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45 anni dopo Bologna: il silenzio che urla ancora

Carlo Di Stanislao

La verità è figlia del tempo, non dell’autorità.” — Galileo Galilei

L’Italia repubblicana ha attraversato nel secondo dopoguerra una stagione inquietante, segnata da una serie di eventi tragici e misteriosi che ancora oggi affondano le loro radici in un groviglio di poteri occulti, depistaggi e strategie geopolitiche. I cosiddetti “misteri italiani” rappresentano una ferita profonda nella memoria collettiva: Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Ustica, Peteano, e soprattutto la strage di Bologna, avvenuta 45 anni fa. Questi eventi hanno lasciato dietro di sé una scia di sangue e domande irrisolte, diventando simboli di un’Italia che fatica a guardare in faccia la propria storia.

I principali misteri italiani: un mosaico di ombre

Piazza Fontana (1969) segna l’inizio della cosiddetta strategia della tensione. Una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano provocando 17 morti e decine di feriti. Inizialmente si accusano gli anarchici, ma la verità emergente indica un coinvolgimento di gruppi neofascisti, servizi segreti deviati e logge massoniche clandestine, che avrebbero voluto destabilizzare lo Stato per frenare l’avanzata della sinistra.

La strage di Brescia (1974), con otto morti durante una manifestazione antifascista, Italicus (1974), un attentato a bordo di un treno espresso che provoca 12 vittime, Peteano (1972), con tre carabinieri uccisi da una bomba, e Ustica (1980), la misteriosa esplosione di un aereo civile con 81 morti, costituiscono altri tasselli di questa rete di violenza e depistaggi. Dietro ognuno di questi episodi si celano collegamenti con apparati deviati dei servizi segreti, organizzazioni eversive nere e rosse, e un’inquietante regia internazionale.

La strage di Bologna del 2 agosto 1980 rappresenta il momento più drammatico e simbolico di questa lunga stagione. Una bomba esplode nella sala d’aspetto della stazione causando ottantacinque morti e oltre duecento feriti. Il disastro fu così vasto da scuotere profondamente la coscienza del Paese. Le indagini, inizialmente ostacolate da depistaggi e omissioni, portarono all’identificazione degli esecutori ma non svelarono completamente i mandanti e le complicità più alte.

La strategia della tensione, la P2 e i servizi segreti deviati

Negli anni ’70 e ’80 l’Italia fu terreno di una strategia che mirava a creare uno stato di tensione permanente, alimentando paura e incertezza per impedire cambiamenti politici. Da una parte il terrorismo rosso, dall’altra l’eversione nera, coperta e sostenuta in certi ambiti dai servizi segreti deviati, legati alla loggia massonica Propaganda Due (P2), guidata da Licio Gelli. La P2 non era una semplice associazione segreta, ma una vera e propria rete di potere parallela che includeva politici, magistrati, ufficiali militari, giornalisti e uomini dei servizi segreti come Pietro Musumeci, figura chiave nei depistaggi dopo Bologna.

In questo contesto si colloca anche il coinvolgimento indiretto e spesso taciuto della CIA, l’agenzia di intelligence statunitense. Per gli Stati Uniti, l’Italia rappresentava un avamposto cruciale nella Guerra Fredda e la lotta al comunismo giustificava ogni misura estrema. La presenza di operazioni come l’Operazione Gladio, che prevedeva reti clandestine per contrastare una possibile presa del potere da parte delle sinistre, fa pensare a una strategia di tolleranza o persino incentivo verso le azioni destabilizzanti di gruppi neofascisti. L’ombra della CIA, quindi, attraversa tutti i grandi misteri italiani, con implicazioni che coinvolgono servizi segreti, logge massoniche e gruppi terroristici.

Il film “Piazza delle cinque lune”: la cultura che divide

Nel 2003 Renzo Martinelli porta sul grande schermo il caso Bologna con il film “Piazza delle cinque lune”. Il film si concentra sul complesso intreccio di depistaggi e responsabilità nascoste dietro la strage, e pone l’accento sulle complicità tra servizi segreti e politica. Tuttavia, l’opera viene largamente snobbata dalla critica e dal pubblico mainstream, spesso bollata come eccessivamente “di destra” e quindi poco attendibile o addirittura strumentale. Questo rifiuto riflette quanto il tema delle stragi resti un terreno minato, in cui ogni interpretazione rischia di essere politicizzata e dove si preferisce spesso il silenzio al confronto.

Dialogo immaginario: un patto di ombre

In una stanza appartata, illuminata da una luce soffusa, si incontrano tre uomini: un esponente della P2, un ufficiale del SISDE e un agente della CIA. Parlano a bassa voce, consapevoli della delicatezza del loro patto e delle conseguenze delle loro parole.

P2: «L’importante è mantenere l’equilibrio. Un po’ di caos controllato serve a rafforzare l’ordine. Senza tensioni e senza paura, la gente si rilassa e non giustifica più il controllo stretto.»

SISDE: «Abbiamo piazzato piste false e depistaggi efficaci, ma la pressione della magistratura e dell’opinione pubblica cresce. Alcuni vogliono rompere il silenzio.»

CIA: «L’Italia è un pezzo fondamentale nello scacchiere globale. Non possiamo permettere che la sinistra prenda il potere. La stabilità è la priorità. Agite con fermezza, ma lasciate poche tracce dirette. Il lavoro sporco deve sembrare opera di altri.»

P2: «Come sempre, qualche bomba qua e là, un capro espiatorio, e il gioco è fatto. La gente dimentica, la paura regna sovrana.»

SISDE: «Ma quanto potremo mantenere questo fragile equilibrio? Le nuove generazioni vogliono la verità.»

CIA: «Lo sappiamo. Ecco perché agiamo con prudenza. Ogni passo deve essere misurato, ogni segreto custodito gelosamente. Il rischio è il caos, e nessuno qui lo vuole.»

P2: «Continuiamo così: un po’ di verità per distrarre, qualche colpevole designato, e il nostro controllo resta saldo.»

SISDE: «La memoria è potente. Prima o poi la rete di silenzi si spezzerà.»

CIA: «Quella luce è pericolosa. La storia non si scrive con la verità, ma con il potere che la domina.»

P2: «Il silenzio è il nostro miglior alleato. Finché confondiamo la verità col rumore, il nostro potere non sarà mai minacciato.»

SISDE: «Ma la democrazia si regge sulla verità, non sul silenzio.»

CIA: «Forse verrà il giorno della verità. Fino ad allora, restiamo nell’ombra.»

Si alzano, consapevoli di portare sulle spalle il peso di una storia che ha segnato l’Italia, consapevoli che il gioco è delicato e che il potere si è scritto nei silenzi più che nelle parole.

La strage di Bologna e gli altri misteri italiani non sono semplici pagine di un passato da archiviare. Sono ferite ancora aperte, moniti di quanto possa essere fragile una democrazia di fronte a poteri occulti e strategie segrete. Il coinvolgimento di strutture italiane e internazionali, di logge massoniche devianti, di servizi segreti e agenzie straniere, ha creato una rete di complicità e silenzi che ha minato la fiducia nella politica e nella giustizia.

Ricordare è più che commemorare: è resistere. È rifiutare che l’oblio cancelli la verità, che la paura zittisca le coscienze. A 45 anni di distanza, il dovere civico e morale è di continuare a scavare, a chiedere conto, a mantenere viva la memoria per costruire un futuro in cui tragedie simili non possano più ripetersi.

La verità è figlia del tempo, ma non deve diventare figlia dell’oblio.

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