Home Attualità Sanità: tra ospedali pubblici costretti a “fare cassa” e tariffe inadeguate, cresce l’allarme

Sanità: tra ospedali pubblici costretti a “fare cassa” e tariffe inadeguate, cresce l’allarme

Redazione

 

Un’indagine della trasmissione “Le Iene” accende i riflettori su una drammatica realtà che coinvolge il sistema sanitario nazionale: in un nosocomio siciliano interventi programmati anche quando non necessari, per aumentare gli introiti delle strutture pubbliche. Che fine hanno fatto i fondi stanziati dal Ministero? Con rimborsi troppo bassi, le strutture private accreditate più fragili rischiano di essere svendute.
Il 29 maggio è attesa la pronuncia del TAR sul nuovo Nomenclatore.

Un’inchiesta giornalistica delle Iene  ha rivelato che in un ospedale pubblico siciliano sarebbero stati eseguiti interventi chirurgici non necessari con l’obiettivo di far quadrare i conti. Tra questi, anche un’operazione su una donna di 37 anni ritenuta “a rischio”, che purtroppo ha perso la vita. Secondo la Dott.ssa Maria Stella Giorlandino, presidente dell’U.A.P. (Unione Ambulatori e Poliambulatori), non si tratterebbe di un episodio isolato: “Fenomeni simili si verificano in molte strutture pubbliche, soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro, dove i reparti, per sopravvivere, sono costretti ad aumentare le prestazioni erogate a ogni costo”.

La denuncia si inserisce in un quadro più ampio e allarmante. Con l’entrata in vigore del nuovo Nomenclatore Tariffario a dicembre 2024, sono stati applicati tagli fino al 70% su tariffe ferme da oltre 26 anni. Una manovra che, secondo l’U.A.P., rischia di mettere in ginocchio ospedali pubblici e strutture sanitarie private accreditate, soprattutto nelle regioni già fragili economicamente.

Le conseguenze sono già evidenti: lunghissime liste d’attesa, esami fondamentali come l’istopatologia consegnati anche dopo 8-10 mesi, spesso quando il paziente è ormai deceduto, e ambulatori privati costretti a chiudere o a essere acquisiti da grandi gruppi assicurativi o multinazionali.

“La visita cardiologica con elettrocardiogramma viene oggi rimborsata dallo Stato a 17,50 euro, mentre al medico ne arrivano appena 6. È impensabile garantire professionalità e appropriatezza a queste condizioni”, spiega Giorlandino. E aggiunge: “Una struttura che lavora in convenzione con tariffe inferiori al costo dei materiali è destinata a fallire. Più lavora, più perde”.

Il confronto con le regioni fuori dal piano di rientro è impietoso. La Lombardia, ad esempio, ha già adeguato i propri tariffari, evitando perdite superiori al miliardo di euro. “Siamo stupiti – afferma Giorlandino – che il Ministero della Salute non abbia ancora attivato i correttivi promessi, nonostante i fondi già stanziati”.

Nel frattempo, l’U.A.P. ha incontrato esponenti politici e sindacali per sollecitare un intervento urgente, chiedendo una revisione del Nomenclatore e un finanziamento adeguato per garantire la sostenibilità del sistema. “La salute non ha colore politico. Senza prevenzione e controlli tempestivi, le malattie vengono diagnosticate troppo tardi. Così non si salvano vite”.

Infine, si propone un ripensamento più radicale del modello sanitario: lasciare ai cittadini la libertà di sottoscrivere una propria assicurazione privata, sgravarli dalle trattenute obbligatorie in busta paga e garantire assistenza gratuita solo a chi non può permettersela. Un’ipotesi estrema, ma che fotografa il livello di sfiducia nei confronti dell’attuale sistema.

Il 29 maggio è attesa la pronuncia del TAR sul nuovo Nomenclatore. Per molti, sarà una data decisiva per il futuro della sanità italiana.

 

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