici, vecchi di fobia e nuovi di isteria, che sembrano convinti che strillare “Putin cattivo!” sia una strategia di difesa.

Gente che nessuno ha votato. Gente che non ha un esercito. Gente che non ha manco i soldi per pagarsi la carta igienica senza il bonifico di Berlino. Eppure sono lì, sul ponte di comando dell’Unione Europea, a giocare con la miccia e a puntare il dito su Mosca, come se il mondo fosse un Risiko in saldo al Parlamento Europeo. Il casus belli? Un piano orchestrato da Kiev per lanciare un’operazione false flag ai confini orientali della NATO, in Romania e Polonia. L’obiettivo? Far ricadere la colpa su Mosca e innescare il tanto temuto scontro diretto tra Russia e Alleanza Atlantica.

Ora, sgombriamo subito il campo da un’idiozia cosmica: la Russia non vuole invaderci. Non ne ha bisogno. Non le conviene. Non se lo sogna nemmeno la notte, perché noi, per Putin, siamo irrilevanti, inutili, falliti e imbarazzanti. Un continente indebitato fino al midollo, con un’economia a pezzi, una democrazia che si regge su teleconferenze e un esercito… quale esercito?

Se la guerra scoppiasse davvero, e non per colpa di Putin, saremmo noi a rimetterci per primi. Non gli americani, che hanno due oceani di distanza e qualche base da sacrificare. Non i russi, che vivono in bunker da tre generazioni e hanno un arsenale nucleare confermato dalla CIA come più potente di quello USA. Ma noi, europei, noi italiani con le basi NATO sotto casa, le città senza rifugi antiatomici e una classe politica che in caso di allarme atomico si nasconderebbe sotto il banco della Commissione Bilancio.

In questa realtà distopica, i capi della NATO sorridono nelle foto di gruppo, mentre Zelensky gioca a Risiko usando le bandierine dei paesi europei come pedine. E da dietro, qualcuno spinge, qualcuno soffia sul fuoco: gli USA, i contractor, i think tank, i fabbricanti di armi che brindano ogni volta che parte un pacchetto di “aiuti militari”.

E noi? Noi applaudiamo. Noi finanziamo. Noi spediamo truppe, armi, soldi, dignità. Il tutto per cosa? Per una guerra che non ci riguarda, che non possiamo vincere, che non possiamo nemmeno combattere. Perché la verità che nessuno ha il coraggio di dire — né a Bruxelles, né nei salotti televisivi dove gli opinionisti da discount fanno i generali a tempo pieno — è che questa guerra si combatterebbe in 4 minuti. Tanti ne bastano per far partire un Satan II dalla Siberia e farlo atterrare su Roma, Parigi, Berlino, Varsavia. E se va male, ce ne arrivano dieci.

E allora basta con la favoletta del “Putin che avanza”, del “difendiamo la democrazia”, della “linea rossa”. Non c’è nessuna linea da difendere, c’è solo una trappola in cui stiamo entrando col sorriso ebete di chi confonde la guerra con un TikTok.

Von der Leyen gioca a fare la statista, ma guiderebbe una scolaresca nel traffico meglio un autista cieco. E quei quattro pazzi baltici, capaci solo di latrare “Russia cattiva!” ogni tre minuti, sono i veri piromani d’Europa. Se l’obiettivo è davvero scatenare l’Armageddon nucleare per difendere un’Ucraina che ci ha trascinati tutti nel baratro, allora c’è solo una parola per definirlo: suicidio assistito.

E non fatevi illusioni: la NATO non ci salverà. Non è il supereroe col mantello. È un club armato che difende i suoi interessi. E se l’Italia diventa un bersaglio, per Washington sarà un “danno collaterale”. Come sempre. Come ovunque.

In conclusione, chi ancora pensa che si possa sfidare la Russia con tweet, propaganda, droni e buone intenzioni — merita di essere escluso non solo dal dibattito politico, ma pure da qualunque stanza in cui si discuta del futuro dell’umanità.
Perché questa non è geopolitica. È demenza strategica.

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