Home Esteri Il Medio Oriente brucia. E l’Occidente fischietta

Il Medio Oriente brucia. E l’Occidente fischietta

Massimo Reina

Avete presente il bullo del cortile? Quello che, protetto dalla maestra o col padre in consiglio d’istituto, può permettersi tutto?

Ecco: sostituite il cortile con il Medio Oriente, la maestra con la NATO, il padre con gli Stati Uniti, e il bullo con Israele. Ora provate a dare un senso all’inferno che si sta scatenando tra Israele e Iran. Spoiler: non ce n’è uno. Tranne il solito, tossico, vecchio concetto di impunità travestita da autodifesa.

Il 13 giugno, Israele ha bombardato l’Iran, ucciso decine di civili con le se bombe democratiche e intelligenti per colpire nel mucchio qualche scienziato e esponente di spicco del regime, poi i siti nucleari iraniani a Natanz e Fordow. La motivazione ufficiale?

Prevenire la bomba iraniana. Quella reale? Ribadire che, in quel quartiere del mondo, uno solo può avere la bomba. Secondo il SIPRI, l’Istituto di ricerca svedese sulla pace, Israele possiede tra le 80 e le 100 testate nucleari. L’Iran, invece, è ancora in fase di ricerca. Eppure chi non ce l’ha viene bombardato, in nome della pace. Come sempre.

Nel frattempo, le conseguenze si misurano in morti e ipocrisia. Tra Iran, Libano, Siria e Israele. Centinaia di razzi, migliaia di droni, città devastate, ospedali al collasso. Lo Stretto di Hormuz, dove passa un terzo del petrolio mondiale, verrà sicuramente parzialmente bloccato. Il prezzo del greggio volerà a 188 dollari al barile. Ma il vero spettacolo è il silenzio. L’ONU balbetta. L’Europa sussurra. L’America approva in silenzio.

Nel frattempo, Gaza è ancora lì. O meglio, non è più lì. Quasi rasa al suolo. Ma gli occhi del mondo sono puntati sull’Iran. Dopo mesi di massacri a Gaza che avevano cominciato a infastidire persino i più fedeli sostenitori di Netanyahu, ecco il nemico perfetto. Islamico, sciita, ideologicamente ostile a Israele. Insomma, un bersaglio politicamente comodo.

Eppure, se si guardano i numeri, si scopre che a pagare non sono né i generali né i ministri. A pagare sono sempre gli stessi: civili, medici, bambini. Il Libano è al collasso, con interi villaggi senza elettricità né acqua. In Iran il PIL crollerà di almeno il 7%, secondo le stime della Banca Mondiale. Ma Israele riceve altri 14 miliardi di dollari in aiuti dal Congresso USA. Lockheed Martin ringrazia. Le borse brindano. I produttori di armi stappano champagne. E noi ci facciamo spiegare da brillanti economisti che la guerra stimola la crescita. Tradotto: morite pure, purché i titoli salgano.                  E poi c’è il dettaglio nucleare, quello che tutti fingono di dimenticare. Israele non ha mai firmato il Trattato di Non Proliferazione. L’Iran sì. Fino a ieri. Ora magari annuncia l’uscita dal TNP. Si sentono già le urla nei telegiornali: l’Iran vuole la bomba. Ma nessuno che si chieda chi l’abbia spinto in quell’angolo.                        Chi ha colpito per primo. Chi ha reso inevitabile l’inevitabile.

Intanto in Europa si firma il nulla. Si discute di Eurovision. Si aspetta la prossima ondata migratoria per indignarsi a comando.

La politica estera è morta, sepolta sotto il peso del servilismo atlantico. Siamo capaci solo di esprimere “preoccupazione” o “vicinanza a Israele” anche mentre a Beirut si scava tra le macerie con le mani. Mediazione zero. Dignità meno di zero.

Israele ha attaccato. L’Iran ha risposto. Il mondo ha lasciato fare. È sempre così. Come con Saddam nel 2003. Come con l’Ucraina nel 2022. Poi ci chiederemo, stupiti, com’è potuto succedere. La risposta sarà sempre la stessa: perché avevamo altro da fare.

Perché guardavamo da un’altra parte. Perché ci faceva comodo.

Nel frattempo, il Medio Oriente brucia. E noi continuiamo a raccontarci che è lontano. Che è un problema altrui. Che non ci riguarda. Fino a quando il fuoco ci busserà alla porta. E allora non ci saranno più analisti, ma solo superstiti.

Massimo Reina

(da un’Europa imbalsamata, che guarda ma non vede)

You may also like

Lascia un commento