“L’arte non è né morale né immorale. È arte, e basta.”
— Oscar Wilde
C’era una volta – ed era ieri – la convinzione che l’arte dovesse avere una tessera politica. Era un’illusione così potente da compiere miracoli: trasformare Rino Gaetano in un teorico del sovranismo romantico e Lucio Battisti in un apostolo del liberismo sentimentale. E intanto, al centro, i cineasti d’oggi si beccano tra loro e col governo come ai tempi di Scialoja e del Ministero del Turismo e dello Spettacolo.
Ridicolo? Certamente. Ma anche perfettamente italiano.
Quando la destra adottò Rino Gaetano
Alla fine degli anni ’90, la destra post-ideologica – in cerca disperata di simboli pop per legittimarsi nel nuovo immaginario – adotta Rino Gaetano. Rino, che rideva di tutto e tutti, diventa un profeta. “Era contro il Potere, contro l’establishment, quindi era uno dei nostri!” dicono in coro, come se avessero appena scoperto le tavole della legge.
Peccato che Rino, con quella voce strascicata e lo sguardo da clown triste, era molto più vicino a Jannacci che a un programma elettorale. Un anarchico poetico, un menestrello dell’assurdo. I suoi bersagli non avevano bandiere: erano grotteschi, sfuggenti, universali. Lo Stato, il popolo, la politica, la società. Tutti, nessuno escluso.
Ma si sa, in Italia anche l’assurdo viene schedato.
Quando la sinistra demonizzava Battisti
Negli anni ‘70 la sinistra extraparlamentare – avanguardia e censura, falce e jazz – non faceva prigionieri. Se non suonavi in 7/8, non avevi spazio nella festa dell’Unità. Lucio Battisti? Non impegnato. PFM? Tecnici, elitari, roba da bocconiani. Il Banco del Mutuo Soccorso passava appena, e solo se cantava in latino.
C’erano compagni che si portavano dietro i dischi degli Area come vangeli. Gli altri, quelli che amavano Il mio canto libero, dovevano ascoltare di nascosto, come chi compra riviste proibite. L’amore? Reazionario. Il dolore personale? Borghese. L’introspezione? Tradimento della lotta di classe.
Lucio Battisti, che aveva anticipato i Radiohead e l’elettropop mentre gli altri discutevano di Mao, venne archiviato come problema ideologico.
Cultura o campo di battaglia?
E oggi eccoci di nuovo qui. Il governo discute con i cineasti, i cineasti accusano il governo, le piattaforme indignate discutono su chi sia abbastanza “di popolo” per ricevere fondi. I film sono schedati come dossier, le fiction etichettate con bollini morali, e ogni artista viene scannerizzato come un passaporto in aeroporto.
Si cerca la fedeltà. Si misura il grado di patriottismo, o di disobbedienza. Si pretende che l’arte prenda posizione. Ma l’arte, per sua natura, sfugge. È disobbedienza anche quando racconta una storia d’amore. È politica anche quando parla di silenzi.
L’arte – la vera arte – è un confine che cambia. Un cortile dove l’estrema sinistra e il cattolico liberale possono leggere lo stesso libro, piangere allo stesso film, ridere della stessa canzone.
Non esiste l’arte “di parte”
Rino Gaetano non era “contro il sistema”. Era oltre. Battisti non era “di destra”. Era altrove. Così come oggi Sorrentino non è propaganda, né Bellocchio un ribelle per contratto. Sono narratori. Alcuni vi piaceranno, altri vi irriteranno. Ma non servono per confermare le vostre idee. Servono, al massimo, per metterle in dubbio.
Chi ha paura della cultura libera – sia al governo, sia all’opposizione – ha paura della libertà. Perché la cultura non va verso il potere. Lo osserva, lo disturba, lo racconta. Ma non gli giura fedeltà.
E allora, invece di usare Rino come testimonial, Lucio come pretesto, e ogni film come banco di prova elettorale… respirate. Godetevi la complessità. Ascoltate. Guardate. Leggete. E smettetela di chiedere il pedigree a ogni artista.
Perché, alla fine, l’arte è come il vento: se cerchi di afferrarla, ti resta solo la polvere in mano.
“Cultura di confine”
di Italo Nostromo
Ditemi pure
se il pennello vota
se il clarinetto fa campagna
se la pellicola firma mozioni.
Interrogate le note
chiedete loro da che parte stanno
ma non sorprendetevi
se rispondono con un silenzio in FA minore.
L’opera resta
mentre voi discutete
se stava a sinistra
o se a destra c’era più luce.
Rino cammina da solo
Battisti canta a chi non capisce
e il regista guarda
mentre la politica parla.
L’arte non è vostra
non è nostra
non è.
È oltre.
Galleggia
come un pesce che non sa
cosa sia la corrente.