La vita l’ho trascorsa altrove ma c’è una differenza tra il trascorrere e l’abitare. Si abita ciò che si porta nel cuore. Il trascorrere non si porta nel cuore…mi sono svegliato ho portato con me un castello una casa una piazza la mia via Carmelitani…San Lorenzo mi appartiene non fosse altro per tentare una quiete che invade la coscienza nei momenti in cui fuggo dal viaggio e penso al ritorno. Da epoche antiche i pensieri cercano le parole. O tutto il contrario”.
Pierfranco Bruni
Un bel giorno partii per il mio destino. Così si dice? Spesso sì. Allora. Partii che ero giovane. Non ricordo se avessi voglia di ritornare tra le strade del paese. Forse no in quel tempo in cui la partenza era tutto. Compresi le incognite. Lasciai le mie care esistenze. Fu una partenza che non ebbe più riposi.
Non so ora se la vita è sempre altrove. Il paese è il paese e mai un paese. Il viaggio è un viaggiare e mai soltanto un viaggio. La vita l’ho trascorsa altrove ma c’è una differenza tra il trascorrere e l’abitare. Si abita ciò che si porta nel cuore. Il trascorrere non si porta nel cuore.
Eppure dovunque sono andato e dovunque ho dormito mi sono svegliato ho portato con me un castello una casa una piazza la mia via Carmelitani e la gente del paese in una aurora di silenzi e il tramontare dei colori tra il gioco delle fontane che da ragazzo mi hanno sempre affascinato.
Ricordi che si ricordano ma che non servono a nulla. Il ricordo è sempre una malinconia. Perché ricordare è ritornare a un tempo che non c’è più. Il sorriso dalle mie parti a volte è ironia a volte sarcasmo a volte nasconde il dolore.
Il mio paese è un pezzo della mia Calabria che resta bello come memoria e greco come ospitalità. La mia casa è sempre in quella storia una volta affollata nei meriggi e cantata nei mattini svegliati dal vento. Ho tanto viaggiato fino a capire che ogni incontro richiama partenze per chissà dove.
Si inizia così: C’era una volta… Ma se quella volta c’era vuole dire che non ci sarà più… La favola è uno struggimento e le fiabe appartengono alle regine.
Eppure il mio paese ha un castello e comunque qualche favola si sarà pur trasformata in fiaba.
Mi prometto spesso di ritornare con pazienza nella mia casa che mi ha visto nascere e nella piazza che mi ha visto giocare. Promesse mantenute per due giorni e poi si ricomincia.
La vita offre possibilità che la mente non percepisce. Vado su e giù per i gradini del mio giardino. Ci sono ancora rose e fichi d’estate. Il viaggio ha fatto di me un destino ma anche un desiderio.
Restare è inquietudine. Non conosco la fedeltà a una terra. La fedeltà è solo tra le corde del cuore. Ci sarà un giorno che mi fermerò e quel giorno io non ci sarò più. Ho scritto il mio testamento e l’ho deposto nel vento.
Quante parole inutili si sono dette. Lo so bene. Ma senza le parole io non sarei quello che sono. Se fosse così mi chiederei cosa sarebbe stato utile?
San Lorenzo mi appartiene non fosse altro per tentare una quiete che invade la coscienza nei momenti in cui fuggo dal viaggio e penso al ritorno. Da epoche antiche i pensieri cercano le parole. O tutto il contrario. La confusione è sovrana. Baudelaire invitava al viaggio. Io invito alla quiete.
Bisogna avere pazienza fino al punto di sentirsi attrarre dall’indifferenza. Soltanto con l’indifferenza di legge la storia. Soltanto quando sono tra le stanze della mia casa di paese mi sento un Re. Per volontà e per conoscenza di ogni angolo e per libertà.
La libertà? Bisogna restare liberi dentro per sentirsi liberi. Non farsi condizionare di nulla se non del proprio esistere in quell’istante che si prende atto di esserci nella pura e necessaria solitudine.
Ora le vie sono deserte. È notte forte. Si respira completamente il paese e il vento che filtra dai torrioni del castello e qualche civetta non vuole essere dimenticata.
Chissà se verrebbe da queste parti il mio capitano Achab cosa direbbe cosa vedrebbe con i suoi occhi da baleniere di deserto che ha abbandonato il mare. Sicuro? O è il mare che ha abbandonato il capitano?
Siamo destino. Il mio paese è un’immagine fissa nello sguardo. Capo Spartivento è dall’altra parte ma gli odori del mare giungono fin qui. I fichi d’India sono sulla strada che porta a Canalicchio. Il mio caffè si è raffreddato.
La notte è passata. Anzi l’ho attraversata e mi ha attraversata. Il punto è nell’equilibrio tra un essere stato e un vivere il presente.
Ho sempre detto che non occorre cercare ma aspettare. Nell’attesa c’è quel tutto che mette in relazione la vita e il tempo con il sentire la morte. Uso spesso il termine Eppure… Una forma linguistica o altro? Il tempo è passato. Passa sempre.Un bel giorno a San Lorenzo il tempo si fermò e io partii. Dialogo con il capitano Achab. Ma non mi parla. Bisogna avere il coraggio di capire. Capire non è comprendere.
Resto nella mia stanza a sfogliare cartoline in bianco e nero per una memoria che scompare e il fumo del sigaro che mi travolge in una nebbia di vertigini. Sono giunto a quel punto in cui non mi basta nulla eppure ho bisogno di andare oltre la materia e tuffarmi nella profezia. La solitudine è un vizio e i vizi servono per non diventare virtuosi.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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